Il valore relativo dei livelli di produzione

Come tempestivamente riportato da Silendo, l’EIA statunitense ha pubblicato le stime relative alla produzione di petrolio e gas naturale per il 2013. Impressionante la prestazione degli Stati Uniti, che diventano il primo produttore mondiale di idrocarburi.

U.S. expected to be largest producer of petroleum and natural gas hydrocarbons in 2013

La crescita della produzione statunitense, grazie soprattutto al non convenzionale e all’attività dei piccoli operatori, è notevole.

Il dato deve tuttavia essere letto alla luce anche dei consumi interni e quindi della posizione dei singoli Paesi rispetto ai mercati internazionali.

INGRANDISCI - Esportazioni nette di petrolio (scuro) e gas naturale (chiaro) nel periodo 1986-2012, in milioni di tonnellate equivalenti di petrolio - Elaborazione su dati BP 2013

Nonostante la crescita della produzione interna, gli Stati Uniti restano un importatore netto. L’impatto della crescita è dunque meno destabilizzante per i mercati internazionali, soprattutto se letto in combinazione con il dato relativo alla Cina, che mostra come il Paese stia affrontando un rapido peggioramento del saldo netto. La minore domanda di importazione statunitense è di fatto compensata dall’aumento delle importazioni cinesi.

Esportazioni nette di petrolio (scuro) e gas naturale (chiaro) cinesi nel periodo 1986-2012, in milioni di tonnellate equivalenti di petrolio - Elaborazione su dati BP 2013

In conclusione, l’aumento di produzione statunitense rappresenta un’ottima notizia per l’economia americana e i primati mondiali rappresentano un’occasione per titoli accattivanti, però l’effetto complessivo sui mercati energetici globali è rilevante ma non rivoluzionario.

PS: Qui il file excel coi dati.

Commissione vs Gazprom: si avvicina la resa dei conti

Gazprom, al via procedura Ue Si avvicina un passaggio cruciale nella guerra tra la Commissione europea e Gazprom. Giovedì il commissario alla concorrenza Joaquin Almunia ha annuciato l’imminente invio all’azienda russa di una lettera con le contestazioni emerse alla fine dell’istruttoria per pratiche anticoncorrenziali nel gas avviata l’anno scorso (qui gli addebiti).

In sintesi, la Lituania ha contestato il comportamento di Gazprom, accusando l’azienda di imporre prezzi troppo alti e di abusare della propria posizione dominante. La Commissione ha così avviato l’indagine (estendendola a otto paesi dell’Europa orientale) e le dichiarazioni di Almunia fanno intendere che le prove raccolte spingeranno la Commissione a prendere provvedimenti contro Gazprom.

L’azienda rischia in teoria una multa fino a 10,9 miliardi di euro (il 10% del fatturato di Gazprom), anche se difficilmente si arriverà a una sazione così alta. Dopo l’invio della lettera e la possibilità per i legali di Gazprom di accedere al materiale raccolto si aprirà infatti una fase difensiva, durante la quale l’azienda potrà anche negoziare sanzioni più miti (oltre che naturalmente ricorrere in giudizio).

 La  lettera a Gazprom apre lo scenario di uno scontro che non sarà solo giudiziario, ma anche politico: difficilmente infatti il Cremlino resterà impassibile rispetto a un’eventuale contestazione. Ogni allarme circa le forniture di gas per questo inverno è però esagerato e strumentale, perché resta in ogni caso nell’interesse russo mostrarsi un fornitore affidabile in ogni circostanza.

I prossimi aggiornamenti relativi all’indagine saranno pubblicati nel registro dei casi al numero 39816.

ps: i più maligni potrebbero ipotizzare un collegamento tra il recente pressing mediatico di Gazprom su South Stream e il fatto che la decisione della Commissione fosse attesa per questo periodo.

South Stream: un pressing sull’Ucraina?

South Stream Transport signs Gas Transmission AgreementContinua il pressing mediatico di Gazprom per accreditare la costruzione di South Stream. Mercoledì è stata diffusa la notizia di un importante accordo tra Gazprom Export e South Stream Transport.

La comunicazione ufficiale naturalmente non riporta alcun dettaglio né sulla natura dell’accordo né sugli impegni esattamente presi dalle parti. In altre parole, difficile capire se oltre al comunicato stampa ci sia davvero qualcosa di rilevante, anche perché in ultima analisi si tratta sempre di società che fanno riferimento a Gazprom.

Il pressing mediatico resta in ogni caso notevole, come dimostrato dal roadshow organizzato in giro per l’Europa da Natural Gas Europe col titolo di Gas Dialogues (dopo l’appuntamento di Milano la settimana scorsa, il prossimo è a Lubiana, il 24 ottobre).

Gli annunci di Gazprom si stanno facendo particolarmente ambiziosi: 2015 inizio della costruzione, 2017 funzionamento a regime; 63 Gmc all’anno, di cui oltre 31 all’Italia, ossia 8 Gmc più della media degli anni scorsi. Credibile solo se la riduzione dei flussi dall’Algeria fosse strutturale: cosa molto improbabile, visti tra l’altro gli investimenti di Eni nel Paese.

La difficile situazione del mercato europeo e le previsioni di recupero reale solo nel medio periodo non permettono di vedere un mercato per il gas in più di South Stream, soprattutto considerando che il Nord Stream non è usato nemmeno per quella metà di capacità (27,5 Gmc/a) che la normativa europea lascia a Gazprom.

A meno di non chiudere i gasdotti attraverso l’Ucraina e dunque usare South Stream come tracciato totalmente sostitutivo invece che come capacità addizionale. E qui emerge una possibile spiegazione dell’accelerazione mediatica russa: fare pressione su Kiev.

