TAP, Nabucco, Corriere: quanta confusione

Europa in ordine sparso nella battaglia energeticaQuando si parla di energia, la stampa italiana non sempre è sul pezzo. L’ultimo caso è un articolo del Corriere pensato per chiarire ai lettori il contesto della scelta TAP: Europa in ordine sparso alla battaglia energetica. Obiettivo non raggiunto.

Tralasciamo l’adeguatezza dei titoli roboanti per concentrarci sui contenuti. Nulla di personale contro l’autore, ma TAP e Nabucco West non sono Corridoi energetici, ma gasdotti (infrastrutture) in competizione sullo stesso corridoio (progetto politico), quello meridionale.

Certo, un dettaglio, ma nel gergo di Bruxelles sono cose parecchio diverse, tanto da consentire a Barroso di salvare la faccia congratulandosi per la scelta di TAP come infrastruttura europea del Corridoio meridionale.

Proseguendo, il TAP traspoterà 10 miliardi di metri cubi (e espandibili a 20) e non 16, che invece saranno il totale della nuova produzione di Shah Deniz, in parte assorbita da Georgia e Turchia. Anche qui, dettagli: ma 6 Gmc in più o in meno sono anche l’equivalente di un rigassificatore in più o in meno, tanto per fare un esempio.

Poi, non si capisce bene perché il Nabucco West avrebbe rappresentato un fattore di diversificazione dalla Russia mentre il TAP no. Per sostenerlo, bisognerebbe ignorare il fatto che Nabucco West e TAP fossero in competizione per essere interamente riempiti dallo stesso gas di Shah Deniz. Che transiti da una parte o dall’altra, sempre del gas azerbaigiano del Caspio si tratta.

Sostenere che il Nabucco West potesse garantire più diversificazione del TAP nasce da un equivoco. Una cosa è il Nabucco, il progetto originale di gasdotto da 31 Gmc/a, accantonato da diversi anni perché avrebbe dovuto approvvigionarsi di gas iraniano (!), iracheno e turkmeno. Un’altra è Nabucco West, un progetto (ufficialmente, “scenario”) da 10 Gmc/a (espandibili a 20) e basta, proposto come ripiego per continuare a competere con il TAP per il solo gas azerbaigiano [non metto link perché nel frattempo il sito di Nabucco è andato offline].

Un’ultima considerazione: sarà anche vero che «i gasdotti si realizzno non solo sulla base della loro aritmetica economica», ma i 50 centesimi di differenza nelle tariffe di trasporto (di cui si parla nell’articolo) corrispondo a risparmi per 250 milioni di dollari all’anno. Forse abbastanza per fare la differenza.

I limiti delle previsioni

FT - The World in 2040Con l’aumentare della complessità e dell’incertezza che caratterizzano il mondo (dell’energia e non), cresce la necessità di trovare un apparente conforto nelle previsioni e negli scenari dei ricercatori.

A gennaio BP ha aggiornato il proprio outlook al 2030, a marzo Shell ha pubblicato i New Lens Scenarios, a luglio la EIA ha pubblicato l’edizione 2013 del proprio International energy outlook e a novembre la IEA pubblicherà l’edizione 2013 del proprio World Energy Outlook.

Strumenti interessanti e ben confenzionati, ma intrinsecamente sbagliati. Come ha ben messo in luce Nick Butler, previsioni a trent’anni non fanno altro che proiettare il consenso degli addetti ai lavori oggi. Utili per capire le aspettative di oggi, ma incapaci (epistemologicamente, passatemi il termine) di cogliere l’ignoto che è destinato a verificarsi, nel settore energetico come in ogni altro settore.

Basta pensare ai cambiamenti tecnologici, economici, politici degli ultimi venti anni per giungere alla conclusione che molto spesso sia l’imprevedibile a essere maggiormente significativo. A cominciare dalla tecnologia, in continua e imponderabile evoluzione.

