I consumi di gas in Italia: andamento stagionale e importazioni

La stagione invernale è alle porte e, come ogni anno, i consumi di gas conosceranno il consueto aumento. Per comprendere rapidamente la portata del fenomeno, qualche grafico è la soluzione migliore (l’unità di misura sono i Mmc).

Andamento della domanda mensile di gas in Italia (2004-2014)In febbraio i consumi sono solitamente più del doppio di quelli di agosto. Questa variabilità è gestita attraverso due strumenti: gli stoccaggi e la modulazione delle importazioni. I quindici siti di stoccaggio italiani sono riempiti d’estate (tenendo la domanda più alta del consumo immediato) e svuotati d’inverno, aumentando l’offerta ben oltre la capacità di importazione e di produzione disponibili (e agendo di fatto come un’importazione differita).

Composizione dell’offerta mensile sul mercato italiano (2004-2014)Le direttrici di importazione sul mercato italiano sono essenzialmente quattro: Russia, Nord Europa (Olanda e Norvegia), Nord Africa (Algeria e Libia) e GNL (Qatar e altri). La Russia e il Nord Africa rappresentano la parte più importante, sia in termini di portata delle condotte, sia in termini di flussi effettivamente importati.

Negli ultimi due anni però i flussi dalla Russia hanno visto crescere il proprio ruolo, mentre i flussi nordafricani hanno perso di importanza, sia per l’instabilità in Libia, sia per una scelta coordinata con l’Algeria di ridurre temporaneamente i flussi.

Importazioni mensili italiane di gas per direttrice (2012-2014)I dati relativi alla prima decade di ottobre evidenziano un ritorno alla crescita dei flussi dalla Russia, di nuovo primi davanti ai consistenti flussi dal Nord Europa. Sempre bassi invece i volumi dal Nord Africa e in moderato recupero quelli via GNL.

Nel complesso il Nord Europa sta esprimento il massimo del potenziale, mentre la Russia conferma il proprio ruolo di asse portante della modulazione delle importazioni italiane.

Un ruolo che in caso di crisi in Ucraina dovrebbe invece almeno in parte svolgere la produzione algerina, che rappresenza la parte più consistente e affidabile dei flussi nordafricani.

Oltre che degli accordi sul fronte orientale, dunque, la priorità per il decisore politico nazionale è senza dubbio quella di garantire che la nostra “opzione B” resti affidabile. Sia dal punto di vista tecnico, sia in termini di stabilità politica.

Miller, monito all’Europa

Газпром - Выступление Алексея Миллера о прогнозах и проблемах мировой газовой отрасли на IV Петербургском международном газовом форумеParlando alla quarta edizione del Forum internazionale sul gas di San Pietroburgo, Alexei Miller ha parlato degli sviluppi del mercato mondiale del gas. Con un discorso indirizzato soprattutto ai partners europei.

Mentre infatti in questi giorni si gioca la partita del Winter Package per le forniture all’Ucraina nel prossimo semestre, Miller guarda al lungo periodo. E per il 2050 prevede consumi mondiali di 7.000 Gmc nel 2050, pari al doppio di oggi e a un tasso di crescita annua dell’1,8%. In questo modo, sempre secondo Miller, il gas arriverebbe a rappresentare un terzo dei consumi mondiali.

Un dato piuttosto alto, ma tanto le previsioni così di lungo periodo sono giusto un esercizio. Un primo messaggio però è chiaro: la domanda crescerà, parecchio. E non in Europa.

E qui viene il secondo punto centrale del discorso di Miller. I tre grandi mercati regionali del gas non sembrano aver fatto grandi passi in avanti verso una maggiore integrazione: Asia-Pacifico, Nord America ed Europa mantengono dinamiche piuttosto diverse.

In questo contesto, il GNL non sembra aver determinato una convergenza, restando soprattutto un mercato asiatico. E restando anche nel futuro un componente rilevante ma minoritaria (30%) dei commerci mondiali.

Con un tasso di utilizzazione del 20%, i terminali di rigassificazione europei ne sono una prova eloquente, secondo Miller. Che sottolinea anche come il mercato Nord Americano sia destinato a dover gestire crescenti problemi nell’aumentare la produzione di non convenzionale e quindi ad andare molto oltre l’autosufficienza.

