Quattro priorità d’azione per l’Europa

ISPI - Energia e geopoliticaNelle conclusioni della collettanea Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio ho proposto quattro indicazioni generali, che prendono spunto dalle analisi dei diversi capitoli e che possono servire a valutare l’adeguatezza delle politiche energetiche europee, attuali e proposte.

Aumentare l’efficienza energetica
La prima priorità d’azione è quella di aumentare costantemente l’efficienza energetica, ossia di ridurre i consumi energetici a parità di lavoro svolto. Per un insieme di economie importatrici come quelle europee, la riduzione del fabbisogno è un elemento importante per abbassare i costi di produzione e dunque aumentare la competitività.
Aumentare l’efficienza significa anche ridurre la vulnerabilità rispetto ai problemi di approvvigionamento, perché in caso di indisponibilità di un fornitore i volumi da rimpiazzare sono minori. Inoltre, dato ancora più importante, le variazioni nelle quotazioni di gas e petrolio incidono di meno sui processi economici.
I decisori politici dovrebbero dunque promuovere in modo prevedibile e progressivo gli aumenti di efficienza, anche quando le contrazioni dei prezzi dell’energia riducono lo stimolo per gli attori economici a contenere i costi e l’adozione di misure normative vincolanti rappresenta l’unica alternativa.
Nel caso europeo, l’efficienza degli usi finali è già superiore alla media mondiale, ma occorrono ulteriori interventi normativi per accelerare i miglioramenti nei diversi settori, dall’edilizia ai trasporti, ai processi produttivi. Nella legislazione vigente, l’obiettivo al 2020 di riduzione dell’efficienza è però l’unico non vincolante e, nonostante gli interventi in alcuni settori specifici, anche per gli obiettivi al 2030 non è ancora emersa la volontà di includere l’obiettivo dell’efficienza tra quelli vincolanti.

Aumentare l’integrazione dei mercati
La seconda priorità d’azione è quella di proseguire con l’integrazione dei mercati energetici europei, in particolare quello elettrico e quello del gas. Un mercato più ampio e interconnesso ha infatti un approvvigionamento più diversificato, può sfruttare le complementarietà dei diversi sistemi nazionali e in ultima analisi è più resiliente.
Nel caso del gas, in particolare, dato che la domanda europea resterà debole e le infrastrutture di importazione sono nel complesso ridondanti, per decisori politici dei paesi europei l’integrazione è una soluzione ottimale per contenere i costi a parità di livello di sicurezza ottenuto.
La legislazione vigente, giunta al terzo “pacchetto energia”, ha finora favorito una crescente convergenza dei mercati nazionali, ma esistono ancora numerosi ostacoli normativi a una piena integrazione, anche a livello infrastrutturale. L’elemento più evidente del mancato completamento del processo di integrazione è l’assenza di un regolatore unico dell’energia a livello europeo.

Promuovere la concorrenzialità dei mercati
La terza priorità è quella di implementare e mantenere la struttura concorrenziale e aperta dei mercati energetici. Il ricorso ai meccanismi di mercato è uno degli aspetti fondanti non solo delle politiche energetiche europee, ma della struttura stessa dell’UE, sulla base dell’assunto che un mercato concorrenziale sia il miglior strumento per allocare efficientemente le risorse.
Pur nella necessità di contemperare esigenze diverse, occorre evitare che il perseguimento di obiettivi ambientali o di politica estera introducano distorsioni tali da compromettere l’efficienza del funzionamento del mercato, riducendone la concorrenzialità e dunque la capacità di aumentare il benessere e la sicurezza delle economie europee.
La legislazione vigente a livello europeo è frammentata e manca un indirizzo unitario e organico in tema di politica economica e industriale. Questa situazione favorisce una competizione tra istituzioni che fa emergere priorità e scelte a volte incompatibili tra loro, che rendono particolarmente incerto il quadro normativo per gli investitori e generano inefficienze.
Per quanto riguarda i consumatori finali, l’efficienza dei meccanismi di mercato è data dalla possibilità di discriminare tra le offerte e scegliere sulla base dei segnali di prezzo. Un elevato livello di tassazione, come quello vigente in molti grandi mercati europei, distorce i segnali di prezzo sino a renderli poco significativi nella scelta dell’offerta, compromettendo così l’efficienza dei mercati. Ridurre la rigidità dello strumento fiscale per i consumi energetici rappresenta dunque una condizione necessaria al funzionamento dei mercati finali europei e, in prospettiva, del mercato unico.
Il mercato e la concorrenza non sono solo principi che informano i processi economici interni all’UE, ma sono anche le modalità con cui gli operatori europei si approvvigionano a livello internazionale. Per i governi europei il rafforzamento delle istituzioni di mercato a livello internazionale e l’aumento della concorrenzialità anche al di fuori dell’Europa sono dunque strumenti primari per il rafforzamento della sicurezza energetica europea.

