Nella disputa statistica su chi detenga le più grandi riserve di gas naturale al mondo, un solo Paese è in grado di competere alla pari con la Russia: si tratta dell’Iran, che vanta risorse per 33.600 Gmc. Per avere un’idea, si tratta dell’equivalente di quasi 500 anni di consumi italiani.
Eppure il Paese è da anni un importatore netto di gas naturale: le sanzioni e un mercato del gas interno particolarmente poco sviluppato costringono infatti l’Iran a importare dal vicino Turkmenistan parte del proprio fabbisogno.
Se i recenti passi avanti nelle negoziazioni tra l’Occidente e l’Iran sul programma nucleare iraniano portassero a una soluzione della questione, il quadro potrebbe tuttavia cambiare e il gas naturale iraniano potrebbe finalmente arrivare sui mercato globali.
Sul tema segnalo un interessante paper di Simone Tagliapietra dal titolo Iran after the (Potential) Nuclear Deal: What’s Next for the Country’s Natural Gas Market?
L’autore ricostruisce in dettaglio la situazione iraniana e analizza i possibili sviluppi per il futuro, guardando a una progressiva apertura ai mercati internazionali. Se nel breve periodo le conseguenze potrebbero essere limitate a causa dei tanti nodi da risolvere nella struttura interna del settore gas iraniano, nel medio e lungo periodo l’impatto potrebbe essere profondo e duraturo.
Dire che l’Iran sia un importatore netto è un po’ un’esagerazione. L’ultima volta che ho controllato era suppergiù in perfetta autosufficienza, visto che importa dal Turkmenistan, esporta verso la Turchia e “scambia” con l’Azerbaigian nel corso dell’anno e a seconda delle necessità. Tutte cifre comunque assolutamente esigue rispetto ai consumi interni.
A parte il piccolo catastrofismo (immagino dell’autore, non tuo), quaggiù ci si continua a chiedere che senso abbia concludere accordi di export, verso il Pakistan (anche se on hold) e verso l’Oman, quando si fatica persino a soddisfare la domanda interna. Oh, sarà questione di prestigio, ma di certo non un modo per attrarre investitori, che sono già ben consapevoli che la domanda regionale non manchi.
C’è anche da dire che negli usi finali c’è un’efficienza parecchio bassa, con ampi margini di miglioramento, mentre l’export vuol dire flusso di cassa in valuta estera e capacità di spesa pubblica… che al consumatore magari non interessa più di tanto, ma al governo parecchio. 🙂
ps: catastrofismo in che senso?