Pavia, seminario su «Energia e geopolitica»

Seminario permanente di politica internazionaleSegnalo il seminario dal titolo «Energia e geopolitica», che terrò a Pavia lunedì 23 marzo alle 11, in Aula 4 di Scienze politiche. L’iniziativa è parte del Seminario permanente di politica internazionale, organizzato dal Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università di Pavia.

Il mio intervento prenderà spunto dal volume collettaneo di ISPI, per poi rispondere agli interventi e alle domande dei partecipanti.

I’m smart because you’re stupid: l’autoconsumo e il mercato elettrico italiano

IEW - I’m smart because you’re stupidLe politiche nate rapsodicamente negli ultimi anni per promuovere le rinnovabili hanno creato significative distorsioni nei mercati elettrici di tutta Europa, a partire da quello italiano.

Una di queste distorsioni è messa ben in evidenza in un post di Carlo Durante, pubblicato dall’IEW: I’m smart because you’re stupid.

Come spiega chiaramente Durante, nel decennio scorso il regolatore ha adottato una serie di misure volte a favorire la diffusione delle rinnovabili presso produttori che fossero anche consumatori, in piena sintonia col concetto di generazione distribuita.

In particolare, lo schema di agevolazione più recente è quello dei sistemi efficienti di utenza (SEU), che consente a un utente, che consuma attraverso la propria rete l’energia che produce, di essere esonerato da una parte dei costi di sistema, risparmiando così il 35-40% rispetto a una bolletta “normale”.

Questo schema, che vale per impianti fino a 20MW, è risultato particolarmente appetibile per le piccole e medie imprese, che pagano l’elettricità molto più cara sia delle famiglie sia delle grandi industrie e che grazie allo schema possono risparmiare molto sull’energia.

Le piccole e medie imprese però hanno bisogno di energia in modo affidabile ed economico, che magari combini alla generazione elettrica anche la produzione di calore. In altre parole, più che pannelli fotovoltaici, le imprese hanno fatto installare impianti di cogenerazione, in primis a gas.

Il risultato è che una parte importante dei consumi (7% nel 2014) si è spostata sull’autoconsumo per evitare i costi di sistema della bolletta, esplosi negli ultimi anni a causa delle rinnovabili sussidiate. Dato che i costi di sistema restano sostanzialmente invariati, il peso sui consumatori non inseriti negli schemi di autoconsumo è così ulteriormente aumentato.

Nel tentativo di correggere questa stortura, nei prossimi mesi potrebbero arrivare proposte di nuovi interventi. Il rischio è che la pezza risulti peggio del buco.

Le instabilità geopolitiche mettono a rischio la sicurezza energetica dell’Italia?

OE - Le instabilita' geopolitiche mettono davvero a rischio la sicurezza energetica dell'Italia?Ripropongo una mia intervista pubblicata da Orizzontenergia.

Dott. Verda, a suo parere la crisi libica rischia di compromettere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici nazionali?

No, non vedo un rischio rilevante. Il greggio libico rappresenta il 7% dei consumi italiani e può essere sostituito da altri produttori, a cominciare dall’Azerbaigian, che attraverso il terminale di Ceyhan esporta un greggio leggero simile a quello libico. Inoltre, bisogna ricordare che al posto del greggio è sempre possibile importare direttamente i prodotti petroliferi.

Per quanto riguarda il gas, nel 2014 le importazioni di gas libico attraverso il Greenstream sono state di 6,5 miliardi di metri cubi, pari al 12% del totale. Una quantità che può essere facilmente sostituita aumentando le importazioni dagli altri fornitori, in particolare dall’Algeria. La capacità di importazione italiana è infatti utilizzata a circa la metà del valore massimo teorico: il margine di sicurezza è ampio.

