La repentina e ampia diffusione delle rinnovabili negli ultimi anni presenta un aspetto inquietante. Non mi riferisco in questo caso alle cifre dei sussidi, ma alla penetrazione delle organizzazioni criminali nella costruzione degli impianti di generazione da fonti rinnovabili.
Numerose le indagini in corso, concentrate soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, dove gran parte degli impianti è sorta grazie alle condizioni climatiche molto favorevoli.
A rendere particolarmente forte il rischio di penetrazione criminale è stata paradossalmente l’azione pubblica, che da un lato ha concentrato enormi trasfrerimenti di fondi (nell’ordine di miliardi di euro all’anno) in pochi anni e dall’altro ha aumentato il peso delle amministrazioni locali nei processi autorizzativi .
Le amministrazioni locali, piccole e direttamente esposte all’infiltrazione, sono molto meno efficaci di una struttura centralizzata nel garantire procedure imparziali e impermeabili a interessi criminali. La gravità della situazione – soprattutto nell’eolico – appare evidente considerando le continue inchieste che stanno emergendo in questi mesi.
Per chi volesse approfondire, segnalo l’Analisi dei rischi di illegalità e penetrazione della criminalità organizzata nel settore dell’energia eolica in Italia dell’Osservatorio socio-economico sulla criminalità del CNEL (qui la sintesi). L’indagine è dell’anno scorso e nel frattempo alcune procedure sono cambiate, ma il problema di fondo conserva la sua attualità.