Enel e Hera firmano per il gas azerbaigiano

Enel sigla accordo con il consorzio Shah Deniz per l'approvvigionamento di gas da AzerbaigianPrimi contratti per l’acquisto del gas azerbaigiano di Shah Deniz, che saràportato in Italia attraverso il TAP. Ieri Enel e Hera hanno dato l’annuncio di aver concluso due contratti di fornitura della durata di 25 anni.

Il gas sarà fornito non prima del 2019 (probabilmente sarà 2020-2021). Per quanto concerne i volumi, Hera ha dichiarato 300 milioni di metri cubi all’anno, mentre Enel non ha specificato nel comunicato i volumi acquisiti.

L’annuncio della sigla dei primi contratti di fornitura rappresenta un ulteriore segnale positivo in attesa che, dopo la scelta del gasdotto, venga ufficializzata la decisione finale di investimento sulle attività upstream nell’offshore del Caspio, al momento in sospeso a causa delle incertezze di BP sulla ripartizione dei costi.

Rallentamento cinese e mercati energetici

PIL cinese - variazione annua %Segnalo un interessantissimo post di Nick Butler sulle prospettive dei consumi energetici cinesi e sul loro impatto sui mercati internazionali e un post di Jérémie Cohen-Setton (Bruguel) sullo stesso tema.

Semplificando brutalmente, le stime di consenso per i prossimi decenni (IEA, AIE, BP, Shell, Exxon) sono tutte di una domanda cinese in continua espansione con ritmi comparabili a quelli dell’ultimo decennio. L’assunzione di base di questi scenari è che la crescita cinese continui con ritmi molto superiori alla media mondiale, ma ci sono parecchi segnali che la situazione sia destinata a essere molto più complessa e che i ritmi di crescita cinesi tenderanno inevitabilmente a contrarsi.

Il problema è che le attuali scelte di investimento risentono delle aspettative di una domanda energetica mondiale trainata da un import cinese in forte espansione, che però probabilmente crescerà meno del previsto. Il risultato? Un grosso rischio che il prezzo del barile imbocchi una tendenza alla contrazione, con effetti molto negativi sulle compagnie (peggio per loro) e per i Paesi produttori più dipendenti dalle esportazioni energetiche (e qui sorgono i problemi).

Caucaso meridionale: un decennio movimentato

http://www.ispionline.it/sites/defau</a>L’Italia e il <strong>Caucaso meridionale</strong> sono più vicini di quanto lascerebbero supporre i 3.000 km di distanza. E non solo perché in futuro il TAP porterà il gas azerbaigiano arriverà in Italia. Già oggi infatti il 20% dei consumi italiani di petrolio (circa 200.000 barili al giorno) arriva dal Caspio azerbaigiano e transita attraverso l’<a title=oleodotto BTC, che dal 2006 attraversa l’Azerbaigian e la Georgia.

L’inaugurazione del BTC è stato solo uno degli eventi che hanno reso l’ultimo decennio nell’area del Caucaso meridionale un momento cruciale per la storia delle tre repubbliche post-sovietiche della regione: Armenia, Azerbaigian e Georgia.

Capire qualcosa in più delle dinamiche più importanti nella regione può essere utile per valutare meglio i rischi per la sicurezza energetica italiana. Per chi fosse interessato ad approfondire il tema, segnalo una mio report pubblicato oggi dall’ISPI: A Decade in Motion. Southern Caucasus in 2003-2013.

Guerra in Siria: il gas non c’entra

The Syrian conflict and gas pipeline routesDa più parti si leggono fantasiose ipotesi relative al fatto che l’accanimento contro Assad e il rischio di guerra generale in Siria siano in realtà funzione di un oscuro piano per impedire la costruzione di un gasdotto che collegherebbe il giacimento iraniano di South Pars all’Unione Europea.

Su tutti, segnalo questa perla, che riesce a confondere il gas con il petrolio (o forse l’autore pensa di metterli nello stesso tubo?) e non argomenta l’inspiegabile posizione della Turchia, ma almeno ha il pregio di avere dei link interessanti in fondo.

L’argomento: i produttori del gas del Golfo (capitanati dal Qatar) stanno armando i ribelli siriani per destabilizzare il Paese. Lo scopo? Impedire che la Siria diventi il punto di arrivo (o di transito verso il Libano, secondo altre versioni) di un gasdotto proveniente dall’Iran attraverso l’Iraq.

Da dove cominciare? Restiamo sul piano economico: i costi per garantire la sicurezza di un gasdotto lungo 2.000 km in una regione instabile sarebbero astronomici. A questo si aggiunge il fatto che per ripagare l’investimento, i costi di trasporto sarebbero alti anche ipotizzando una tariffa bassa (2 dollari ogni 100 km ogni 1.000 mc, ossia metà del Nabucco West): totale 800 milioni di dollari all’anno, solo per far arrivare 20 miliardi di metri cubi alle coste della Siria o del Libano.

Alla cifra si dovrebbero poi aggiungere i costi di un terminale di liquefazione (10 miliardi di dollari) e i costi di trasporto via metaniera. Per farla breve: con questo progetto, se anche il gas iraniano arrivasse in Europa, ai prezzi di mercato non ripagherebbe nemmeno i costi di produzione e trasporto. Figurarsi finanziare una guerra per impedirne il transito.

Dati alla mano, è più probabile una vendetta templare.