L’Osservatorio di politica internazionale (Senato, Camera e MAE) ha pubblicato il rapporto preparato dall’ISPI su Rischi globali e rischi regionali nel corso del 2015. Tra gli scenari globali, si trova anche una sezione dedicata ai rischi connessi all’approvvigionamento energetico italiano, riportata qui di seguito.
“L’approvvigionamento energetico italiano presenta tre profili di rischio relativi alle dinamiche attese per il 2015, legati sia alla stabilità dei flussi di materie prime, sia alle minacce e alla competitività derivanti dai consumi energetici.
Il primo è la possibile destabilizzazione dei due grandi produttori energetici nordafricani, Algeria e Libia, che avrebbe ricadute particolarmente gravi nell’approvvigionamento nazionale di gas naturale. In caso di simultanea interruzione dei flussi, data l’assenza di altre infrastrutture di adduzione nell’area meridionale del nostro paese, l’afflusso di gas nelle regioni del Mezzogiorno presenterebbe notevoli criticità.
Il secondo rischio deriva dal permanere di basse quotazioni petrolifere (inferiori ai 50 dollari al barile) nel corso di tutto l’anno. Per molti paesi produttori, infatti, si tratta di una soglia inferiore a quella minima per mantenere in modo prolungato la stabilità sociale attraverso la spesa pubblica. In caso di destabilizzazione di uno o più dei medi produttori rilevanti, le quotazioni del greggio potrebbero risalire molto rapidamente, con grave danno per la bilancia dei pagamenti e per l’andamento dell’economia nazionale.
Il terzo rischio riguarda la competitività del sistema energetico nazionale, già gravata dalle scelte europee in tema di riduzione delle emissioni e di promozione delle rinnovabili. Se nella Conferenza delle parti di dicembre 2015 non si trovasse a livello globale un accordo ambizioso e universalmente vincolante per la riduzione delle emissioni, l’adozione unilaterale da parte dell’Ue di ulteriori obiettivi per il 2030 rischierebbe di compromettere in modo sempre più grave la competitività delle attività industriali produttive nazionali senza ricadute benefiche significative sul livello delle emissioni mondiali.”
Riflessioni molto opportune che dovrebbe assurgere a livello di “priorità” per l’agenda politica del Governo.
Riguardo al terzo rischio, è evidente la penalizzazione della ns. industria manifatturiera, causa la tipologia di piccola-media impresa nazionale ed il rilevante maggiore costo dell’elettricità in Italia rispetto ai principali concorrenti Ue.
Per ridurre tale rischio e migliorare sensibilmente la situazione, occorre rivedere e diversificare ed equilibrare il ns. “MIX delle Fonti” per la produzione elettrica, quantomeno per portarlo in linea con la MEDIA della Ue28 !
E’ un problema cronico e rilevante di cui occorre richiamare l’attenzione globale nel Paese, superando i pregiudizi ed i luoghi comuni, grazie alla disponibilità delle moderne tecnologie che consentono di rendere equivalente (peraltro molto contenuto) l’impatto ambientale delle emissioni in atmosfera, sia dei veri inquinanti (SO2, NOx, Particolato fine), che di quelle sospette climalteranti, ovviamente conteggiandole TUTTE nel loro “Ciclo di Vita” e NON solo quelle della fase “post-combustione” a cui fanno riferimento i grandi Operatori Petrolio e Gas! Quali e quante sono le emissioni “pre-combustione”, NON monitorate, ne conteggiate nella fase di estrazione dai giacimenti ???
Parigi sarebbe lieta di occuparsi anche di questo rilevante taspetto. O no?