Gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni contro la Russia, accusata di destabilizzare l’Ucraina orientale e di occupare la Crimea.
Le sazioni colpiranno innanzitutto due banche, Gazprombank e VEB, la banca statale russa che opera anche i pagamenti per conto del governo di Mosca. Saranno poi colpite Rosneft, il colosso petrolifera statale, e Novatek, il principale operatore del gas privato.
Le sazioni prevedono il divieto di erogare prestiti con durata superiore ai 90 giorni, per impedire l’accesso al credito di lungo periodo. Nel caso delle banche, prevede anche un divieto di acquisto di eventuali nuove azioni.
Oltre alle quattro società, nel provvedimento sono inclusi anche otto aziende russe produttrici di armi, le due repubbliche autoproclamate dell’Ucraina orientale e Aleksandr Borodai, primo ministro della repubblica popolare di Donetsk.
L’annuncio segna un passo avanti importante nell’escalation della pressione statunitense e un segnale preciso di fermezza (da parte di un’Amministrazione peraltro generalmente indecisa e ondivaga), ma le misure non sembrano tali da portare a una rottura tra le parti.
In particolare, la scelta di non colpire direttamente Gazprom, la società più esposta nella crisi russo-ucraina, evita di far precipitare irrimediabilmente la situazione. Situazione che peraltro prima delle sanzioni appariva avviata a una possibile stabilizzazione, dopo l’offensiva delle forze governative dei giorni scorsi.
La posizione dei governi europei più favorevoli al dialogo e alla cooperazione appare così indebolita, proprio alla vigilia di un importante giro di nomine UE.
Aggiornamento: i governi europei non si sono accordati sulle sanzioni, anche se è arrivato l’annuncio della creazione entro luglio di una lista di soggetti russi da sanzionare. Intanto, è stata annunciata la decisione di congelare temporaneamente i programmi condotti in Russia dalla BERD (24 miliardi di dollari) e della BEI (500 milioni di dollari).