La crescita del non-convenzionale statunitense e il prezzo interno ampiamente inferiore alla media mondiale hanno spinto inevitabilmente i produttori nordamericani a guardare con crescente interesse all’ipotesi di esportare GNL.
Il grosso della capacità produttiva è concentrato nella parte orientale del Paese, mentre i mercati coi prezzi più alti sono quelli dell’Asia Orientale. Per raggiungere quei mercati mantenendo margini interessanti, l’unica soluzione è quella di far transitare le metaniere attraverso il Canale di Panama.
Per accogliere il traffico delle metaniere Panama ha tuttavia bisogno di una espansione, il terzo canale, attualmente in fase di realizzazione. La costruzione dovrebbe concludersi nel 2015, ma nei giorni scorsi ha fatto parecchio clamore il contenzioso tra le ditte appaltatrici e il governo panamense.
Il consorzio incaricato della costruzione, guidato dalla spagnola Sacyr e dall’italiana Salini Impregilo, ha chiesto ulteriori 1,6 miliardi di dollari all’Autorità per il Canale, che nel 2009 aveva commissionato l’opera per 3,2 miliardi.
Il governo panamense sta ricorrendo alle pressioni diplomatiche su Roma e Madrid per spingere a un compromesso. Vista la centralità del Canale per l’economia panamense, ci sono pochi dubbi sul fatto che un accordo sarà raggiunto a breve, ma resta l’incognita della ripartizione dei costi.
La vicenda non dovrebbe dunque avere ripercussioni sulla tempistica di sviluppo delle attività di esportazione del GNL statunitense, ma mette ancora una volta in luce l’importanza dei punti di transito e dei colli di bottiglia nello sviluppo dei traffici energetici via mare.
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