Con l’aumentare della complessità e dell’incertezza che caratterizzano il mondo (dell’energia e non), cresce la necessità di trovare un apparente conforto nelle previsioni e negli scenari dei ricercatori.
A gennaio BP ha aggiornato il proprio outlook al 2030, a marzo Shell ha pubblicato i New Lens Scenarios, a luglio la EIA ha pubblicato l’edizione 2013 del proprio International energy outlook e a novembre la IEA pubblicherà l’edizione 2013 del proprio World Energy Outlook.
Strumenti interessanti e ben confenzionati, ma intrinsecamente sbagliati. Come ha ben messo in luce Nick Butler, previsioni a trent’anni non fanno altro che proiettare il consenso degli addetti ai lavori oggi. Utili per capire le aspettative di oggi, ma incapaci (epistemologicamente, passatemi il termine) di cogliere l’ignoto che è destinato a verificarsi, nel settore energetico come in ogni altro settore.
Basta pensare ai cambiamenti tecnologici, economici, politici degli ultimi venti anni per giungere alla conclusione che molto spesso sia l’imprevedibile a essere maggiormente significativo. A cominciare dalla tecnologia, in continua e imponderabile evoluzione.
Come ricorda Butler, a metà anni ottanta di climate change non si parlava (bei tempi!), l’Asia centrale e il Causaso erano sovietici, la Cina era un Paese agricolo sottosviluppato con consumi petroliferi pari a quelli italiani, il fracking e la perforazione orizzontale erano tecniche esotiche.
Morale della favola? Una volta letti i vari scenari, la cosa più utile da fare potrebbe essere provare a pensare “cosa potrebbe andare storto”.
Come disse una volta Keynes: “Il futuro è dominato dall’incertezza, ossia dalla radicale impossibilità di attribuire una distribuzione di probabilità ai vari eventi. E’ incerto se scoppierà una guerra in Europa fra vent’anni, oppure qauli saranno le quotazioni del rame da qui a trent’anni. Di fronte a ciò l’uomo può fare ben poco. E spesso egli s’affida alle previsioni degli altri, convinto, erroneamente, che questi ne sappiano più di lui”.
Vedi, perfino Keynes a volte aveva ragione…
Ho sempre pensato che questi esercizi servissero di più a capire il presente che non realmente a prevedere il futuro.
Del resto chiunque abbia cercato di produrre modelli per predire il futuro in genere ha fallito – un esempio su tutti: Marx.
Popper mise il proverbiale ‘nail on the coffin’ con il suo saggio Miseria Dello Storicismo.
verissimo, servono di più a capire il presente che il futuro..
nel caso dell’energia questo però ha un’interessante conseguenza sul futuro: visto che le decisioni di investimento devono essere prese con un decennio di anticipo, le previsioni di oggi si materializzano (almeno in parte) nelle infrastrutture di domani, indipendentemente dal margine di errore con cui si verificano.