TAP-Governo: eppur (qualcosa) si muove

Visita Dassù-De Vincenti a Baku, focus su settore energiaDopo il tramonto dell’ITGI, si attendeva qualche segnale di appoggio da parte del Governo al TAP, l’infrastruttura superstite lungo il tracciato sud del corridoio destinato a trasportare il gas azerbaigiano di Shah Deniz II in UE, probabilmente dopo il 2018.

Come riportato dal Velino,  l’8 e 9 luglio i sottosegretari agli Esteri, Marta Dassù, sottosegretario agli Esteri, e Claudio De Vincenti, omologo al MSE, hanno effettuato una missione congiunta a Baku per incontrare i vertici del governo azerbaigiano, incluso il presidente Ilham Aliyev.

Sul tavolo di certo i temi energetici, visto che nel 2011 l’Azerbaigian è stato il primo fornitore di greggio dell’Italia. Importante per la sicurezza energetica italiana è sicuramente anche il fronte del gas naturale, visto che proprio dall’Azerbaigian potrebbe arrivare 10 Gmc di gas all’anno, in grado di aumentare sia la concorrenzialità del mercato finale, sia la resilienza del sistema nazionale di approvvigionamento. Si spera quindi che il Governo di Roma, dopo un lungo sostegno al progetto avversario, l’ITGI, abbia finalmente iniziato a mettere tutto il proprio peso a favore del TAP.

L’Italia ha parecchio da perdere: entro l’anno prossimo, i soci del consorzio di Shah Deniz (BP, Statoil e Socar) dovranno decidere se destinare il gas all’Italia oppure se favorire il Nabucco West e far arrivare il gas azerbaigiano in Austria, con evidenti ricadute negative per i consumatori italiani (un po’ meno per qualche operatore nostrano, ma questo è un altro discorso). Speriamo che il governo si dimostri all’altezza, elezioni permettendo.

Petrolio, la prossima rivoluzione

Leonardo Maugeri - Oil: the Next Revolution – The Unprecedented Upsurge of Oil Production Capacity and What It Means for the WorldTitolo forse un po’ roboante per un interessantissimo paper di Leonardo Maugeri, Oil: The Next Revolution. The Unprecedented Upsurge of Oil Production Capacity and What It Means For The World, pubblicato dalla Harvard Kennedy School.

Tra i punti chiave del lavoro, Maugeri sottolina alcune conclusioni:

  • il petrolio non sta finendo, i problemi nel suo sfruttamento non sono sotto la superficie, ma sopra (leggi: politici).
  • la nuova produzione nel corso del decennio si concentrerà in Iraq, Stati uniti, Canada (e Venezuela) e ogni problema politico in uno (si indovini quali) di questi Paesi potrebbe avere conseguenze destabilizzanti.
  • la produzione non convenzionale negli Stati Uniti non è una bolla e probabilmente si estenderà sempre più (con tempi e modi diversi) agli altri Paesi.
  • a livello aggregato la produzione convenzionale sta crescendo, ma in alcune aree (Nord America e Mare del Nord) sta diminuendo in modo irreversibile.
  • l’epoca del “cheap oil” è definitivamente tramontata, ma è non è ancora prevedibile a quale livello si attesterà il prezzo e le tecnologie non convenzionali potrebbero essere determinanti nel contenerlo.
  • il mercato petrolifero resterà molto volatile fino almeno al 2015. Dopo il 2015, i grandi progetti attualmente in cantiere dovrebbero aumentare la capacità produttiva mondiale, provocando una contrazione duratura dei prezzi (con un caveat: i consumi mondiali devono crescere meno dell’1,6% annuo per tutto il decennio).
  • gli scontri tra l’industria petrolifera e i gruppi ambientalisti rischiano di rallentare lo sviluppo di nuovi progetti (in Occidente) e sarebbe necessaria una rivoluzione nelle tecnologie di riduzione delle emissioni e dell’impatto ambientale.
  • in seguito all’aumento della produzione non convenzionale, l’Asia diventerà sempre più il mercato di riferimento per la produzione petrolifera mediorientale, rendendo la Cina un protagonista della politica nella regione.
  • la dipendenza dell’emisfero occidentale (leggi: Nord America) dalle importazioni petrolifere si ridurrà, ma non isolerà gli Stati Uniti dalle dinamiche dei mercati mondiali.
  • la crescita del non convenzionale indirizzerà le attività del’industria petrolifera verso l’emisfero occidentale per i prossimi decenni.

