Il recente decreto del Fare ha dato nuovo impulso alle gare per l’assegnazione delle concessioni per la distribuzione locale del gas, gare già previste da una legge del 2007, ma sostanzialmente non ancora effettuate.
L’idea è di promuovere la concorrenza per il mercato al fine di assegnare la concessione a coloro che offrono le condizioni migliori, generando effetti positivi per i consumatori finali.
La norma avrebbe anche l’obiettivo di favorire il consolidamento del settore, attualmente diviso fra circa 220 operatori, col risultato di sfruttare meglio le economie di scala, ridurre i costi e beneficiare ulteriormente chi il gas poi lo consuma.
Peccato che, come emerso ieri in un convegno in Bocconi, le regole attualmente previste potrebbero portare alla presenza di solo 1 o 2 concorrenti per la maggior parte delle gare (ogni gara assegna la concessione per un Ambito Territoriale Minimo). In particolare, i due operatori principali, Italgas e 2i Reti Italia, potrebbero fagocitare quasi tutto e ottenere la concessione di circa l’80% del mercato nazionale. Sarebbe questa vera concorrenza? I consumatori sarebbero veramente avvantaggiati o verrebbero premiati gli azionisti dei due operatori dominanti (azionariato che in misura non trascurabile è statale)?
Forse, siamo di nuovo di fronte a un caso in cui emerge la difficoltà di gestire in concreto la concorrenza per il mercato, un concetto caro ad alcuni economisti americani degli anni ’70 e ’80 per i quali non è necessario che la concorrenza sia effettiva per dispiegare i suoi benefici, ma basta che sia potenziale.Forse, ancora una volta si vede come le regole non possono essere neutrali e “pareto-ottimali”, ma riflettano spesso gli interessi di qualcuno. Non che sia il male assoluto: basterebbe però avere l’onestà di ammetterlo.