The Caspian Sea Chessboard

Carlo Frappi e Azad Garibov (a cura di) - The Caspian ChessboardL’importanza del Caspio come fonte di approvigionamento energetico e come terreno di  scontro di interessi regionali è universalmente nota e riconosciuta. Sul tema si è quindi scritto e detto tanto.

Carlo Frappi e Azad Garibov hanno cercato di fare ordine nelle diverse questioni, raccogliendo 12 contributi di ricercatori italiani e internazionali su temi piuttosto diversi tra loro, ma inevitabilmente destinati a intrecciarsi.

La prima parte del volume (che include un mio contributo dal titolo «Energy Infrastructure Protection and the Caspian Offshore») è dedicata alle principali questioni sul tappeto, dalla militarizzazione alle risorse naturali.

La seconda parte è invece dedicata alle politiche e alle percezioni dei decisori politici dei Paesi della regione, mentre la terza parte analizza gli interessi nell’are e le conseguenti politiche dei principali attori globali.

Una lettura senz’altro utile per comprendere le dinamiche di una regione così complessa e rilevante per gli interessi europei. Qui è disponibile l’indice e qui l’introduzione.


Carlo Frappi e Azad Garibov (a cura di)
The Caspian Chessboard. Geo-political, Geo-strategic and Geo-economic analysis
Egea, 2014, 244 pp.
ISBN/EAN: 9788823844346
Scheda dell’editore

Le sanzioni colpiscono l’upstream russo nell’Artico

FT - Exxon winds down Russian Arctic drilling campaignLa multinazionale petrolifera per eccellenza, ExxonMobil, ha dovuto interrompere le operazioni di perforazione nell’Artico russo a causa delle nuove sanzioni statunitensi. In particolare, Exxon ha bloccato i lavori della piattaforma West Alpha nel campo Universitetskaya-1, iniziati ad agosto.

Exxon è impegnata in un programma di investimenti da 700 milioni di dollari per l’espansione della produzione artica di cui fanno parte i lavori interrotti, nel quadro di una joint-venture con Rosneft da 3,2 miliardi di dollari.

Le sanzioni statunitensi iniziano così a fare male, anche se a breve termine gli effetti sono limitati. Di qui al 2020, però, il mancato sviluppo delle riserve artiche potrebbe costare alla Russia fino al 20% della propria produzione. Forse le stime sono un po’ alte, ma la tendenza è chiara.

Nel 2013 la Russia è stata il secondo produttore mondiale (12% del totale), con 10,8 milioni di barili, 700 mila meno dei sauditi ma 800 mila più degli statunitensi. Con 325 miliardi di export, il petrolio e i suoi derivati pesano per il 62% degli attivi di bilancia commerciale per Mosca.

Molto più dei 53 miliardi di dollari di gas che Gazprom dichiara di aver venduto fuori dall’ex-Urss nel 2013. Il gas però sembra una partita alquanto diversa.

Con le sanzioni, a rischio potrebbe esserci anche la tempistica dello sviluppo di Yamal LNG, l’investimento da 27 miliardi di dollari per un terminale di liquefazione da circa 22 Gmc/a sviluppato da una joint-venture tra Total, Novatek e China National Petroleum Corporation.

La storia in questo caso potrebbe però essere diversa: a limitare gli effetti delle sanzioni finanziarie potrebbero però arrivare capitali russi per 2.6-3.9 miliardi di dollari. A cui si aggiungerebbero, secondo le stime di Novatek, 20 miliardi di dollari della China Development Bank Corporation.

E i Paesi asiatici potrebbero giocare un ruolo anche nel fornire tecnologia per le attività di trivellazione: Igor Sechin in un’intervista a Der Spiegel ha ricordato che se i produttori tedeschi non vorranno fornire macchinari ai clienti russi, questi si rivolgeranno ai fornitori coreani e cinesi. Una boutade, ma non priva di fondamento.

La diversità tra i progetti di liquefazione del gas e quelli di trivellazione artica è in larga parte dovuta al diverso livello di complessità delle operazioni, per il momento possibili solo per i colossi occidentali. Tuttavia, anche se richiederà anni, l’avanzamento tecnologico asiatico è solo questione di tempo e di opportunità.

Opportunità che l’Occidente sembra offrire a ripetizione, noncurante delle conseguenze future delle scelte attuali.

Il gas russo e la situazione degli stoccaggi in Europa

Livello di riempimento degli stoccaggiIn Ucraina, la situazione sul terreno sembra finalmente migliorare. E le possibilità che si arrivi a un compromesso sulla questione delle forniture per quest’inverno si fanno più concrete.

Nonostante quanto sostenuto da alcuni, fare a meno del gas russo per i Paesi europei sarebbe molto complesso, molto costoso e non alla portata di tutti.