Come ricorda Butler, a metà anni ottanta di climate change non si parlava (bei tempi!), l’Asia centrale e il Causaso erano sovietici, la Cina era un Paese agricolo sottosviluppato con consumi petroliferi pari a quelli italiani, il fracking e la perforazione orizzontale erano tecniche esotiche.

Morale della favola? Una volta letti i vari scenari, la cosa più utile da fare potrebbe essere provare a pensare “cosa potrebbe andare storto”.

Resources futures

Resources FuturesSegnalo un’interessante ricerca pubblicata qualche mese fa da Chatham House: Resources Futures.

Lo studio ricostruisce le principali dinamiche nei mercati globali delle materie prime negli ultimi quindici anni: produttori, consumatori e flussi di scambio.

Lo studio inoltre propone alcune previsioni per il prossimi decenni. Per quanto riguarda l’energia, le tendenze al 2020 ipotizzate sono:

  • aumento della domanda globale del 17% rispetto al 2010 [uguale al dato IEA, World Energy Outlook 2012]
  • necessità di investimenti nel settore energetico pari a 3.000 miliardi di dollari
  • prezzo del greggio a 120 dollari al barile
  • prezzo del gas ancora regionale, con mantenimento di un forte differenziale tra Asia e Nordamerica.

Le tendenze al 2030 individuate sono:

  • aumento della domanda del 29% rispetto al 2010 [uguale al dato IEA]
  • aumento della domanda di carbone del 20% [uguale al dato IEA]
  • aumento della domanda di gas del 44% [5 p.p. più del dato IEA]
  • necessità di investimenti nel settore energetico pari a 37.000 miliardi di dollari al 2035, di cui la metà nel settore elettrico [analogo al dato IEA]
  • prezzo del greggio tra 100 e 140 dollari al barile in termini reali [il dato IEA è 125]

Nulla di particolarmente originale, dunque. Ma resta una lettura interessante per chi voglia farsi un’idea più precisa delle tendenze del passato prossimo e delle (probabili) tendenze future.

Domande e risposte sul fracking

FT - No middle ground in fracking debateSegnalo un interessante articolo del FT sul fracking e il gas da argille, tema attualmente molto dibattuto nel Regno Unito, dove sono in corso le operazioni per sfruttare diversi giacimenti.

Nunmerose le domande dirette a cui FT cerca di rispondere: cos’è il fracking, cosa sta succedendo nel Regno Unito, quali sono gli effetti. Tra l’altro, a quanto pare è più facile che le miniere di carbone provochino terremoti che non le operazioni di fracking (una delle grandi preoccupazioni dei britannici).

Interessante notare che la Chiesa di Inghilterra si è schierata a favore dello sfruttamento del non convenzionale perché consentirebbe costi dell’energia più bassi, a tutto vantaggio dei più poveri. Punto che sembra spesso sfuggire nel dibattito sulle politiche energetiche e in particolare sulle rinnovabili.

Lettura consigliata e istruttiva, anche se giova ricordare che nel nostro Paese non ci sono riserve di gas da argille e dunque il dibattito difficilmente ci interesserà mai in modo diretto.

La tassazione della produzione in Italia

INGRANDISCI - La pressione fiscale sulla produzione di idrocarburi

Segnalo un’interessante ricerca di Normisma Energia su La tassazione della produzione di gas e petrolio in Italia.

Dallo studio, risulta che pressione fiscale sulla produzione di idrocarburi è del 64%: non esattamente un incentivo a investire.

Se poi si considerano i tempi biblici per tutte le fasi amministrative, il quadro non è roseo. «Per ottenere un’autorizzazione per la fase esplorativa si attende, infatti, oltre il 70% in più rispetto alla media globale, ed il ritardo aumenta ulteriormente per la fase di coltivazione, dove un’autorizzazione può essere concessa in oltre 9 anni, contro una media di 4 all’estero».

Insomma, anche se la dipendenza dalle importazioni è largamente dovuta a fattori geologici, i disincentivi agli operatori fanno la loro parte.