Gnosis, la rivista dell’AISI, ha rinnovato a partire dall’anno scorso la veste grafica e i contenuti. Offrendo interessanti analisi e riflessioni sul tema della sicurezza, declinata nei suoi diversi ambiti. Incluso quello dell’energia.
Purtroppo, un articolo comparso nel 4° e ultimo numero del 2013 affronta la questione dei gasdotti in modo impreciso. Il titolo del contributo è «Geopolitica dell’ambiente e dell’energia» e a beneficio di quanti si troveranno a leggere il contributo, segnalo le inesattezze:
- Abkhazia e Ossezia del Sud sono regioni georgiane e non russe e sono attualmente controllate dagli indipendentisti appoggiati da Mosca, e non il contrario [pag. 70];
- il gasdotto Nabucco è stato abbandonato a giugno del 2013, tanto che non esiste più nemmeno il sito internet, e di certo non sarà costruito entro il 2015 [71] o il 2016 [72];
- il gasdotto Medgaz non è un progetto futuro, ma è operativo dal 2011 [72];
- il gasdotto Galsi è stato già di fatto abbandonato, tanto che l’Ue è pronta a ritirare i fondi, e manca solo l’annuncio ufficiale [72];
- il consorzio North Transgas è stato rinominato Nord Stream nel 2006 e il gasdotto Nord Stream non è un progetto futuro, ma è operativo dal 2011 [73];
Ci sono poi alcuni passaggi su cui non mi trovo d’accordo:
- il gasdotto da seimila km dall’Iran alla Siria attraverso l’Iraq non è un progetto realmente in discussione, perché economicamente insostenibile, e anche solo ipotizzare un nesso col conflitto in Siria è davvero difficile [74];
- sostenere che Qatar, Emirati Arabi e Oman offrano «garanzie di stabilità» è secondo me un po’ azzardato, dato il contesto regionale in cui sono inseriti i tre Paesi [75];
- l’Egitto difficilmente diventerà un grande esportatore di gas perché la domanda interna è destinata a crescere con l’economia e la demografia del Paese, mentre le riserve sono cospicue (2.190 Gmc nel 2012) ma non enormi (1% del totale mondiale) [75].
Lo so, è un post noioso e per pignoli. Come il lavoro di ricercatore, d’altronde.
Beh..direi che il post è ineccepibile. E osservare che un ente pubblico pubblica articoli con errori di questo genere mi rattrista profondamente..
In effetti, credo sarebbe stato sufficiente un normale processo di peer review.