Segnalo un interessante articolo di Ernesto Pedrocchi pubblicato su Energia col titolo di Cambiamento climatico: è davvero di origine antropica? (4/2013, pp. 42-47).
L’articolo ricostruisce i tanti dubbi esistenti sulla natura antropica del cambiamento climatico, ossia sul fatto che le emissioni di anidride carbonica prodotte dalle attività umane siano responsabili delle variazioini temperatura del pianeta.
L’argomentazione di Pedrocchi è piuttosto articolata e parte della considerazione che «la CO2 antropica costituisce oggi solo il 3% delle totali immissioni di CO2 in atmosfera».
Pedrocchi prosegue ricordando che «dal 1750 l’aumento di concentrazione di CO2 nell’atomosfera è continuo ma molto irregolare: alcuni anni è più del triplo di altri, mentre le emissioni antropiche crescono leggermente, ma abbastanza regolarmente, di anno in anno. Questo fa sospettare che responsabile di questa crescita sia un fenomeno naturale e non l’azione dell’uomo».
Pedrocchi spiega che «le serie storiche relative alle glaciazioni degli ultimi 400.000 anni evidenziano che, in generale, è l’aumento di termperatura che precede l’aumento di concentrazione di CO2 in atmosfera e non viceversa». Questa evidenza è tra l’altro sottolineata anche da Sergio Carrà in un altro contributo pubblicato sullo stesso numero di Energia.
Pedrocchi arriva alla conclusione che «questi dati permettono di pensare che non vi è alcuna prova convincente che l’aumento di concentrazione di CO2 in atmosfera giochi un ruolo significativo sull’aumento della temperatura globale media».
Da questa analisi, Pedrocchi avanza una dura critica alle attuali politiche di mitigazione molto di moda in Europa e miranti a ridurre le emissioni di CO2 per combattere il cambiamento climatico.
In assenza di una chiara evidenza scientifica, Pedrocchi sottolinea come investire risorse in attività di adattamento (dalle misure di prevenzione dei dissesti idrogeologici alle tecniche agricole avanzate) sia non solo più sensato, ma anche più efficace. Anche perché l’adattamento ha ricadute positive per chi investe, a prescidere dal comportamento degli altri. Al contrario della mitigazione, che se non adottata da tutti penalizza solo chi si è impegnato.
Difficile dargli torto, anche senza accettare in toto la sua valutazione sul nesso tra attività umane e riscaldamento globale. A rendere ancora più urgente una seria riflessione in merito è l’impatto particolarmente negativo che le politiche di riduzione delle emissioni avranno sull’economia. E un’umanità meno ricca è anche un’umanità con meno mezzi a disposizione per adattarsi a un mondo in continuo cambiamento. Climatico e non.
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Sono totalmente d’accordo con l’articolo di Pedrocchi. In riguardo invio a parte una mia nota dal titolo: “Clima, quale futuro” pubblicata agli atti di un convegno sul clima da me organizzato il 12 giugno del 2012 presso la mia Università di Chieti, atti raccolti in un volume della rivista 21mo Secolo.