Focus trimestrale sicurezza energetica – Q3 e Q4 2015

Focus trimestrale sicurezza energetica – Q3 e Q4 2015È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo al terzo e quarto trimestre del 2015, realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

Dopo un’introduzione dedicata all’analisi del contesto internazionale (inclusa la questione iraniana), il capitolo primo del Focus è dedicato all’analisi dei consumi energetici, con particolare attenzione al gas naturale e al suo approvvigionamento. Questi due capitoli sono realizzati dal sottoscritto.

Il capitolo secondo è invece dedicato all’offerta e, nello specifico, alle politiche dei Paesi produttori di gas naturale e dei Paesi di transito dei gasdotti attualmente in funzione o in fase di progettazione/realizzazione. Ai recenti sviluppi del sistema di infrastrutture di trasporto e alle prospettive di realizzazione di nuovi progetti è poi dedicato il capitolo terzo. Questi due capitoli sono realizzati da Carlo Frappi.

Sono presenti infine un approfondimento di Filippo Clô dedicato alle dinamiche della crisi petrolifera e un approfondimento di Chiara Proietti Silvestri dedicato all’Egitto e agli equilibri energetici nel Mediterraneo orientale.

Referendum 17 aprile: Cosa andiamo a votare?

0. Volantino 13 aprilePrima di entrare in silenzio stampa pre-voto, pubblico gli appunti che ho usato ieri sera durante uno stimolante dibattito organizzato dai giovani del PD presso Santa Maria Gualtieri a Pavia.

L’evento, in cui mi sono confrontato con il geologo di Edison, Roberto Calabrò, e con il già senatore della Repubblica e ambientalista, Roberto Della Seta, ha sviscerato i vari temi legati al referendum e alle sue implicazioni immediate e non.

Non ripeto qui le argomentazioni pro e contro esposte ieri sera. Gli appunti li potete scaricare qui. Molte informazioni ufficiali le potete trovare sul sito del Ministero per lo Sviluppo Economico.

Vi pongo solamente una domanda: l’Italia può diventare un paese in grado di gestire la modernità e attività produttive complesse come quelle degli idrocarburi, della metallurgia o altro?

Personalmente credo che invece di vietare un’attività perché se ne ha paura, bisognerebbe imporre degli elevati standard ambientali e poi monitorarne il rispetto, chiamando la magistratura ogni volta che qualcuno non si attiene (per negligenza o incompetenza) a quegli standard.

Un paese liberale e serio dovrebbe fare così.

Gli appunti sono disponibili qui.

 

L’età dell’abbondanza: come cambia la sicurezza energetica

Nicolazzi e Rossetto - L’età dell’abbondanza: come cambia la sicurezza energeticaDopo alcune settimane di latitanza, segnalo ai lettori di questo blog l’uscita del nuovo rapporto dell’ISPI dedicato all’energia.

Se quello dell’anno scorso aveva avuto un taglio per aree geografiche (Europa, Cina, Russia, Asia centrale, ecc.), l’edizione di quest’anno è invece incentrata sul concetto di sicurezza energetica, un tema emerso con forza nel dibattito pubblico e in quello accademico a partire dalle crisi petrolifere degli anni ’70, che hanno mostrato come l’approvvigionamento regolare di energia a prezzi abbordabili non potesse essere dato per scontato.

Proprio sulla scorta di quegli eventi, il concetto di sicurezza si è incentrato prevalentemente sulla disponibilità di fornitori e rotte d’importazione degli idrocarburi diversificate e sulla stabilità nel tempo dei prezzi delle materie prime energetiche.

Negli ultimi anni il panorama è tuttavia mutato e il concetto o, forse meglio, la sua rilevanza e la sua applicazione pratica vanno perciò ripensati e riqualificati.

A richiedere questo spostamento semantico sono da un lato il notevole aumento della disponibilità di fonti fossili di energia da 18-24 mesi a questa parte e, dall’altro, la questione climatica, al centro di quasi tutti i dibattiti sull’energia, anche in seguito alla Conferenza di Parigi.