Il futuro per Gazprom guarda sempre più a Oriente: Miller ricorda l’accordo con la Cina da 38 Gmc/a e parla di una possibile espansione fino a 100 Gmc/a. Ipotesi ambiziose e di lungo periodo, ma in qualche misura plausibili, viste le attese di crescita della domanda cinese. E vista la geografia delle riserve russe, che consente di servire via tubo due mercati regionali.

E l’Europa? Il successo delle politiche di sussidio alle rinnovabili è limitato, a differenza dei costi. E il tentativo di creare un mercato liquido si scontra con la limitata diversificazione dell’offerta, inevitabile a meno di non voler competere al rialzo coi compratori di GNL asiatici.

Il gas russo, in altre parole, continuerà a servire ai Paesi europei per avere energia a prezzi ragionevoli. Ma affinché sia così anche in futuro, servono da parte russa investimenti in capacità di produzione e trasporto.

E qui arriva il messaggio finale di Miller: i progetti di Gazprom lungo la catena del valore del gas possono essere modificati. Soprattutto se l’Europa non imbocca con decisione la strada del dialogo con Mosca.

Ucraina: 5 miliardi dall’Occidente per garantire i flussi?

RIA Novosti - Prodan: Ukraine, Russia Disagree on Gas Payment Schedule, Final Deal Still on TableLa negoziazione sul Winter Package è ancora in corso e si chiuderà probabilmente questa settimana. Iniziano tuttavia a essere più chiari i termini e le cifre in gioco.

Inizialmente – almeno al sottoscritto – non erano apparsi chiari i termini del possibile accordo. A un’analisi più approfondita delle diverse dichiarazioni, tra cui quelle del ministro ucraino dell’energia Prodan, emerge come la cifra che il governo ucraino complessivamente dovrebbe pagare quest’anno sia di almeno 5 miliardi di dollari.

Un totale di 3,1 miliardi sarebbero pagati in due o più tranches, a titolo di estinzione del debito. Si tratta di un cifra corrispondente alla valutazione del debito fatta dalla parte ucraina e che sarebbe dovuta anche in caso di una decisione favorevole a Kiev al termine dell’arbitrato.

A questa cifra si aggiungerebbero 1,925 miliardi di dollari per la fornitura di 5 Gmc a un prezzo di 385 dollari/kmc, da pagare anticipatamente rispetto alla consegna. Un eventuale ulteriore consegna di 2 Gmc, indicata come necessaria da Miller, aggiungerebbe 770 milioni, portando i pagamenti per il gas da consegnare a 2,695 miliardi e il conto totale a 5,795 miliardi. Il tutto nei prossimi tre mesi.

Oltre alla cifra complessiva, le parti divergono però anche sull’ordine con cui effettuare i pagamenti: Kiev vorrebbe prima pagare il gas in anticipo e poi iniziare a saldare il debito. Gazprom sembra invece inamovibile nel voler ricevere almeno una prima tranche di pagamento del debito, prima di accettare il pre-pagamento del gas e quindi iniziare le consegne.

Per i governi europei, la paura è che questo sia solo l’inizio di un’emorragia finanziaria necessaria a sostenere il governo di Kiev, sembre più debole economicamente. Paura che temo risulterà fondata.

Russia-Ucraina: accordo sul gas forse in settimana

Bloomberg - Russia, Ukraine Move Toward Interim Gas Deal Before Winter Un accordo temporaneo sulla ripresa delle forniture di gas russo all’Ucraina, il cosiddetto Winter Package, potrebbe arrivare giovedì o venerdì durante un incontro a Berlino.

L’accordo prevederebbe un pagamento da parte ucraina da 3,1 miliardi di dollari: 2 a ottobre e 1,1 a dicembre. In cambio, Gazprom fornirebbe subito 5 Gmc per il mercato ucraino, indispensabili per aumentare il livello di riempimento degli stoccaggi ucraini prima dell’inizio dell’inverno. Ora è al 52%, col nuovo gas russo salirebbe al 68%. Una spiegazione alternativa è che in realtà i nuovi volumi sarebbero usati per alimentare i consumi interni ucraini e prevenire un ulteriore svuotamento degli stoccaggi.