Peraltro, abbiamo già fatto a meno delle forniture libiche nel 2011 e da allora la situazione è cambiata in meglio, dal punto di vista della sicurezza. Paradossalmente, la crisi economica ci ha aiutati: i consumi di gas si sono ridotti del 21%, quelli petroliferi del 19%. Il risultato è che abbiamo bisogno di meno importazioni, ma l’offerta è rimasta abbondante.

Qualora i flussi di gas e greggio da Libia dovessero interrompersi, quali sarebbero le conseguenze per i consumatori?

Le conseguenze per i consumatori sarebbero molto poche. Probabilmente ci sarebbe un piccolo differenziale nei prezzi finali, dovuto a un possibile aumento dei costi per gli operatori qualora dovessero pagare un premio per approvvigionarsi altrove. Si tratterebbe in ogni caso di conseguenze molto limitate dal punto di vista del prezzo finale, dato che la materia prima conta per meno della metà sia per il gas sia per i prodotti petroliferi.

A rimetterci sono invece gli operatori maggiormente attivi in Libia, a cominciare da Eni. L’azienda è infatti il principale operatore estero in Libia e ha nel Paese uno dei suoi maggiori centri di investimento internazionali.

Come commenta le recenti dichiarazioni del Presidente di FederPetroli in merito alla situazione libica “tutti i giacimenti sia onshore che offshore riteniamo siano a rischio”?

Senza dubbio corrisponde al vero. La situazione sul campo in Libia è molto complessa, con numerose fazioni in lotta per il controllo del territorio e soprattutto della principale fonte di reddito, l’estrazione di idrocarburi. Ogni infrastruttura di produzione e trasporto è insieme un obiettivo di conquista e un bersaglio militare.

Le infrastrutture a terra sono quelle che corrono più rischi, perché più accessibili. Tuttavia, se i barconi dei clandestini possono raggiungere le acque italiane, è facile immaginare che le infrastrutture in acque libiche non siano fuori dalla portata di un eventuale attacco.

South Stream vs Turkish Stream: la decisione di Gazprom di aggirare l’Ucraina stravolgerà davvero gli equilibri del gas europeo?

Prima di tutto bisogna aspettare, per capire come evolverà la situazione sul terreno in Ucraina e per vedere quali infrastrutture saranno effettivamente realizzate. Gazprom sembra determinata a costruire un nuovo gasdotto verso la Turchia. A ben vedere, si tratta di una scelta ragionevole: si tratta dell’unico grande mercato in crescita a Ovest della Russia, col Turkish Stream Gazprom potrà mantenere il proprio ruolo di primo fornitore del Paese.

Per quanto riguarda invece il completo aggiramento dell’Ucraina, sarei cauto. Si tratta di un’opzione costosa, che richiede grandi investimenti sia da parte della Russia per portare il gas al confine greco, sia da parte dei clienti europei.

Inoltre, appare sempre più evidente che il governo di Kiev si sta avviando verso una crisi finanziaria molto più forte, che si risolverà solo con massicci prestiti occidentali. Un governo ucraino dipendente dall’Occidentale è però destinato a essere un partner più affidabile per il transito verso Occidente del gas russo. Gazprom potrebbe così aver meno bisogno che in passato di diversificare completamente i transiti e, quindi, decidere di non aver bisogno di tutte e quattro le linee da 16 Gmc ipotizzate per il Turkish Stream.

Dal punto di vista europeo, non credo che vedremo uno stravolgimento, ma una lenta evoluzione. Come peraltro avvenuto nei decenni passati, quando abbiamo visto posare, uno dopo l’altro, Yamal-Europe, Blue Stream e Nord Stream.

La Commissione adotta la strategia per l’Unione energetica

EC - Energy UnionMercoledì 25 febbraio la Commissione europea ha adottato la comunicazione A Framework Strategy for a Resilient Energy Union with a Forward-Looking Climate Change Policy, il documento che lancia l’Unione energetica.