A novembre a Vilnius si terrà il terzo summit sul Partenariato Orientale UE e la Russia sta combattendo per attrarre l’Ucraina verso la propria orbita (obiettivo appena raggiunto con l’Armenia, che ha rinunciato ai nuovi accordi con l’UE; per l’Ucraina non ci sono accordi pronti da firmare, ma le trattativa procedono).

Far credere all’Ucraina – e a Naftogaz, che a Gazprom deve parecchi miliardi di dollari – che South Stream sia una realtà industriale pronta davvero a partire potrebbe rivelarsi un’ottima arma contrattuale, magari per convincere il governo di Kiev a raffreddare i rapporti con l’UE e magari a cedere una quota della rete (e di Naftogaz) a Gazprom.

Emissioni di CO2: ragionare prima di agire

La polemica sul riscaldamento globale ciclicamente ritorna, generalmente in seguito alla pubblicazione di qualche report ufficiale. Personalmente coltivo un atavico scetticismo, ma questo conta poco: assumiamo che sia tutto vero. Ha senso per i cittadini europei l’estremismo solitario delle proprie istituzioni? La risposta in un grafico (qui l’excel).

Emissioni di CO2 (1985-2012) - Elaborazione su dati BP 2013

Quest’anno in nome delle politiche energetiche volte all’accelerazione della diffusione delle rinnovabili e alla riduzione delle emissioni sono stati imposti costi enormi: 3,5 miliardi di euro di sussidi ai cittadini spagnoli, 12 miliardi a quelli italiani, oltre 20 miliardi a quelli tedeschi. Per i prossimi anni, la tendenza è stabile, salvo tagli.

Questo senza contare il costo dei certificati verdi, delle delocalizzazioni e delle mancate produzioni. E senza contare i costi imposti ai sistemi elettrici e la crisi dei consumi del gas per generazione elettrica, una crisi resa particolarmente lunga e grave proprio dalle decisioni politiche.

La domanda è: ma ne vale la pena, se intanto il mondo va da un’altra parte e il nostro sforzo è irrelavante per lo scopo?

E, in subordine, non sarebbe più assennato investire in efficienza?

South Stream: retirement of a pipeline?

South Stream: evolution of a pipelineNon è andata molto bene a Natural Gas Europe, che ieri ha organizzato ieri a Milano una confererenza dal titolo South Stream: evolution of a pipeline.

Come detto, tra gli ospiti nel programma, tanti nomi italiani che contano: da Paolo Scaroni (ad Eni) a Maurizio Lupi (Ministro delle infrastrutture), da Roberto Maroni (Presidente della Lombardia) a Gianni Pittella (vice-presidente del Parlamento Europeo). Peccato che non si sia presentato nessuno, lasciando i russi (di alto profilo, peraltro) a parlare da soli.

Un bel segnale sul fatto che appaia sempre più evidente il bluff del gasdotto da 60 miliardi di metri cubi e oltre 17 miliardi di dollari di investimenti (ufficiali, in realtà molti di più, contando l’adeguamento della rete russa), la cui costruzione è annunciata dal 2015 e il funzionamento dal 2017. Troppo gas e troppo caro per un mercato in difficoltà come quello europeo.

South Stream è nel complesso un investimento posticipabile (se non del tutto evitabile), il cui senso era principalmente strategico, ossia porre sul tavolo un’alternativa al Nabucco originale, quello che avrebbe dovuto portare decine di miliardi di metri cubi mediorientali in Europa e che si è spento lungo la strada negli ultimi anni.

Sempre più attori sembrano non voler più reggere il gioco, soprattutto dopo che la decisione di costruire il TAP ha tolto dal tavolo anche le ultime vestigia del nome Nabucco. Obiettivo raggiunto, dunque, per il tubo di carta del Cremlino.

TAP: completata la lista dei clienti

Gasdotto Tap, chiusi contratti gas In Italia arriveranno 8 mld mc/annoSecondo quanto riportato da SQ, si completa l’elenco dei clienti che hanno firmato per l’acquisto del gas azerbaigiano trasportato dal TAP. Complessivamente, la ripartizione dei primi volumi prevede  8 Gmc per il mercato italiano e 1 Gmc ciascuno per i mercati greco e bulgaro.

I contratti hanno una durata di 25 anni e riguardano 9 società. Accanto a Bulgargas per il mercato bulgaro e DEPA per il mercato greco, si sono 7 operatori che si sono aggiudicati volumi per il mercato italiano.

Hera (0,3 Gmc/a) e Enel avevano già annunciato venerdì la firma. A queste si sono aggiunte la francese GdF Suez (2,6 Gmc/a), la tedesca E.ON (1,6 Gmc/a), l’anglo-olandese Shell (1 Gmc/a), la spagnola Gas Natural Fenosa e la svizzera Axpo.

Gas Natural Fenosa, Axpo e Enel non hanno reso noti i volumi acquisiti. Per quest’ultima è probabile che il volume sia intorno a 1 Gmc, mentre gli altri due operatori dovrebbero aver acquisito volumi inferiori. Resta il dubbio sulle intenzioni dell’azienda di stato azerbaigiana Socar circa un proprio ingresso (indiretto, naturalmente) sul mercato finale italiano.

Per quanto riguarda i prezzi, non sono ancora trapelate indicazioni, se non un generico riferimento di E.On al fatto che le condizioni concordate «riflettono i mercati del gas europei». È dunque probabile che le formule di prezzo inglobino un livello significativo di indicizzazione spot. In ogni caso, la difficoltà di prevedere le evoluzioni del mercato a 7 anni lascia prevedere che i termini degli accordi includano un significativo margine di flessibilità e che saranno oggetto di ulteriore negoziazione più a ridosso dell’avvio dei flussi.