È stato reso pubblico il nono numero della nuova serie del focus sulla sicurezza energetica relativo al periodo gennaio 2023, realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).
È stato reso pubblico il nono numero della nuova serie del focus sulla sicurezza energetica relativo al periodo gennaio 2023, realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).
Arriva il freddo e immancabilmente ritorna il tira e molla sulle forniture del gas tra Kiev e Mosca. I consumi giornalieri aumentano e parte del mercato europeo – tra cui l’Italia – continua a dipendere dal transito del gas russo attraverso l’Ucraina. Una situazione che conferisce al governo di Kiev un potere di ricatto, paradossalmente aumentato dalla crescente dipendenza del nuovo governo ucraino dal sostegno internazionale. La debolezza strutturale delle finanze pubbliche ucraine e la necessità per i governi europei di non mostrare pentimento per il sostegno al cambio di regime del 2014 legano infatti le mani alle parti.
L’operazione era già riuscita l’anno scorso, quando il governo di Kiev era riuscito a farsi pagare dall’Europa 3,1 miliardi di dollari per saldare i debiti con Gazprom più altri 1,5 miliardi per pagare in anticipo il gas russo destinato al mercato ucraino. Lo scopo per l’UE era quello di evitare che Naftogaz, non ricevendo più gas da Gazprom per via della morosità, si rifacesse utilizzando il gas destinato ai clienti europei stoccato nei giacimenti della parte orientale del Paese.
A inizio ottobre di quest’anno, la storia si è ripetuta. Naftogaz ha ricevuto un nuovo contributo europeo di 500 milioni, serviti per comprare 2 Gmc di gas russo necessari a riempire gli stoccaggi. A staccare l’assegno, la Banca Europea degli Investimenti e la Banca Mondiale.
In parallelo agli esborsi europei per pagare le importazioni di gas ucraine procede, peraltro, il sostegno fornito a Kiev dal Fondo Monetario internazionale, che ha già trasferito 10 miliardi di dollari , a cui si aggiungeranno altri 7,5 miliardi se saranno adottate almeno in parte le riforme richieste, tra cui la revisione dei prezzi del gas ai clienti finali.
La notizia di ieri dell’interruzione da parte di Naftogaz dell’acquisto di gas da Gazprom è collegata al fatto che il governo di Kiev ha finito i soldi per pagare nuove forniture. A differenza di quanto avrebbe detto Alexei Miller, però, non ci saranno problemi per l’approvvigionamento europeo di gas.
Il fabbisogno ucraino di gas è infatti crollato a causa della crisi economica: nei primi otto mesi del 2015, l’Ucraina ha consumato il 30% di gas in meno rispetto allo stesso periodo del 2014. E si tratta del quarto anno consecutivo di calo. Dato che la produzione interna ucraina è rimasta invariata, la necessità di gas importato è fortemente diminuita.
Allo stesso tempo, gli stoccaggi ucraini a fine ottobre erano più pieni dell’anno scorso e a livelli analoghi a quelli del 2013. Non sembrano dunque esserci, come nel corso dell’ultimo inverno, le condizioni affinché si presentino problemi nella stabilità dei flussi di gas russo verso l’UE.
Per Gazprom, è naturale gridare all’allarme per ricordare ai governi europei la rilevanza del transito attraverso la rete ucraina. Per il governo di Kiev, la bandiera della sicurezza energetica europea è un utile strumento per chiedere nuovo sostegno agli sponsor europei. Per i governi europei, dunque, occorre sangue freddo e la capacità di immaginare misure affinché il ricatto ucraino non si ripresenti – puntuale – anche nei prossimi autunni.
Eni ha pubblicato oggi la versione 2015 della World Oil and Gas Review. L’annuario raccoglie i dati relativi alla produzione, al consumo e ai flussi commerciali di petrolio e gas naturale.
Particolarmente interessanti la terza e la quarta parte della WOGR, dedicate rispettivamente alla qualità della produzione di greggio e alle attività raffinazione. Un unicum tra le fonti aperte e uno strumento particolarmente prezioso per studiare i mercati petroliferi.
A nove mesi dalla pubblicazione della comunicazione A Framework Strategy for a Resilient Energy Union with a Forward-Looking Climate Change Policy, la Commissione ha pubblicato una serie di documenti riuniti sotto l’etichetta di State of the Energy Union.
Il documento principale è una comunicazione denominata State of the Energy Union 2015, che fa il punto sui progressi delle politiche individuate come prioritarie a febbraio, a cui fa da corollario da un documento di sintesi per ogni Stato membro.
Moltissimi i temi a cui è poi dedicato un documento specifico: i progetti infrastrutturali di interesse comune (ossia quelli che possono ricevere i fondi europei in regime di cofinanziamento), l’efficienza energetica, le raccolte statistiche relative ai prezzi di elettricità e gas, il mercato dei permessi di emissione dell’anidride carbonica, la sicurezza del nucleare, le scorte petrolifere, l’implementazione della strategia europea di sicurezza energetica.
Insomma, tanto materiale – spesso anche utile – che cerca di fare il punto su parecchi aspetti del settore dell’energia, portando avanti lo sforzo comunicativo della Commissione europea di accreditarsi come attore dominante della politica energetica per tutta l’Unione Europea. Una politica di marketing politico ben confezionata e che guarda al lungo periodo, ma che è destinata a scontrarsi con l’attuale architettura istituzionale europea, che limita la capacità della Commissione di imporre la propria visione agli Stati membri non concordi (su tutti, art. 194 del Trattato sul funzionamento dell’Unione).
I limiti concreti dell’azione comunicativa della Commissione saranno sempre più evidenti dopo che si saranno spenti i riflettori della COP21 di dicembre. Dal taglio dei sussidi alle rinnovabili nel Regno Unito, all’appoggio politico a Nord Stream II in Germania, alla difesa del settore nucleare in Francia, le prime avvisaglie ci sono già.
Segnalo uno studio dal titolo Trade and investments in energy in the context of the EU common commercial policy, a cui hanno partecipato Antonino Alì, Marco Pertile, Nicolò Rossetto, Chiara Sisler, Paolo Turrini e che ho coordinato per la commissione commercio internazionale del Parlamento Europeo.
Per un’economia come quella europea, sempre più dipendente dalle importazioni di materie prime energetiche nonostante la diffusione delle rinnovabili, l’accesso a mercati internazionali aperti e stabili è una priorità per garantire la propria sicurezza energetica.
Lo studio fornisce una sintesi e una valutazione del quadro legale a livello europeo in materia di commercio e investimenti nel settore energetico. In particolare, analizza il dualismo tra politica energetica e politica commerciale, la rilevanza delle disposizioni WTO e WTO+ in materia di dazi e più in generale di attività economiche connesse all’energia. Inoltre, lo studio analizza inoltre la rilevanza dei trattati bilaterali siglati dall’UE, sopratutto dopo il Trattato di Lisbona, e degli accordi globali siglati con Georgia, Moldavia e Ucraina.
Sono disponibili qui le slides relative alla lezione «La Russia e lo spazio post-sovietico», tenuta martedì 3 novembre presso la Residenza Universitaria Viscontea di Milano, nell’ambito del programma Jump delle residenze RUI.
Al netto di alcune modifiche marginali, le slides sono quelle utilizzate per la lezione tenuta lunedì 2 novembre presso la Residenza Universitaria Castelbarco di Milano.