Il crepuscolo delle supermajor

Supermajordämmerung - The day of the huge integrated international oil company is drawing to a closeL’Economist di questa settimana non è tenero con le supermajor petrolifere, prevedendo per loro un futuro più mini e più votato al gas naturale. Probabile, le argomentazioni sono plausibili (leggere per credere).

La parte più interessante del discorso riguarda le previsioni di domanda petrolifera. Partendo dalle previsioni al 2030 di consumi a 100 milioni di barili al giorno (Mbbl/g), si enumerano tutti i fattori che potrebbero ridurre la crescita (concentrata fuori dall’OCSE, naturalmente).

In ordine di apparizione: l’aumento di efficienza cinese (-3,8 Mbbl/g), la metanizzazione dei consumi statunitensi per trasporto (-3,5 Mbbl/g), la riduzione dei consumi per generazione elettrica e dei sussidi in Medio Oriente e negli altri Paesi produttori (-3 Mbbl/g).

Sommando questi fattori, si potrebbe scoprire che forse il picco petrolifero è di domanda (e non di offerta, con buona pace dei nipotini di Malthus) e che arriverà prima dei 100 Mbbl/g (oltre che prima del 2030).

Conseguenze? Prezzi in discesa e Paesi produttori in difficoltà. A cominciare dalla Russia, visti i costi crescenti di produzione, e dai Paesi mediorientali, vista la mancata diversificazione delle economie.

In ogni caso, c’è solo una certezza: poche cose sono aleatorie come le previsioni sul settore petrolifero.

Privatizzare Eni e Enel (magari non ora)

Eni, Enel: privatizzazioni inutili Sul tema dell’ulteriore privatizzazione di Eni e Enel torneremo sicuramente nelle prossime settimane, anche se dato l’attuale contesto politico è probabile che nemmeno questo autunno torneremo sulla questione.

Solo una paio di osservazioni. La prima – fondamentale – è che si può recidere il cordone ombelicale tra lo Stato e le aziende che ne hanno fatto la politica energetica per decenni solo se lo Stato disponde della volontà politica di immaginare una politica energetica compiuta in ambiente di mercato (quindi non la SEN) e al contempo disponde  dei mezzi per attuarla (mezzi innanzitutto organizzativi).

Secondo: privatizzare ora, senza se e senza ma, è un errore. Come fa notare Mario Semerio su Italia Oggi, perché con la poca liquidità in circolazione gli incassi sarebbero magri e l’impatto sul debito pubblico sarebbe poco rilevante.

E l’impatto sul mercato? Torniamo al punto uno, perché in assenza di capacità di regolazione e intervento efficaci da parte del Governo, il risultato sarebbe disastroso (come le privatizzazioni degli anni Novanta) trasformando posizioni dominanti pubbliche in posizioni dominanti private [liberale sì, ma sono anche realista!].

Convincono poco anche le argomentazioni di Giuseppe Artizzu su HuffingtonPost, che vorrebbe mettere all’angolo Eni e Enel perché si oppongono alle posizioni di rendita create dai sussidi alle rinnovabili.

Le posizioni di Eni e Enel sono sacrosante: più generazione termoelettrica oggi vuol dire prezzi più bassi per i consumatori, imprese comprese. In periodo di crisi, le bollette si appesantiscono per arricchire chi ha colto l’occasione di una regolazione fatta male (e torniamo al primo punto).

E a poco vale la difesa di obiettivi europei già di fatto raggiunti e – apparirà sempre più evidente – inutili per l’ambiente perché non globali. Spingere per la privatizzazione di Eni e Enel nella speranza che così si oppongano con meno efficacia ai sussidi attuali è interesse di parte, non disegno sistemico.

Tra l’altro, per perseguire obiettivi di diffusione delle rinnovabili da piano quinquennale si sta ammazzando il mercato elettrico. A dirlo sono i dati del rapporto annuale Aeeg relativi alle quote di mercato. Nel 2012, Enel ha perso 3 punti percentuali, Eni 2, Edison e E.On 1, mentre il Gestore dei servizi energetici (società del Ministero dell’economia che distribuisce buona parte delle rinnovabili sussidiate) ha guadagnato 4 punti ed è il secondo operatore dopo Enel.

Urgono partiti politici con una visione di insieme, un’idea di politica energetica e la volontà di attuarla. Poi si potrà parlare di privatizzazioni.

La sicurezza di un rigassificatore offshore

Greta Munari - Analisi del rischio nei terminali di rigassificazione offshoreUno degli aspetti più delicati degli impianti di rigassificazione del GNL è quello relativo alla sicurezza e ai rischi per l’uomo e per l’ambiente circostante in caso di incidente (o di sabotaggio).

Tutte le infrastrutture realizzate in Italia hanno passato controlli di sicurezza molto stretti. Un elemento di rischio è tuttavia inevitabile in ogni attività umana, anche se molto ridotto (si parla di frequenze nell’ordine di una volta ogni milione di anni).

Per chi volesse approfondire gli aspetti relativi alla sicurezza di un rigassificatore offshore come l’OLT, segnalo la tesi di Greta Munari: Analisi del rischio nei terminali di rigassificazione offshore.