Il primo fattore pone in evidenza questioni che potevano essere meno importanti in un contesto supply-constrained, come la sicurezza della domanda per i paesi esportatori e la sostenibilità degli investimenti in nuove riserve; mentre il secondo fattore rileva da un lato perché i negoziati internazionali esercitano un’influenza, perlomeno indiretta, sulle politiche energetiche dei paesi e perché, dall’altro, in un contesto climatico in cambiamento anche la domanda di energia e l’affidabilità delle forniture cambiano e vanno ripensate (si pensi ai frequenti picchi di domanda estiva, agli eventi climatici distruttivi e quant’altro).

Il rapporto cerca di far luce su questi temi presentando il punto di vista e il contributo specifico di una serie di esperti, provenienti dal mondo accademico, dalle imprese o dalle istituzioni.

In questo modo il rapporto riesce a fornire spunti d’interesse sia per lettori curiosi ma relativamente profani, che per quelli più esperti e consapevoli, cui magari interessa approfondire aspetti specifici o essere aggiornati sugli sviluppi recenti.

Detto questo non mi resta che augurarvi una buona lettura e una buona Pasqua.

PS: per chi fosse interessato, la versione cartacea sarà prossimamente disponibile presso Edizioni Epoké.

Approvvigionamento italiano di gas: Russia sempre centrale

Nel 2015 la domanda di gas in Italia è finalmente tornata a crescere. Parallelamente, anche le importazioni sono tornate ad aumentare: +5,3 Gmc, passando da 54,5 a 59,8 Gmc secondi i dati MiSE. Valori ben lontani dal record storico di 75,6 Gmc del 2006, ma pur sempre una buona notizia per le compagnie che hanno in portafogli i contratti di lungo periodo e per i fornitori internazionali dell’Italia, che negli ultimi anni hanno accusato duramente la crisi della domanda.

Il gas importato, infatti, non solo domina l’offerta (90,6% dei consumi), ma è anche quello che assorbe praticamente per intero tutte le oscillazioni della domanda, in positivo e in negativo. La produzione nazionale, pur avviata lungo un declino di lungo periodo, di fatto continua al massimo, a prescindere dall’andamento del mercato.

La composizione dell’approvvigionamento italiano di gas

Per quanto riguarda l’origine delle importazioni, le forniture russe hanno continuato a dominare il mercato italiano anche nel 2015 (49% del gas importato) e sono cresciute di 3,7 Gmc, soddisfando la maggior parte della nuova domanda. In seconda posizione il gas olandese e norvegese (17%), seguito da quello algerino (12%) e da quello libico (12%). Limitato il contributo del GNL (10%), pur in forte crescita (+32%).

L’origine delle importazioni italiane di gas

Per quanto riguarda l’utilizzazione delle infrastrutture, il dato più rilevante resta quello del sotto-utilizzo del gasdotto Transmed, che trasporta il gas algerino fino in Sicilia. Nel 2013, infatti, Eni, Enel e Edison hanno rinegoziato temporaneamente le quantità da importare sulla base dei contratti di lungo periodo, posticipando il ritiro dei volumi. Resta da vedere se quando arriverà il momento di recuperare gli obblighi contrattuali la domanda italiana si sarà ripresa a sufficienza e – soprattutto – quanto l’upstream algerino sarà in grado di tenere il passo, nonostante gli investimenti esteri negli ultimi anni siano stati inferiori alle attese.

La capacità di importazione delle infrastrutture e il livello di utilizzo medio nel 2015

La crisi dei mercati elettrici in Europa: alcune letture consigliate

OEISOggi vorrei segnalarvi due interessanti testi pubblicati negli ultimi mesi dall’Oxford Istitute for Energy Studies, che affrontano il tema della persistente crisi dei mercati elettrici europei e della difficile situazione in cui versano molte delle tradizionali utility elettriche.

