Secondo quanto riportato da Reuters e Ansa, l’Autorità per il Canale di Panama ha sospeso le trattative con il consorzio incaricato dell’espansione del canale e guidato dalla spagnola Sacyr e dall’italiana Salini Impregilo, riunite nel consorzio GUPC.
Il consorzio ha già completato il 70% dei lavori e per ultimare l’opera ha richiesto un’integrazione di 1,6 miliardi di dollari rispetto al preventivo iniziale. L’Autorità si è tuttavia opposta e le trattative degli ultimi mesi non sono riuscite a portare a un accordo, nonostante l’impegno diretto dei vertici politici panamensi ed europei.
I lavori sarebbero dovuti terminare a metà 2015, ma a questo punto c’è il rischio concreto di uno slittamento significativo. Anche perché un contenzioso legale diventerebbe inevitabile, mentre il non meglio precisato “piano B” dell’Autorità per completare l’opera dovrebbe misurarsi con l’0struzionismo delle imprese estromesse.
È ancora possibile che si tratti di una mossa negoziale per ridurre gli esborsi, ma se davvero si arrivasse a un ritardo significativo nei lavori, le perdite per Panama sarebbero notevoli. Secondo le stime di GUPC riportate da Ansa, le perdite per l’Autorità sarebbero di due miliardi di dollari all’anno per ogni anno di ritardo nell’espansione.
Il ritardo nella realizzazione del Canale potrebbe avere inoltre conseguenze significative per lo sviluppo delle attività di esportazione di GNL statunitense, che per raggiungere i mercati asiatici dovrebbe transitare proprio dal Canale a bordo di metaniere di grandi dimensioni.
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