Si tratta di una lettura molto interessante per capire che i rischi di incidente sono davvero bassi e che in ogni caso riguardano di fatto “solo” la sicurezza del personale imbarcato e non quella della popolazione sulla costa.

Segnalo anche una sezione di risposte alle domande più frequenti relative al GNL, pubblicata dalla Commissione federale per la regolazione dell’energia statunitense.

ps: una considerazione relativa ai rischi non accidentali che vale la pena di riportare «il gas esplode solo se miscelato con aria (5%-15%) e in presenza di confinamento. I serbatoi della nave contengono GNL e i suoi vapori sono a pressione pressoché atmosferica. Anche in caso di attacco con esplosivo, si avrà rilascio ed evaporazione con incendio, mentre l’esplosione del contenuto non è fisicamente possibile».

I consumi di gas tra 20 anni – 2

La Commissione Europea rappresenta il punto di riferimento istituzionale per le statistiche dell’energia e le previsioni a livello di UE. Purtroppo, la divulgazione ufficiale dei numeri lascia molto a desiderare, soprattutto a livello di tempestività.

Sul fronte statistico Eurostat ha fatto in questi anni notevoli progressi, arrivando in alcuni casi a pubblicare dati aggiornati al semestre precedente. Sul fronte delle previsioni, invece, la Commissione ha ancora tanto da lavorare.

La DG Energy mette infatti a disposizione le previsioni sulle tendenze future, ma purtroppo lo fa con tempi biblici. Basti pensare che le stime al 2030 più recenti sono state chiuse nell’estate 2010. Un documento decisamente vecchio: non occorre essere uno specialista per capire che i mercati dell’energia negli ultimi tre anni hanno conosciuto cambiamenti profondi.

In ogni, essendo i dati più recenti ufficialmente disponibili, riporto le previsioni relative alla variazione dei consumi di gas naturale.

UE a 27 - Elaborazione su dati Commissione Europea e Eurogas

Rispetto ai dati IEA, i dati della Commissione sovrastimano l’aumento di domanda fino al 2020, per poi sottostimarlo nel decennio successivo. Nonostante la posizione istituzionale della Commissione, le previsioni IEA – per quanto forse eccessivamente ottimistiche – restano quelle più credibili.

I consumi di gas tra 20 anni

Le stime sul futuro sono sempre incerte, soprattutto quando coprono un orizzonte temporale lungo. Nondimeno, sono un esercizio utile per comprendere le tendenze in atto e cercare di agire per tempo, dove necessario.

Nei mesi scorsi ho già pubblicato le elaborazioni sulle stime IEA relative ai consumi di gas per i prossimi due decenni. Ieri sera sono tornate oggetto di discussione e dunque propongo qui un grafico che ripercorre le tendenze sui consumi e sulle importazioni relative all’UE, basato sui dati pubblicati nel World Energy Outlook 2012.

UE a 27 - Elaborazione su dati IEA e Eurogas

Un dato spesso poco considerato è che le importazioni europee sono destinate a crescere a prescindere dal fatto che la domanda cresca. La produzione interna dell’UE sta infatti declinando naturalmente e non sono state al momento individuate riserve convenzionali (e quindi sfruttabili in tempi ragionevoli) tali da interrompere l’attuale declino dei campi esistenti.

UE a 27 - Elaborazione su dati IEA e Eurogas

Offshore LNG Toscana, tutto pronto

FSRU Toscana (© Anthony Vella - MarineTraffic.com)È arrivata oggi nelle acque antistanti Livorno la nave Golar Frost (oggi FSRU Toscana), la metaniera riconvertita in unità di rigassificazione galleggiante (FSRU, Floating Storage and Regasification Unit) che sarà ancorata in modo permanente al largo di Livorno.

La FSRU Toscana, privata dei motori e riconvertita in terminale a Dubai, è l’elemento centrale del progetto OLT (Offshore LNG Toscana) e sarà ancorata 12 miglia al largo di Livorno. Con una capacità di circa 137.500 metri cubi di GNL, la nave-terminale consentirà infatti la rigassificazione e l’invio a terra via condotta sottomarina del GNL trasportato dalle navi metaniere per una capacità massima annua di 3,75 Gmc, pari a circa il 5% del consumo nazionale.

OLT sarà così il terzo rigassificatore attivo in Italia, dopo Panigaglia (3,3 Gmc/a, ma attualmente quasi fermo) e Porto Viro (8 Gmc/a), ma è il primo interamente imbarcato su una metaniera. Si tratta di una modalità operativa recente, che mira a ridurre i costi e l’impatto ambientale, già ampiamente sperimentatata nel mondo (Regno Unito, Stati Uniti, Brasile, tra gli altri).

Sebbene la capacità del nuovo terminale rappresenti solo una frazione della capacità di importazione della rete italiana, il contributo in termine di aumento della concorrezialità potrebbe essere significativo.

Non solo infatti l’approvvigionamento non avviene sulla base di contratti di lungo periodo, ma i soci di OLT (E.On e Iren) hanno anche deciso di offrire al mercato tutta la capacità. In questo modo sarà teoricamente possibile per gli operatori italiani avvantaggiarsi delle basse quotazioni di eventuali carichi spot sui mercati internazionali.

ps: mercoledì 31 luglio alle 21:00 il titolare sarà ospite di una trasmissione sul tema a Granducato TV.