Da più parti si leggono fantasiose ipotesi relative al fatto che l’accanimento contro Assad e il rischio di guerra generale in Siria siano in realtà funzione di un oscuro piano per impedire la costruzione di un gasdotto che collegherebbe il giacimento iraniano di South Pars all’Unione Europea.
Su tutti, segnalo questa perla, che riesce a confondere il gas con il petrolio (o forse l’autore pensa di metterli nello stesso tubo?) e non argomenta l’inspiegabile posizione della Turchia, ma almeno ha il pregio di avere dei link interessanti in fondo.
L’argomento: i produttori del gas del Golfo (capitanati dal Qatar) stanno armando i ribelli siriani per destabilizzare il Paese. Lo scopo? Impedire che la Siria diventi il punto di arrivo (o di transito verso il Libano, secondo altre versioni) di un gasdotto proveniente dall’Iran attraverso l’Iraq.
Da dove cominciare? Restiamo sul piano economico: i costi per garantire la sicurezza di un gasdotto lungo 2.000 km in una regione instabile sarebbero astronomici. A questo si aggiunge il fatto che per ripagare l’investimento, i costi di trasporto sarebbero alti anche ipotizzando una tariffa bassa (2 dollari ogni 100 km ogni 1.000 mc, ossia metà del Nabucco West): totale 800 milioni di dollari all’anno, solo per far arrivare 20 miliardi di metri cubi alle coste della Siria o del Libano.
Alla cifra si dovrebbero poi aggiungere i costi di un terminale di liquefazione (10 miliardi di dollari) e i costi di trasporto via metaniera. Per farla breve: con questo progetto, se anche il gas iraniano arrivasse in Europa, ai prezzi di mercato non ripagherebbe nemmeno i costi di produzione e trasporto. Figurarsi finanziare una guerra per impedirne il transito.
Dati alla mano, è più probabile una vendetta templare.