In un articolo su NaturalGasEurope, Sergio Matalucci ha raccolto cinque opinioni sull’azione della Commissione contro Gazprom. Qui sotto ripropongo la mia.
Will the move of European Commissioner for Competition Margrethe Vestager escalate tensions between Europe and Russia, and between Russia and Ukraine?
I don’t think that the Statement of Objections could be a game changer. Between Gazprom and its European customers there is a long term relationship, based on structural factors: huge Russian reserves of natural gas, existing infrastructure system, unavoidable European dependence on imports. Indeed, a large base for a common interest.
In any case, Gazprom’s business practices have already been changing for more than a decade. Destination clauses have been scrapped from contracts with Eni in 2003, for instance. And since the beginning of the economic crisis, intense renegotiations involved Gazprom and all its majors customers in Europe, leading to the introduction of a partial indexation to spot prices, in several cases. The EC’s action will accelerate an already existing pattern of inevitable evolution in the business model of Gazprom, at least in Europe.
The case is politically sensitive, of course. And in the short term it may significantly raise tensions between Bruxelles and Moscow, but long-term common interests are larger than short-term incidents. I think that a palatable solution for all the parties involved will emerge, eventually. As regards Ukrainian situation, at the moment I don’t see a significant risk of a spillover effect, since there is no connection between the two issues. By the way, Eastern European countries are already re-exporting Russian gas in Ukraine. However, if the situation worsens significantly, every issue may become more politicised. But this is another story.
Le risposte di Gilles Darmois, Irina Mironova, Stephen Blank e Sohbet Karbuz le trovate qui.
La scorsa settimana ero and un meeting dove c’è stata una presentazione di Sarah Lain del RUSI che ha evidenziato come la Russia stia continuamente finanziando partiti politici in Europa che, se al potere, metterebbero a repentaglio la sicurezza energetica europea. Stando alla ricercatrice il modo migliore per far fronte alle intemperanze russe è un approccio coordinato di stoccaggio in grandi quantità di gas. Questo comporterebbe che, se la Russia decidesse di chiudere i rubinetti, si potrebbe tirare avanti in Europa per un po’ fino al punto in cui i fornitori sarebbero costretti a far ripartire le forniture pena la catastrofe economica anche per loro. A me ha ricordato tanto la logica del Mutually Assured Destruction dei tempi della guerra fredda. Tu cosa ne pensi Matteo?
Credo che sarebbe una scelta inutilmente costosa. Dal punto di vista tecnico, la capacità di stoccaggio europea è già abbondante e sottoutilizzata, soprattutto a causa del fatto che i consumi di gas europeo sono crollati in modo impressionante (-20% in quattro anni) e non sembrano destinati a recuperare a breve i livelli di importazioni pre-crisi. Dunque, al massimo ci sarebbe da interconnettere meglio alcuni Paesi periferici, ma questo si sta già facendo.
Il problema più grosso credo tuttavia sia nella logica: né Gazprom né il governo russo hanno mai nemmeno alluso alla possibilità di poter chiudere i rubinetti. E non lo farebbero in ogni caso, perché il loro mercato finale europeo (parliamo di diverse decine di miliardi di dollari all’anno solo per il gas) è basato sull’assunto che le forniture sono affidabili. Ogni interruzione da parte russa catalizzerebbe investimenti di portata epocale in diversificazione, distruggendo strutturalmente il mercato europeo per il gas russo.
La logica ricorda molto più una partita a scacchi piuttosto che la MAD. In generale, basta vedere le statistiche sui flussi commerciali russi e sul peso dell’export energetico in UE rispetto al totale dell’export, al PIL e al gettito fiscale russo per capire che la distruzione sarebbe molto più sul lato russo che su quello europeo.
Detto questo, accodo due ulteriori riflessioni. Le interruzioni dei flussi di gas russo nel 2006 e nel 2009 furono dovute a Naftogaz e non a Gazprom (non ho ancora trovato nessun in grado di dimostrare il contrario). E anche oggi l’unica fonte di rischio per i flussi di gas è sul transito in Ucraina: ma tanto ormai abbiamo le maxi-cambiali in bianco per il governo di Kiev, dunque il tutto si risolve in un bargain sulla ristrutturazione del debito ucraino.
Seconda osservazione, sociologica. Purtroppo l’analisi si sta spostando sempre di più su posizioni estremiste, tacciando le analisi contrarie di faziosità o peggio, al pari di quanto si fa con le formazioni politiche. Credo che qualche collega dovrebbe scoprire l’esito delle proprie analisi dopo averle fatte, non prima.
Grazie per la tua analisi cosí pragmatica. Mi sembra di leggere tra le righe che non è la prima volta che ti trovi in disaccordo con SL, o è solo una mia impressione?
Sarebbe interessante discutere anche le affermazioni fatte da SL sui mutevoli interessi russi nella ristrutturazione del debito di Kiev, ma mdrebbe troppo per le lunghe.
E’ sempre un piacere.
No, SL nello specifico mi era totalmente ignota prima del tuo commento, ma a volte ho la sensazione di avere a che fare con una legione di replicanti.
La questione della ristrutturazione del debito ucraino (com’era quella della rosa, del profumo, e del default?) diventerà molto divertente nei prossimi mesi. Mesi nei quali si scoprirà che Varoufakis è (era?) in realtà un ottimo interlocutore.
Vero, la faccenda del default Ukraino la sosteneva anche Wolfgang Münchau sul FT qualche giorno fa.
http://www.ft.com/cms/s/0/083995ca-e9bb-11e4-a687-00144feab7de.html