Segnalo una mia intervista uscita oggi su Il Nodo di Gordio, di cui propongo di seguito l’incipit.
Il prezzo del petrolio ha sforato oggi a ribasso i 40 dollari al barile. Ritiene si tratti di un prezzo soglia o, per le informazioni a Sua disposizione, è ipotizzabile un ulteriore calo?
Un ulteriore calo è senza dubbio possibile. All’orizzonte ci sono grosse preoccupazioni circa il tasso di crescita della domanda petrolifera dei Paesi emergenti. E con l’offerta che continua a crescere, meno domanda del previsto vorrebbe dire prezzi ancora in discesa. Gli operatori, finanziari e non, si stanno muovendo nelle ultime settimane sulla base di aspettative di questo genere.
L’Arabia Saudita si è già ritrovata con problemi di liquidità. Quanto può andare avanti con prezzi del petrolio così bassi senza ripercussioni sulla propria economia?
L’Arabia Saudita sta ricorrendo al mercato debito, è vero. Ma controlla enormi riserve di liquidità, oltre che di greggio. Per quanto l’impatto negativo sull’economia sia inevitabile, per il Paese non ci sono al momento rischi specifici di instabilità politica dovuta al taglio delle spesa pubblica. Le finanze saudite sono in grado di andare avanti ancora per parecchi trimestri senza grossi elementi di rischio, anche considerando che le contromisure in termini di ristrutturazione della spesa pubblica sono già in atto.
Il resto dell’intervista è accessibile qui.
Bell’intervista, Matteo.
Alcune aggiunte.
Le forti fluttuazioni del prezzo del petrolio di queste settimane penso abbiano in parte rilevanza meramente finanziaria. Ossia, così come ci sono state forti e in parte immotivate vendite di azioni, ci potrebbero essere state reazioni eccessive delle borse sul prezzo del petrolio. C’è l’impressione che il quadro sia cambiato, ma non c’è sicurezza su quale sia il “valore” dei vari asset, petrolio inlcuso.
Per quanto riguarda i Paesi esportatori, ricordiamo che dal punto di vista della stabilità interna va considerato anche il tasso di cambio con le monete locali. Se la valuta locale si è deprezzata, un barile meno costoso sui mercati internazionali può comunque permettere di comprare lavoro e risorse domestiche. Certo, potrebbero esserci tendenze inflazionistiche che nel tempo annullano questo effetto, come sta accadendo in Russia.
Concordo, la componente finanziaria è sicuramente preponderante nella dinamica corrente, ma gli operatori stanno scontando delle aspettative piuttosto chiare sui fondamentali nei prossimi trimestri.
Mi riferisco soprattutto alla debolezza attesa della domanda degli emergenti, Cina in testa. Tra l’altro, la domanda cinese corrente è molto positiva (e non sembra dare grossi segni di risentire dei problemi dell’economia cinese) perché il governo sta pompando a tutta dentro alcuni nuovi siti di stoccaggio (parliamo di 500.000 bbl/g di domanda extra rispetto ai consumi). Insomma, appena riempiono anche gli stoccaggi nuovi, la domanda cinese potrebbe sgonfiarsi e il valore del greggio subire ulteriori pressioni ribassiste, se non si contrae in qualche modo l’offerta.
Sulla questione dell’effetto demoltiplicatore dei cambi, concordo, ma la questione inflattiva prima o poi emerge. A cominciare dalla Russia. Non vedo tempi facili per gli esportatori, insomma.
Come plus, segnalo il curioso caso dell’Argentina, dove il prezzo del petrolio lo fa il governo e siamo ancora sopra i 70 dollari… miracoli del peronismo (povera Argentina!).