In primo luogo, perché per aumentare le importazioni di GNL occorrerebbe pagare i carichi addizionali a prezzi di mercato. Ammesso che si trovino, peraltro. Tradotto in euro, diverse decine di miliardi di euro di passivo commerciale in più, da scaricare sugli utenti finali. Via tariffa o via fiscalità generale, cambia poco.

In secondo luogo, perché i terminali di rigassificazione sono soprattutto in Spagna e Regno Unito, ma gli importatori di gas russo si trovano in Europa centrale e orientale. E non ci sono infrastrutture di trasporto adeguate, nel mezzo.

Insomma, alla fine del gas russo ne abbiamo bisogno, per scaldare il prossimo inverno e per farlo senza peggiorare una situazione economica di certo non rosea. C’è un particolare tecnico però da tenere in considerazione: gli stoccaggi, fondamentali per soddisfare la domanda di gas durante i mesi estivi invernali. E che in questa stagione dovrebbero essere praticamente al massimo.

Secondo i dati GIE, in UE solo un Paese è attualmente in una situazione critica, l’Ungheria, che ha gli stoccaggi pieni a meno del 60%. Fuori dai nostri confini, il problema è naturalmente l’Ucraina, che ha gli stoccaggi letteralmente mezzi vuoti e solo un paio di mesi utili per riempirli, prima che arrivi il freddo.

Tecnicamente, sarebbe anche possibile, secondo i dati ufficiali: con una capacità di iniezione massima di 285 Mmc al giorno e 15,5 Gmc da riempire, ci vorrebbero 54 giorni (in teoria). Ma ci vorrebbe anche il gas russo da metterci dentro e, va da sé, la liquidità per pagarlo. E io ho già un’idea di chi ce lo metterà, alla fine…


Livello di riempimento degli stoccaggi


SLIDES – La sicurezza energetica italiana e i rischi geopolitici

SLIDES - La sicurezza energetica italiana e i rischi geopoliticiSono scaricabili qui le slides relative al mio intervento dal titolo «La sicurezza energetica italiana e i rischi geopolitici. Il caso del gas naturale», tenuto sabato 13 settembre 2014 durante il XXVIII Convegno della Società Italiana di Scienza Politica di Perugia, nella sezione dedicata a Intelligence, Globalizzazione e Interesse Nazionale: il caso italiano.

Sanzioni russe: quali sono i rischi per l’Italia?

Wired - Sanzioni russe: quali sono i rischi per l’Italia?Segnalo un articolo di Davide Mancino dal titolo Sanzioni russe: quali sono i rischi per l’Italia?, con anche un’analisi dell’interscambio tra Roma e Mosca.

L’articolo include anche una breve intervista al sottoscritto, di cui riporto una domanda.

«Ma tutto considerato chi ci rimette di più con le sanzioni? Gli europei. Alla Russia fai male solo se blocchi l’export petrolifero e di gas. È l’unico modo, mentre il resto peggiora solo la situazione. D’altra parte gli Stati Uniti non ci rimettono quasi nulla: il loro export è inferiore persino a quello italiano».

Qui il resto.

Risorse non convenzionali: la questione dell’acqua

WRI - Global Shale Gas Development: Water Availability & Business RisksProdurre idrocarburi non convenzionali richiede enormi quantità d’acqua. Buona parte delle riserve di non convenzionale sono situate in aree dove l’acqua in realtà scarseggia. Di conseguenza, buona parte delle riserve mondiali non convenzionali sarà molto difficile da sviluppare su vasta scala in tempi rapidi.

Questo, in estrema sintesi, il contenuto di uno studio molto interessante pubblicato dal World Resources Institute con il titolo Global Shale Gas Development: Water Availability & Business Risks, ripreso anche da SQ.

Ben strutturato e approfondito, lo studio analizza l’utilizzo dell’acqua nelle tecniche di sfruttamento delle riserve di idrocaburi in giacimenti non convenzionali. Inoltre, incrocia i dati sulla presenza di riserve non convenzionali coi dati relativi alla disponibilità d’acqua. In appendice, è anche presente un’analisi regione per regione dei Paesi con le riserve più consistenti di gas da argille.

Cattive notizie? Un po’ per tutti, ma per due Paesi in particolare: Algeria e Cina. L’Algeria è più o meno tutta arida e con una popolazione in crescita, con conseguenze facilmente intuibili. Nel caso della Cina, invece, le riserve o sono collocate in aree aride (ovest) o sono in aree densamente popolate con andamento idrico discontinuo.

Sia per l’Algeria sia per la Cina, insomma, le stime di produzione da non convenzionale potrebbero essere ottimistiche, almeno fintanto che non saranno sviluppate tecniche a minor consumo idrico. In altre parole, con certezza in nessuno dei due Paesi avremo un boom del non convenzionale, almeno nel breve-medio periodo.