Buona lettura.

BP abbandona SEEP

Azerbaigian-Ue: i tracciati dei gasdotti alternativiSecondo quanto riportato da Reuters e FT, BP avrebbe abbandonato il progetto della South East Europe Pipeline, il gasdotto che avrebbe dovuto portare ai mercati dell’Europa orientale il gas di Shah Deniz II (Azerbaigian), collegandosi al TANAP.

Dopo la decisione di favorire TAP a ITGI lungo l’ipotesi di tracciato meridionale, i membri del consorzio di Shah Deniz (BP, Statoil e Socar) hanno così scelto il progetto finalista per la diramazione settentrionale: sarà Nabucco West, la versione ridotta a 10 Gmc del Nabucco, archiviato nel suo tracciato originale già da qualche mese.

Per l’anno prossimo è invece attesa la decisione su quale dei due tracciati, Nord (Nabucco West verso l’Austria) o Sud (TAP verso l’Italia), sarà infine costruito per il 2018.

La decisione di BP, che avrebbe partecipato direttamente alla costruzione di SEEP, è probabilmente riconducibile al difficile momento finanziario della società, alle prese con le conseguenze economiche delle perdite nel Golfo del Messico e con il tentativo di uscita dal consorzio TNK-BP in Russia.

Per quanto riguarda l’Italia, ora che i finalisti sono stati scelti, è fondamentale che il Ministero delle sviluppo economico, fino ad ora molto vicino al progetto ITGI, prenda atto della situazione e si mobiliti in tutte le sedi per favorire la realizzazione del TAP. L’arrivo del gas azerbaigiano consentirebbe di aumentare la diversificazione delle forniture all’Italia, favorendo la sicurezza energetica nazionale.

Credere nello Stato?

Carlo Lottieri - Credere nello Stato?La questione del ruolo dello Stato nell’economia e più in generale nella società è uno dei problemi centrali della riflessione politica. La spasmodica ricerca di una soluzione alla crisi economica ha solo riportato l’attenzione su un problema antico almeno quanto l’Occidente.

Il libro di Lottieri non riguarda direttamente il mondo dell’energia, ma ha molto da dire a chi se ne occupa. L’onnipresenza dell’azione dello Stato, la pretesa dei decisori politici di modificare continuamente regole e comportamenti senza rendere conto ai soggetti coinvolti, la decisione arbitraria di quali diritti e quali proprietà tutelare (e quali no) hanno tutti un’origine comune, che si può rintracciare nello stesso processo di formazione degli Stati contemporanei e nel loro affermarsi come monopolizzatori della fedeltà (e della fede) degli individui.

Un lavoro di ampio respiro, che grazie a una scrittura precisa ma scorrevole fa fare un viaggio a cavallo dei secoli, alla ricerca di sottili fili rossi visibili soltanto alzando lo sguardo dalle questioni immediate. Una lettura consigliata soprattutto a quanti osservano divertiti come gli individui, le imprese e i mercati trovino sempre il modo di sfuggire almeno in parte alle pretese assolutistiche di ogni Stato.


Carlo Lottieri
Credere nello Stato? Teologia politica e dissimulazione da Filippo il Bello a Wikileaks
Rubbettino, 2011, 196 pp.
ISBN/EAN:  978-88-498-3165-8
Scheda dell’editore
Servizio bibliotecario nazionale