Ricercare protocolli condivisi a livello globale sulle emissioni
La quarta priorità è quella di ridurre le emissioni a livello globale e non solo regionale. A differenza dell’inquinamento locale, nel caso dell’anidride carbonica ridurre le emissioni in una regione non produce alcun beneficio locale, ma solo globale e solo se la riduzione dei volumi complessiva è sufficientemente ampia.
Gli sforzi imposti alle economie europee per ridurre le emissioni di anidride carbonica hanno già oggi un effetto marginale a causa della quota ridotta delle emissioni europee sul totale (11%). Questa quota è destinata a ridursi ancora – fino al 7% del totale – nel corso del prossimo decennio, quando i consumi europei diminuiranno mentre quelli del resto del mondo aumenteranno rapidamente, rendendo sempre più inutili gli sforzi unilaterali europei.
Gli obiettivi europei vigenti sono di una riduzione per il 2020 del 20% delle emissioni rispetto al 1990 ed è già emersa la volontà di portare questo obiettivo al 40% entro il 2030. Il rispetto degli obiettivi al 2020 è fortemente agevolato dalle conseguenze della crisi economica, mentre il rispetto degli eventuali nuovi obiettivi al 2030 potrebbe essere nettamente più costoso, favorendo tra l’altro un’ulteriore deindustrializzazione del continente se adottate in modo unilaterale.
La priorità per i decisori politici europei è dunque quella di ricercare protocolli condivisi sulle esternalità negative delle emissioni di gas climalteranti, a cui possano aderire i governi di tutte le grandi economie mondiali. La definizione di standard globali consentirebbe di trasformare la questione della riduzione delle emissioni da un tema di impegno su basi etiche a un tema di mercato, in base al quale incorporare nei prezzi finali il costo delle esternalità nelle attività economiche attraverso meccanismi di tassazione coordinati a livello globale.
In caso di mancata cooperazione, un’alternativa per i paesi europei potrebbe comunque essere quella di destinare più attenzione e più risorse alle misure di contenimento degli effetti del cambiamento climatico sul territorio e sulle attività umane. In questo caso, peraltro, gli investimenti avrebbero ricadute positive certe e su base locale, a prescindere dalle scelte di politica ambientale di altri governi.

Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio

ISPI - Energia e gepoliticaIl fabbisogno energetico globale si espande incessantemente e le fonti fossili continuano a dominare i consumi di tutte le grandi economie. Alla stesso tempo, le crisi che in questi anni stanno sconvolgendo alcune delle principali aree di produzione stanno inevitabilmente condizionando le scelte politiche dei governi, con conseguenze di lungo periodo.

Sul tema ho appena curato per l’ISPI una collettanea dal titolo Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio. Questo l’indice del volume:

Prefazione di Paolo Magri
1 – Geopolitica dell’abbondanza di Massimo Nicolazzi
2 – L’energia del futuro, tra rivoluzione americana e boom asiatico di Matteo Verda
3 – L’energia in Europa al 2030: ambiente vs competitività? di Nicolò Rossetto
4 – Cina: da produttore a importatore di Filippo Fasulo
5 – La Russia dopo la Crimea: la fine di South Stream e la proiezione verso l’Asia di Fabio Indeo
6 – L’area del Caspio nello scenario energetico contemporaneo di Carlo Frappi
7 – Il gas naturale liquefatto: evoluzione di un mercato sempre più globale di Filippo Clô
8 – Prepararsi al futuro: alcune indicazioni sulle policy per l’Europa di Matteo Verda

Il volume è scaricabile gratuitamente qui.

