Segnalo un bel pezzo dell’Economist dal titolo Cheaper oil. Winners and losers. L’articolo affronta con chiarezza l’impatto della discesa delle quotazioni del greggio, sia sui consumatori, sia sui produttori.
Particolarmente interessante l’infografica, di cui riporto la parte più significativa: il prezzo del petrolio a cui i bilanci pubblici di alcuni grandi esportatori raggiungono il pareggio.
Iran, Bahrain, Ecuador, Venezuela, Algeria, Nigeria e Iraq sembrano essere particolarmente esposti. La Russia, invece, lo è meno, per diverse ragioni: un livello di pareggio più basso, riserve valutarie più ampie, margine di svalutazione del rublo (che compensa il minor valore delle esportazioni di greggio), spesa pubblica più facilmente modulabile (tagliando la spesa militare).
Tuttavia il grafico mostra solo il livello di prezzo, ma non considera due variabili chiave: le quantità esportate e il tempo. Quest’ultimo fattore è in realtà quello determinante: se si supera l’anno e mezzo, anche la Russia rischia di non reggere economicamente.
Ma in un anno e mezzo di cose ne succedono tante. Chiedere a Yanukovich, per esempio.