In questi giorni sono apparsi alcuni articoli (il Manifesto, il Tempo) in cui si sottolinea che tra le cause dell’attuale intervento militare israeliano nella Striscia di Gaza ci sarebbe anche la volonta di Tel Aviv di impedire che Hamas sfrutti i giacimenti di gas che si trovano di fronte alla sua costa.
L’idea, si sostiene, è che Israele se ne vorrebbe impadronire perchè bisognosa di energia e perchè vorrebbe evitare che Hamas entri in possesso di questa fonte di reddito, con cui potrebbe acquistare armi.
Potrebbe anche darsi. In effetti ci sono giacimenti come quello di Mary-B che si trovano molto vicino al confine con le acque rivendicate dai palestinesi e che sono attualmente in via di sfruttamento da parte israeliana. E potrebbe anche essere che con i proventi del gas Hamas potrebbe comprare dei missili o altro.
Ma ancora una volta è soprendente la pressapochezza di certi giornalisti. In primo luogo, le riserve stimate di Marine 1 e 2, i due giacimenti di fronte a Gaza, sono briciole a confronto di Leviathan e Tamar: 30 Gmc, contro 700 Gmc. Secondo, Leviathan e Tamar sono ben distanti, circa un centinaio di chilometri. Quindi non c’entrano nulla con i giacimenti antistanti Gaza.
In sostanza, gli israeliani hanno già scoperto abbastanza gas per coprire i loro consumi per molti decenni a venire e stanno negoziando con Cipro e i turchi per sfruttare economicamente le riserve del bacino del Levante. La crisi di Gaza mi sembra invece che c’entri poco o niente con il gas, quanto semmai con il timore israeliano di un riavvicinamento tra Hamas e Al-Fatah.
Per quel che mi riguarda, sei stato anche troppo cauto: la questione del gas non c’entra proprio nulla con il conflitto.
Le risorse di Gaza (qui) sono talmente piccole che non varrebbe la pena neanche di costruire un terminal di esportazione. Al massimo un tubo verso l’Egitto, ma piccolo piccolo.
Al solito, l’energia rappresenta una ghiotta occasione per ridurre la complessità del reale a un nesso causale tanto facile da descrivere quanto infondato.
Un’ultima nota: l’articolo de il Tempo si apre con un pesante errore di unità di misura. Secondo l’articolo, tutte le riserve offshore nel Bacino del Levante ammonterebbero a “3,5 miliardi di metri cubi”: tre mesi scarsi di consumi della Lombardia o un anno di consumi del Lazio (scegliete voi). Ogni ulteriore commento sarebbe superfluo, oltre che stucchevole.