La strategia si basa su cinque dimensioni: la sicurezza energetica (ossia degli approvvigionamenti), la piena integrazione del mercato dell’energia a livello europeo, l’efficienza energetica, la decarbonizzazione dell’economia, l’investimento su ricerca, innovazione e competitività.

Oltre alla comunicazione relativa all’Unione energetica, la Commissione ha anche adottato una comunicazione relativa alla conferenza sul clima di dicembre a Parigi. In vista dell’incontro, la Commissione vuole rilanciare il ruolo di guida dell’UE nella riduzione delle emissioni climalteranti a livello globale. Resta però da vedere se e quanto le altri grandi economie saranno disposte a seguire.

La Commissione ha infine adottato una comunicazione relativa alle interconnessioni elettriche tra le reti nazionali dei Paesi membri. Dodici su ventotto non soddisfano infatti l’obiettivo minimo di interconnessione attualmente vigente, secondo il quale la capacità di scambio con l’estero deve corrispondere ad almeno il 10% della capacità installata.

Crisi libica: nessun rischio per la sicurezza energetica italiana

Il Giornale - Il tecnico italiano ex ostaggio dell'Isis: "Vogliono solo il petrolio"La situazione libica è giunta nei giorni scorsi a un nuovo momento di crisi, con l’avanzata delle fazioni che si rifanno all’ISIS. Tornano così gli allarmi per gli approvvigionamenti energetici nazionali: dalla Libia arrivano infatti in Italia importanti forniture di petrolio e di gas naturale, ma anche in caso di completo collasso della produzione libica non ci sarebbero problemi per l’Italia.

Nei primi undici mesi del 2014, gli operatori nazionali hanno importato mediamente 3,3 milioni di tonnellate (Mt) di petrolio libico, pari al 6,7% del totale. Per quanto riguarda il gas naturale, nel 2014 le importazioni italiane dalla Libia attraverso il gasdotto Greenstream sono state di 6,4 miliardi di metri cubi, pari all’12% del totale importato.

Quantità rilevanti, ma perfettamente sostituibili, come ampiamente dimostrato nel 2011. Allora i flussi di greggio si interruppero per sei mesi e quelli di gas per sette senza alcuna conseguenza rilevante per i consumatori.

Nel caso del petrolio, a garantire la sicurezza è l’esistenza di un mercato sostanzialmente globale e liquido. Sebbene esistano diversi tipi di greggio adatti a diversi impianti di raffinazione, l’offerta sul mercato è abbastanza varia e diversificata da offrire facilmente un sostituto (nel caso specifico, l’Azerbaigian). La produzione libica, a regime, non arriva peraltro nemmeno al 2% del totale mondiale.

Nel caso del gas, a garantire la sicurezza è l’esistenza di un sistema di approvvigionamento diversificato e ridondante. La capacità di importazione della rete italiana ammonta infatti a oltre 100 Gmc/a, di cui il gasdotto della Libia rappresenta appena 9 Gmc/a. Il resto della capacità arriva da Nord Europa, Russia, Algeria e tre rigassificatori: decisamente abbastanza per rimpiazzare i flussi libici senza problemi.

La sicurezza degli approvvigionamenti italiani è poi amplificata dal calo dei consumi dovuto alla crisi economica. Nei primi undici mesi del 2014, le importazioni italiane di greggio sono state pari a 49,3 Mt, mentre nello stesso periodo del 2011 erano state di 62,3 Mt.

Parallelo anche il calo delle importazioni di gas: nel 2014 sono state di 54,5 Gmc, contro i 68,7 Gmc del 2011. E nel frattempo i rigassificatori in servizio sono passati da due a tre.

Gli interessi delle imprese italiane in Libia sono fortissimi, a cominciare da Eni, che è il primo operatore del Paese. Senza considerare le innegabili questioni di sicurezza. Tuttavia, sul fronte degli approvvigionamenti energetici, la completa destabilizzazione della Libia non porrebbe problemi rilevanti per l’Italia.