Segnalo un contributo di Fabio Indeo pubblicato sul sito di Limes col titolo di Shale gas, la rivoluzione che non piace alla Russia. La chiave di lettura è ben chiara fin dal titolo e il pezzo ricostruisce la posizione russa rispetto alla produzione di gas non convenzionale a livello mondiale.
Articolo interessante, anche se non condivido i toni enfatici sull’impatto del non convenzionale in Europa (i problemi elencati ci sono tutti e sono praticamente insormontabili, Regno Unito a parte), né il fatto che la Russia sia così “vittima” degli eventi, né una visione particolarmente rosea del non convenzionale cinese nel medio periodo.
questo articolo, purtroppo, ha gravi problemi di dati forniti e di analisi delle strategie (di conseguenza). Innanzitutto, errata corrige: Bovanenkovo produce (oggi) 30 mmc e (forse) tra 5 anni arriverà ai livelli di 100-115 mmc di cui si parla nell’articolo. Poi, dal punto di vista dello sfruttamento dei giacimenti in termini realisti, non si può parlare di Shtokman o di Artico senza che prima non ci sia la “posa della prima trivella” (men che meno si possono fare congetture su quali saranno i mercati, senza che i gasdotti siano pronti). Inoltre, la Russia non può permettersi delle “mire” nel mercato cinese, visto che per adesso c’è solo l’accordo sulla pipeline, ma non sul prezzo del gas (e la Cina qui ha un potere negoziale immenso). Sulla questione delle pipelines, gli Stream, verso l’Europa, essi non mirano (per niente) a raddoppiare le forniture, ma anzi, a mantenerle costanti in vista dell’uscita dalla dipendenza sul transito attraverso l’Ucraina (cosa molto probabile se e quando South Stream sarà completato). Infine, l’autore non prende in considerazione l’aumento della domanda interna di gas e la competizione interna tra GP, Rosneft’ e Novatek, che sarà un fattore importante nella futura configurazione dell’upstream russo. Per non parlare dei problemi legali che Gazprom avrà in Europa a brevissimo (sul tema, ho scritto proprio l’altro ieri: http://www.lindro.it/…/104869-la-sfida-europea-a-gazprom ). L’impatto della rivoluzione dello shale gas è sui prezzi, non necessariamente sulle quantità, che molto spesso sono già previste dai contratti.
Insomma, il “sogno di Putin” sarà quello della mappa di Limes, ma in realtà quando Putin è sveglio, pensa a ben altro.
Salve sono l’autore dell’articolo apparso su Limes.
Come Le ho già scritto in forma privata, questo articolo (7 mila battute) è un estratto rivisto di un working paper che mi è stato commissionato da un centro di ricerca sudcoreano (EGS Korea) e questo è il link della pubblicazione http://www.egskorea.org/sub/sub2_2.asp
Ne consegue l’evidente difficoltà nel concentrare in 3 pagine scarse una ricerca ben più ampia, situazione che può aver creato “gravi problemi di dati forniti, analisi e strategie”.
1. Riguardo Bovanenko: nel testo di Limesonline non ho esplicitato riferimenti temporali relativi alla produzione attuale, elemento che potrebbe indurre in errore, ma in realtà esso è dovuto alla necessità di comprimere le battute entro il limite assegnato. Nel testo originario infatti correttamente scrivo “the forecasted production of gas will be 115 billions cubic meters per year with an increase of 140 bcm as the long-term perspective” (Indeo p.9).
2. Riguardo allo sfruttamento e alla produzione di Shtokman e dell’Artico, piuttosto che congetture preferirei chiamarle con il loro termine, ovvero previsioni/analisi focalizzate su un evoluzione futura, che tengono presenti elementi, variabili, discriminanti differenti e che per correttezza deontologica cerco sempre di spiegare e motivare, basandomi su un adeguato ed esaustivo supporto bibliografico. Infatti, nel testo originario, le previsioni si basano su documenti ufficiali (es. Ministry of Energy of the Russian Federation, “Energy Strategy of Russia, for the period up to 2030”, Moscow 2010, available at: http://www.energystrategy.ru/projects/docs/ES-2030_%28Eng%29.pdf ) e su analisi di altri autori (es. S. Paltsev, “Russia’s Natural Gas Export Potential up to 2050”, Working Paper MIT Center for Energy and Environmental Policy Research, CEEPR WP 2011-012, July 2011, available at: http://web.mit.edu/ceepr/www/publications/workingpapers/2011-012.pdf) Gran parte degli istituti e centri di ricerca internazionali (come EGS Korea) non si accontentano soltanto di un analisi “dello stato attuale” ma esplicitamente richiedono di formulare previsioni, analisi di scenari futuri, fondate e basate su dati dimostrabili ed argomentabili.