Produzione petrolifera: costi di estrazione e breakeven

Segnalo un’interessante tavola sui costi di estrazione medi del petrolio per tipo di giacimento e area geografica di produzione, coi relativi volumi prodotti, pubblicata da Unione Petrolifera in occasione del tradizionale preconsuntivo petrolifero annuale.

UP - Costi di estrazione a breakeven con BrentConsiglio la lettura di tutte le slides del preconsuntivo, che contengono anche altri dati interessanti sullo scenario internazionale e sulla situazione italiana.

La rivoluzione shale e il crollo del greggio

IWE - The Shale Revolution and the oil slumpSono disponibili sul sito dell’ISPI Energy Watch le slides relative all’intervento “The Shale Revolution and the oil splump“, tenuto ieri da Massimo Nicolazzi a Padova.

L’intevento ha aperto i lavori del convegno “Il mercato degli idrocarburi: scenari e politiche energetiche”, organizzato Centro Levi Cases dell’Università di Padova.

 

Il mercato britannico della capacità

IEW - The British capacity market: a hidden déjà vu?La penetrazione delle rinnovabili nel paniere elettrico europeo negli ultimi anni, oltre a causare un enorme trasferimento di ricchezza nella casse dei percettori dei sussidi, ha amplificato il rischio –  insito nei mercati liberalizzati – di un’insufficienza di investimenti in capacità di generazione disponibile.

In un quadro di incertezza, infatti, gli investitori di mercato possono non assumersi tutti gli oneri finanziari necessari a sviluppare e mantenere abbastanza capacità di generazione da soddisfare sempre la domanda finale, perché rischierebbero di ritrovarsi con degli impianti sotto-utilizzati e quindi anti-economici. Una condizione insostenibile se non si può scaricare direttamente sui consumatori il loro costo, come avveniva in regime di monopolio.

Allo stesso tempo, però, la disponibilità di energia elettrica in modo costante e affidabile è l’aspetto in assoluto più delicato per la sicurezza energetica delle società industrializzate, altamente dipendenti dall’elettricità sia per i processi produttivi, sia per gli apparati di telecomunicazioni.

Per questo, in un mercato liberalizzato è necessario che la collettività si faccia carico di remunerare degli operatori per mantenere operativi e disponibili impianti sufficienti a garantire che ci sia sempre capacità di riserva pronta a entrare in funzione per sopperire all’instabilità di altri produttori, in particolare di quelli da rinnovabili.

Il 16 dicembre scorso la Gran Bretagna è stato il primo Paese UE a tenere un’asta della capacità di generazione, lo strumento più efficace per allocare in modo efficiente i sussidi necessari a mantenere livelli minimi di capacità di generazione.

Su questo tema segnalo l’ottimo post di Simona Bendettini, The British capacity market: a hidden déjà vu?, che inaugura le attività dell’Osservatorio Energia dell’ISPI, l’ISPI Energy Watch.

Il pricing del gas in Europa

CIEP - Long-Term Gas Import Contracts in EuropeLong-Term Gas Import Contracts in EuropeLong-Term Gas Import Contracts in EuropeSegnalo un interessante e agile studio di Luca Franza dal titolo Long-Term Gas Import Contracts in Europe. The evolution in pricing mechanisms, pubblicato da Clingendael.

Il lavoro analizza l’evoluzione dei meccanismi di prezzo dal 2008 a oggi, evidenziando l’allineamento alle quotazioni degli hub dei prezzi previsti dai contratti di lungo periodo indicizzati al petrolio.

L’autore propone anche una rassegna delle previsioni sui consumi europei nei prossimi decenni, soprattutto per quanto riguarda il termoelettrico, e individua le condizioni che possono portare a prezzi più o meno elevati.

Invito a leggere lo studio, ma la sensazione che se ne trae è che i contratti indicizzati più flessibili non sembrano destinati a perdere di rilevanza rapidamente come si pensava, soprattutto se le quotazioni agli hub europei saranno relativamente elevate a causa della ripresa della domanda europea e della competizione asiatica per l’LNG. E questo senza considerare quel che è successo negli ultimi mesi al prezzo del greggio.