I contratti di Gazprom non li paghiamo noi

I contratti Gazprom li paghiamo noiIl gas naturale riesce ogni tanto ad attrarre interesse anche al di fuori degli addetti ai lavori (soprattutto quando si parla di bollette).

Massimo Riva paventa sul blog dell”Espresso il rischio che siano i consumatori italiani a pagare i costi dei contratti di lungo periodo con clausola ToP che Eni ha in essere con Gazprom. Il riferimento è al meccanismo di capacity payment invocato da Eni e in parte proposto dall’Autorità a novembre come assicurazione di prezzo, che però l’Autorità stessa ha poi rimosso nella proposta di febbraio.

Giuste le preoccupazioni di Riva (e di Passera), ma fortunatamente pericolo scampato. Anzi: l’Autorità sembra aver preso atto che ogni concessione fatta a Eni in materia di alleggerimento degli oneri derivanti dai contratti indicizzati al petrolio sottoscritti con Gazprom andrebbe, al momento della rinegoziazione, immediatamente incamerata dall’azienda russa. Senza evidenti benefici per Eni: essendo le rinegoziazioni relative all’eccesso di onerosità delle forniture russe, ogni risparmio si tradurrebbe in un mancato sconto.

Un pericolo più evidente è invece quello che nelle analisi si diffonda la convinzione che i profondi cambiamenti avvenuti nel mercato statunitense si trasmettano al di qua dell’Atlantico. Tramotanta (al momento) l’ipotesi di una rivoluzione del non convenzionale in Europa, uno scenario da più parti ipotizzato è quello di un mercato europeo inondato di economicissimo GNL americano.

Due problemi spiccano: uno, i volumi che gli operatori statunitensi riuscirebbero a esportare è quantomeno dubbio e sicuramente limitato da pressioni politiche. Due: avrebbe economicamente molto senso dirigere flussi ingenti di esportazioni (con i relativi investimenti infrastrutturali) verso un mercato stagnante e con un eccesso di capacità di importazione? È lecito dubitarne.

Più che il GNL statunitense, ad allarmare i tradizionali fornitori europei – quelli sì obbligati ad espotare in UE – è piuttosto l’incapacità dei decisori politici di far ripartire l’economia europea. Come dar loro torto?

 

Che fine ha fatto la sicurezza energetica

Che fine ha fatto la sicurezza energeticaSegnalo un puntuale ISPI Commentary di Matteo Villa dal titolo Che fine ha fatto la sicurezza energetica.

Il contributo, nel mettere in evidenza la ciclicità del tema nel dibattito pubblico nazionale, ricostruisce brevemente lo stato dei nuovi progetti infrastrutturali per l’importazione di gas nel nostro Paese. Particolarmente condivisibile il non comune richiamo al fatto che la sicurezza energetica sia un costante compromesso tra interesse nazionale e fattibilità economica.

Non mi trovo invece d’accordo con la valutazione del peso dei contratti di lungo periodo Eni-Gazprom sui rapporti Italia-Russia: rotto il monopolio di Eni sul mercato italiano, non è più possibile scaricare il costo dell’approvvigionamento internazionale sul consumatore interno. Proprio per questo Gazprom è costretta a continue concessioni a Eni (analogamente a quanto accade con gli altri grandi operatori europei), denunciando una posizione di relativa debolezza.

Iunge et impera? Rosneft vs. Gazprom

Rosneft vs. GazpromSu Repubblica di oggi si apprende una nuova evoluzione delle incessanti lotte per il potere – economico e politico – in Russia.

La tesi sarebbe che l’astro nascente di Igor Sechin, a capo di Rosneft, punterebbe a ridurre il peso economico e politico di Gazprom, guidata da Aleksej Miller e vicina a Dmitrj Medvedev, attraverso una divisione delle attività di quest’ultima. L’obiettivo sarebbe quello di creare un unico gigante dell’esportazione energetica russa, con il beneplacito di Vldimir Putin.

L’appoggio presidenziale all’operazione sarebbe naturalmente indispensabile, ma è tutt’altro che scontato. Se infatti Sechin – vecchia conoscenza di Putin – ha potuto contare l’anno scorso sull’appoggio del Cremlino nell’acquisizione del controllo di TNK-BP, riducendo il ruolo straniero e privato nel settore energetico russo, tutt’altro che scontato è invece l’appoggio presidenziale per un’operazione che favorirebbe un significativo aumento della concentrazione del potere in capo a Rosneft, con possibili conseguenze negative per la stabilità politica di tutto il sistema.

CDP e il settore reti del gas

Il mercato del gas naturale in Italia: lo sviluppo delle infrastrutture nel contesto europeoSegnalo un interessantissimo studio di settore della Cassa Depositi e Prestiti dal titolo Il mercato del gas naturale in Italia: lo sviluppo delle infrastrutture nel contesto europeo.

La CDP, controllata al 70% dal Ministero dell’economia e delle finanze, controlla a sua volta il 30% (meno un’azione) del capitale votante di Snam Rete Gas, rappresentandone l’azionista di riferimento. Il consolidamento delle attività in Italia e l’espazione a livello europeo del gestore di rete italiano lasciano intendere che CDP giocherà un ruolo molto rilevante nello sviluppo della rete europea.

Nabucco: RWE vende a OMV

OMV buys RWE stake in Nabucco gas pipeline projectL’austriaca OMV ha acquisito la quota della tedesca RWE all’interno del consorzio Nabucco, anche se non sono state fornite indicazioni sul prezzo pagato.

Fino all’operazione, le quote del Nabucco erano divise in modo paritetico (16,67%) tra sei soci: oltre a OMV e RWE, la bulgara BEH, la turca Botas, l’ungherese MOL e la rumena Transgaz.

Con l’operazione, OMV diventa l’azionista di riferimento, anche se sono già stati annunciati nuovi cambiamenti nella composizione del consorzio.

Sebbene fosse attesa da tempo, l’uscita di RWE segna un indebolimento del consorzio nella competizione con TAP per il trasporto del gaz azerbaigiano in UE.

Chi ha ucciso le rinnovabili?

Segnalo un paper di Assoelettrica dal titolo Chi ha ucciso le rinnovabili?Chi ha ucciso le rinnovabili?, dedicato ai tanti (e costosi) vizi del mondo delle rinnovabili italiane.

La crisi apparentemente senza fine del termoelettrico spinge alla resa dei conti con le rinnovabili (solare in primis), che stanno beneficiando di un sistema di incentivazioni che (eufemisticamente) potremmo definire distorsivo.

Lettura interessante – già ripresa la settimana scorsa da Derrick – ricca di dati e foriera di polemiche.