Il primo pezzo, scritto da David Robinson, analizza i fattori che stanno spingendo verso l’alto i costi del sistema elettrico e verso il basso i ricavi delle imprese operanti nel settore. Questo effetto “forbice”, come lo soprannomina l’autore, è dovuto a: crescita stagnate della domanda di elettricità per colpa della crisi economica e delle politiche a favore dell’efficienza; crescente penetrazione delle fonti rinnovabili sussidiate tramite pagamenti fuori mercato; maggiore importanza della generazione distribuita e della partecipazione attiva della domanda.

Nei fatti questi fattori stanno creando un sistema non sostenibile che ridurrà l’incentivo per i privati a investire nel settore e quindi imporrà ulteriori correttivi di policy. Di fato la situazione attuale chiede che si decida se si vuole rinunciare alla liberalizzazione del settore elettrico.

Il secondo pezzo, invece, è stato scritto da Malcolm Keay e partendo dai fatti evidenziati da Robinson si sofferma sull’inadeguatezza dell’attuale struttura del mercato elettrico, incentrato sulla vendita dell’energia (kWh) e sull’ordine di merito economico. Per Keay questo sistema è strutturalmente inadatto al nuovo paradigma tecnologico, dove si persegue la decarbonizzazione della generazione elettrica e molti impianti a fonti rinnovabili hanno costi marginali praticamente nulli. Si passa perciò in rassegna a numerose possibili soluzioni, evidenziandone pregi e difetti. Particolarmente chiara è l’opposizione dell’autore ai mercati della capacità come soluzione per i problemi attuali. L’autore giunge pensino a suggerire un innovativo sistema basato su due mercati separati. Da valutare con attenzione.

Si tratta di temi molto importanti, che da tempo sono balzati anche agli occhi della Commissione europea. Quest’ultima la scorsa estate ha avviato un dibattito sulla riforma del mercato elettrico, che dovrebbe tradursi in una serie di proposte nei prossimi mesi. In Italia, Confindustria è già uscita con una sua posizione.

Vedremo cosa ne verrà fuori.

Quanto spazio per il mercato nel settore elettrico?

Rete elettricaSegnalo un contributo scritto da Andrea Renzulli per l’Osservatorio energia dell’ISPI, che tratta del mercato elettrico e del ruolo che in esso giocano gli operatori di sistema (in Italia l’operatore è Terna).

L’autore sottolinea che a causa delle caratteristiche specifiche dell’energia elettrica il mercato dell’elettricità richiede la presenza di un’organizzazione complessa e di un operatore che si occupi di garantirne il funzionamento in condizioni di continuità e sicurezza.

Proprio per la sua delicata funzione l’operatore di sistema agisce in condizioni di monopolio sottoposto a regolazione economica da parte del potere pubblico (in Italia il controllo spetta all’Autorità per l’ Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico e, in misura minore, al Ministero dello Sviluppo Economico).

Se da un lato esiste dunque una giustificazione tecnica ed economica ai privilegi e agli oneri riconosciuti all’operatore di sistema, Renzulli evidenzia d’altra parte come nelle attuali condizioni di domanda stagnate, riduzione dei prezzi dell’energia elettrica sui mercati all’ingrosso e penetrazione delle rinnovabili intermittenti, l’architettura attuale del sistema “isoli” l’operatore di sistema dal difficile momento vissuto dalle altre imprese attive nel mercato elettrico.

In particolare a Terna viene garantito un rendimento sostanzialmente sicuro sul capitale investito nella rete e viene riconosciuta una certa discrezionalità nel mercato del bilanciamento, l’anello della catena del valore dell’elettricità che sta diventando sempre più importante.

Da qui la conclusione che la concorrenza vera e propria fra operatori economici privati in condizioni di parità sia sempre più relegata ai margini. La liberalizzazione del mercato elettrico risulta perciò ancora lontana dal suo completamento.

Un tema sicuramente da approfondire anche alla luce delle proposte di riforma del mercato elettrico (rimanda a Confindustria).