Non è andata molto bene a Natural Gas Europe, che ieri ha organizzato ieri a Milano una confererenza dal titolo South Stream: evolution of a pipeline.
Come detto, tra gli ospiti nel programma, tanti nomi italiani che contano: da Paolo Scaroni (ad Eni) a Maurizio Lupi (Ministro delle infrastrutture), da Roberto Maroni (Presidente della Lombardia) a Gianni Pittella (vice-presidente del Parlamento Europeo). Peccato che non si sia presentato nessuno, lasciando i russi (di alto profilo, peraltro) a parlare da soli.
Un bel segnale sul fatto che appaia sempre più evidente il bluff del gasdotto da 60 miliardi di metri cubi e oltre 17 miliardi di dollari di investimenti (ufficiali, in realtà molti di più, contando l’adeguamento della rete russa), la cui costruzione è annunciata dal 2015 e il funzionamento dal 2017. Troppo gas e troppo caro per un mercato in difficoltà come quello europeo.
South Stream è nel complesso un investimento posticipabile (se non del tutto evitabile), il cui senso era principalmente strategico, ossia porre sul tavolo un’alternativa al Nabucco originale, quello che avrebbe dovuto portare decine di miliardi di metri cubi mediorientali in Europa e che si è spento lungo la strada negli ultimi anni.
Sempre più attori sembrano non voler più reggere il gioco, soprattutto dopo che la decisione di costruire il TAP ha tolto dal tavolo anche le ultime vestigia del nome Nabucco. Obiettivo raggiunto, dunque, per il tubo di carta del Cremlino.
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OT: Matteo (o Niccolò) hai qualche lume su quello che sta succedendo con Keystone? Grazie.
Keystone XL è un progetto di oleodotto da 500-800.000 barili che dal Canada (Alberta) dovrebbe portare il petrolio nel Mid West e poi sulle coste del Texas.
Il petrolio esportato sarebbe quello delle sabbie bituminose canadesi, le cui riserve sono parecchio consistenti (dipende dalle stime, ma siamo intorno al 10% mondiale).
Naturalmente i canadesi stanno studiando anche oleodotti verso la Cina, ma questo servirebbe a fornire il bacino atlantico (e in parte minore le raffinerie statunitensi, almeno adesso).
Il progetto ha attirato le ire di diversi gruppi ambientalisti (quelli dell’acqua, quelli dell’anidride carbonica, quelli della sana campagna incontaminata) e Obama tentenna per non farseli troppo nemici, visto che votano tutti D. Alcuni si oppongno poi perché il tratto di oleodotto Mid West-Texas allevierebbe il congestionamento infrastrutturale, favorendo l’esportazione e riportanto i prezzi finali nel Mid West (attualmente depressi) a livelli di mercato.
Curioso che nel dibattito americano uno degli elementi più discussi sia l’impatto occupazionale, che per un oleodotto è notoriamente prossimo allo zero.
A parer mio, visto che i fondamentali economici ci sono tutti, alla fine si farà.
Una simpatica ricostruzione a caldo dopo alcune dichiarazioni un po’ goffe di Obama:
http://blogs.platts.com/2013/07/30/kxl-jul31/
Per quanto riguarda il dibattito interno, questo riassunto è piuttosto fedele:
http://america.aljazeera.com/articles/2013/9/29/no-good-options-forobamaonkeystonexlpipeline.html
Se ci sono dubbi o domande, a disposizione. 🙂
Grazie Matteo, le tue analisi sono sempre di più una lettura imprescindibile!
🙂