Produttori petroliferi: chi è in affanno a 85 dollari?

Il prezzo del greggio si è attestato su valori prossimi agli 85 dollari al barile, ma se e quanto tornerà a scendere restano domande aperte. Intanto, anche a questi livelli di prezzo, la sostenibilità dei bilanci pubblici di molti produttori di greggio è ancora una questione aperta.

Segnalo due documenti in merito. Il primo è del Fondo monetario internazionale, che ha pubblicato il Regional Economic Outlook di ottobre relativo a Medio Oriente e Asia Centrale.

Ricco di dati e di proiezioni relative all’andamento delle economie delle due macroregioni, l’outlook contiene anche un’interessante tabella dedicata ai livelli di prezzo del petrolio che consentono il pareggio fiscale (fiscal breakeven) e il pareggio di bilancia corrente (external breakeven).

IMF - Oil producers fiscal and external breakeven oil pricesIl grafico per il 2014 che si ricava da questi dati  consente di vedere chiaramente chi, se le quotazioni correnti continuasserro, sarebbe in affanno. Particolarmente delicata la situazione di Yemen, Algeria, Iraq e Libia (che ha valori troppo alti per stare nel grafico).

Prezzo del greggio e punti di pareggio di alcuni Paesi produttori

Segnalo anche un secondo studio, di Deustche Bank, che sul tema del prezzo di pareggio di bilancio propone una tabella globale. Da notare come le previsioni per il 2015 siano di prezzi medi sopra i 100 dollari. A sperare nella bontà delle previsioni tedesche sono di sicuro parecchi governi.

DB - Budget breakeven pricesIntanto dai sauditi qualche segnale di inversione della tendenza sembrerebbe arrivare, ma è presto per dire cosa accadrà. Stratfor prevede un recupero ma a livelli inferiori a 100 dollari, a causa della debolezza della domanda.

Gas russo: distinguere approvvigionamento e (geo)politica

OIES - Reducing European Dependence on Russian Gas – distinguishing natural gas security from geopolitics Dopo l’accordo sul Winter Package e la ragionevole certezza che quest’inverno non ci saranno interruzioni delle forniture dalla Russia per ragioni contrattuali con Naftogaz, resta da fare una profonda riflessione sulla questione dell’approvvigionamento europeo di gas russo.

Nella concitazione degli eventi ucraini, la confusione tra questione commerciali e proiezioni politiche – spesso alimentata ad arte – ha dominato il dibattito e molte dichiarazioni ufficiali. I fatti sono però chiari: il gas russo è essenziale per l’approvvigionamento e la competitività delle grandi economie europee.

E lo sarà anche nel 2020 e nel 2030, perché le reali alternative sono o più costose (GNL) o a più alte emissioni di CO2 (carbone). E a seconda degli scenari, i volumi di gas russo sono destinati a crescere: la priorità è in ogni caso avere energia competitiva e a più basse emissioni.

Per i Paesi dell’Europa orientale che, a differenza di Italia e Germania, hanno un approvvigionamento non-diversificato e rapporti più difficili con Mosca, ridurre il peso del gas russo è invece una priorità politica. Per questi Paesi, il ricorso a nuovi canali di importazione e a maggiori interconnessioni è la soluzione migliore, senza che però sia necessario trascinare tutte le economie europee in una costosa strategia di “uscita” dal gas russo.

Sul tema, segnalo un bello studio dell’Oxford Institute for Energy Studies dal titolo Reducing European Dependence on Russian Gas – distinguishing natural gas security from geopolitics.

Russia-Ucraina: raggiunto l’accordo

FT - Russia and Ukraine reach gas dealRussia e Ucraina hanno raggiunto ieri sera un accordo per risolvere la questione dell’approvvigionamento di gas per il prossimo inverno.

Dopo lunghi negoziati, Gazprom riprenderà le forniture di gas destinate al mercato ucraino. Era dal 16 giugno che tutto il gas in arrivo in Ucraina era destinato solo al transito verso l’Europa occidentale.

Nella sua versione definitiva, il cosiddetto Winter Package prevede forniture per 4 Gmc. Il prezzo concordato è di 378 dollari ogni mille metri cubi fino alla fine del 2014 e 365 dollari ogni mille metri cubi nel primo trimestre 2015, il momento il cui si verifica il picco dei consumi ucraini.

La cifra è dunque di circa 1,5 miliardi di dollari, versati in anticipo da Naftogaz, probabilmente con l’aiuto dell’UE. A questa cifra si aggiungono 3,1 miliardi di dollari di arretrati, pagati con parte dei 15 miliardi stanziati dal Fondo Monetario.

Il governo di Kiev è così riuscito a sfruttare la propria posizione per costringere gli europei e il Fondo Monetario a farsi carico dell’insolvenza di Naftogaz, mentre Gazprom è riuscita a garantire anche per il prossimo inverno un flusso regolare verso i propri clienti in Europa orientale.

Aggiornamento: sul tema, segnalo una mia intervista con Michele Pierri, pubblicata su Formiche.

Consumi di gas: continua la crisi

Eurogas - Mild weather reduces demand in 2014, but gas remains strong in the heating marketEurogas, l’associazione che raggruppa gli operatori del gas europei, ha diffuso le prime stime relative al consumo annuo di gas per il 2014: -9% rispetto all’anno scorso.

I consumi europei calano così sotto la soglia psicologica dei 420 Gmc. Nel 2010, l’anno di maggior consumo, i consumi furono di 527 Gmc: da allora il trend negativo non si è mai invertito.

La domanda italiana, in linea con la tendenza europea, dovrebbe chiudere l’anno a circa 65 Gmc: per trovare un valore così basso, occorre risalire le serie storiche fino al 1998.

Greggio in discesa: e i bilanci pubblici?

Segnalo un bel pezzo dell’Economist dal titolo Cheaper oil. Winners and losers. L’articolo affronta con chiarezza l’impatto della discesa delle quotazioni del greggio, sia sui consumatori, sia sui produttori.

Particolarmente interessante l’infografica, di cui riporto la parte più significativa: il prezzo del petrolio a cui i bilanci pubblici di alcuni grandi esportatori raggiungono il pareggio.

Government budget's break-even oil price (© The Economist 2014)

Iran, Bahrain, Ecuador, Venezuela, Algeria, Nigeria e Iraq sembrano essere particolarmente esposti. La Russia, invece, lo è meno, per diverse ragioni: un livello di pareggio più basso, riserve valutarie più ampie, margine di svalutazione del rublo (che compensa il minor valore delle esportazioni di greggio), spesa pubblica più facilmente modulabile (tagliando la spesa militare).

Tuttavia il grafico mostra solo il livello di prezzo, ma non considera due variabili chiave: le quantità esportate e il tempo. Quest’ultimo fattore è in realtà quello determinante: se si supera l’anno e mezzo, anche la Russia rischia di non reggere economicamente.

Ma in un anno e mezzo di cose ne succedono tante. Chiedere a Yanukovich, per esempio.

EIRA newsletter – ottobre 2014

EIRA newsletter - ottobre 2014Segnalo l’uscita del numero di ottobre dell’Energy International Risk Assessment.

In questo numero un focus speciale è dedicato all’Iraq e all’ISIS, con anche una stima dei volumi prodotti dal califfato e in parte contrabbandati in Turchia (e non solo). Tra gli altri argomenti, la crisi in Ucraina e l’impatto sui Balcani, il ruolo della Serbia e le scelte future dell’Iran.