3. riguardo alle mire russe sui mercati cinesi, la questione è sicuramente opinabile. Tuttavia, come per la cooperazione sino-russa in ambito petrolifero, una stretta cooperazione sino-russa in ambito gasifero non è da escludere per alcune motivazioni geopolitiiche e strategiche che cerco brevemente di riassumere: a) gli investimenti cinesi nei giacimenti russi del Far East possono aiutare Mosca ad incrementare in generale la produzione di gas: b) la Sua osservazione sui prezzi al momento è fondata, ma occorre tener conto di altri fattori che in futuro potrebbero modificare il quadro, come l’eccessiva dipendenza dal gas turkmeno (50% delle importazioni nel 2012, fonte BP 2013), che potrebbe spingere Pechino a diversificare ulteriormente i fornitori: le richieste di maggiori transit fees da parte di Uzbekistan e Kazakistan (paesi di transito e anche supplier del gasdotto sino-turkmeno) e la minaccia di interrompere le forniture, riproponendo una situazione per certi versi simile a quella tra Russia ed Ucraina, mentre un gasdotto sino-russo o basato su LNG depotenzierebbe la vulnerabilità insita nel transito in un paese terzo; inoltre, il petrolio e il gas russo avrebbero un vantaggio geopolitico notevole, non dovendo attraversare i chokepoints di Hormuz e Malacca come una larga quota delle importazioni energetiche cinesi (70% delle importazioni petrolifere e 34% di gas, fonte EIA 2012). Questo, come saprà, implica garanzia di flussi regolari (pilastro della condizione di sicurezza energetica) anche se potenzialmente con prezzi elevati: tuttavia, la prospettata crescita della domanda cinese di gas (da 143 bcm del 2012 ai 593 del 2035, fonte BP 2013 ed IEA 2012 Golden Rules for a Golden Age of Gas) implica per Pechino la necessità di assicurarsi volumi crescenti di gas, o da produzione interna (gas non convenzionale) o da importazioni, e la Russia – disponendo delle maggiori riserve al mondo ed essendo confinante territorialmente – non può non essere un potenziale partner ed interlocutore.
4. Sulla questione delle pipelines, Lei sostiene che i gasdotti Nord Stream e South Stream non mirano (per niente) a raddoppiare le forniture. Nella mia ricerca io sostengo una tesi diversa, che concorda con quella del dottor A. Gromov, Deputy General Director dell’Institute for Energy Strategy di Mosca (Key points of Russian energy strategy up to 2030-between Europe and Asia, Brainstorming workshop, Milan, 30 September-1 October 2010, slide No.11) che prevede una crescita delle esportazioni russe verso la UE dai 160 bcm del 2008, 120 bcm del 2009 sino a 200 bcm nel 2030. Considerando che nel 2012 la Russia ha esportato verso l’Europa 105 bcm (130 bcm comprendendo la Turchia), i volumi aggiuntivi di South Stream (potenzialmente 63 bcm all’anno) e un Nord Stream in piena capacità (55 bcm all’anno) portano teoricamente le esportazioni totali oltre i 200 bcm. Probabilmente, il Suo riferimento al “mantenere costanti” le forniture potrebbe riferirsi ai dati del 2008 (160 bcm) ma con i dati attuali credo sia più corretto e realistico parlare di raddoppiare le esportazioni.
5. Sulla questione della domanda interna di gas, faccio nuovamente presente che disponevo di 7mila battute, ho preferito perciò chiarire meglio alcuni aspetti sacrificandone altri
6. Sulla questione della rivalità tra le compagnie energetiche russe, idem come sopra: tuttavia, nel testo originario commissionatomi dall’istituto sudcoreano faccio ovviamente riferimento alla competizione Gazprom-Novatek (Indeo, p.12)
Spero di aver fornito in maniera esauriente solidi dati alla mia analisi.
Io intanto la ringrazio di aver postato anche qui le sue considerazioni.
Caro dott. Indeo,
apprezzo la sua risposta molto dettagliata e capisco che lei ha sacrificato diverse cose alla necessità di starci in poco spazio.
Pur non essendo il massimo esperto della faccenda vorrei però fare due commenti.
1) Riguardo al punto 3 della sua risposta, credo che Pechino debba temere poco le potenziali minaccie alla sua sicurezza che il Turkmenistan o l’Uzbekistan possono mettere in pratica. Certo, questi paeselli di pochi milioni di abitanti possono un pò giocare al rialzo facendo competere Mosca e Pechino, ma non credo rappresentino una giustificazione forte alle critiche che le vengono mosse (cosa magari diversa sono gli attentati terroristici di eventuali ribelli di matrice islamica che popolano l’area).
2) La sua argomentazione al punto 4 mi sembra un pò capziosa. E’ vero che rispetto all’anno horribilis 2009 o al 2012 le esportazioni russe di gas verso l’Europa dovrebbero rimbalzare nei prossimi anni, ma sono molto scettico che raggiungano livelli superiori a quelli del 2008 prima del 2020. Personalmente ho proprio l’impressione che ci sia stata una fase congiunturale talmente negativa per il gas, da aver cambiato la struttura energetica del continente con conseguente diminuzione permanente della domanda di gas per un bel pò di anni a venire. In questo senso, sì, credo che il South Stream se realizzato sarebbe solo un modo per bypassare l’Ucraina.
Mi associo.
Sul secondo punto, aggiungerei anche che i Nord Stream al momento non ha nessun prospettiva di salire a 55 Gmc/a perché vietato dalla normativa vigente, che dubito sarà cambiata per favorire Gazprom. In questo senso, gli eventuali nuovi volumi di South Stream sarebbero funzionali a una sostituzione del transito ucraino piuttosto che a un aumento delle forniture.