Il prezzo indicato è di 385 dollari ogni mille metri cubi e i 2 miliardi di ottobre servirebbero da pagamento anticipato per tutti e cinque i Gmc. Il saldo di dicembre potrebbe servire per ulteriori 3 Gmc, ma non è stato chiarito. : il pagamento anticipato dei volumi (1,9 miliardi di dollari) andrebbe a sommarsi ai 3,1 miliardi che Naftogaz pagherebbe per gli arretrati.

Sul tavolo resta la questione del debito di Naftogaz verso Gazprom. La cifra, secondo quanto riportato da Reuters, sarebbe di 5,3 miliardi di dollari. Intanto, Gazprom e Naftogaz hanno in sospeso un arbitrato per 4,5 miliardi (dei 5,3 totali) presso la Stockholm International Arbitration Court.

Il Winter Package servirebbe a scongiurare il rischio che Naftogaz devi i flussi di gas russo destinati ai mercati europei per coprire i propri consumi interni, come successo nel 2006 e nel 2009. Sarebbe tuttavia un accordo temporaneo, fino a marzo, in attesa che nella seconda metà del 2015 arrivi una decisione da Stoccolma, in base alla quale regolare i contratti futuri.

L’unica certezza resta in ogni caso l’origine dei fondi usati dal governo di Kiev per pagare, quelli del Fondo Monetario Internazionale, che in maggio ha concesso prestiti per 17 miliardi. E che potrebbe allargare ancora i cordoni della borsa,  concedendo a Kiev ulteriore credito per diversi miliardi. Dietro garanzia dell’Unione Europea, come dichiarato dal Commissario Oettinger.

Aggiornamento: in un’intervista su Russia24, Alexei Miller ha sottolineato come i 5 Gmc potrebbero non bastare a mantenere la stabilità del sistema e che occorre arrivare ad almeno 7 Gmc in totale per garantire la stabilità dei flussi.

Prezzi del greggio in discesa, rischi per i produttori

UP - Brent e WTI (al 23/09/2014)Nonostante l’instabilità in diverse aree produttive, a cominciare da quella mediorientale, i prezzi del greggio stanno conoscendo in queste settimane uno stabile declino. Qui la serie storica dell’IEA, aggiornata a tre giorni fa.

In queste settimane, il Brent si aggira sui 95 dollari al barile. Secondo le previsioni dell’IMF di settembre, nonostante una generalizzata aspettativa di rialzo, anche per l’anno prossimo il rischio di un calo sotto i 100 dollari al barile è molto concreta: 51%. Per il terzo mese consecutivo, l’istituto ha rivisto al rialzo il rischio: a giugno le probabilità erano del 26%.

A pesare, oltre alla nota debolezza dei consumi in molti Paesi occidentali, c’è anche l’attesa di un rallentamento della crescita economica nei Paesi emergenti, che ridurrebbe a sua volta la nuova domanda di materie prime, tra cui l’energia.

In altre parole, cresce la percezione che i fondamentali del mercato petrolifero stiano cambiando, a prescindere dalle oscillazioni dovute alle crisi di breve periodo. La minor crescita della domanda starebbe infatti spingendo strutturalmente verso il basso le quotazioni del greggio, proprio mentre molti investimenti effettuati negli anni passati stanno arrivando sul mercato.

Il calo delle quotazioni potrebbe in particolare colpire due Paesi molto importanti per l’Italia: Russia e Algeria. Nel caso della Russia, la situazione è delicata: le esportazioni di gas e petrolio rappresentano il 74% delle esportazioni e il 18% del PIL. Inoltre, il bilancio pubblico per i prossimi anni si basa su un prezzo di riferimento di 100 dollari al barile, più basso che in passato ma in ogni caso elevato.

Il fondo di riserva e il fondo pensionistico sono però consistenti (180 miliardi di dollari), così come le riserve di valuta (468 miliardi a luglio), mentre il bilancio presenta ampi margini di manovra, sia sui tagli, sia sull’indebitamento. Inoltre, attualmente il deficit è dello 0,6% del PIL: nonostante le sanzioni, esiste per il governo anche la possibilità di raccogliere fondi, sia russi sia stranieri.

La situazione è decisamente più grave per l’Algeria: le esportazioni di gas e petrolio valgono il 98% del totale delle esportazioni e il 32% del PIL. Il dato più preoccupante è tuttavia quello del bilancio pubblico: la bozza per il 2015 prevede un deficit pari al 22% del PIL, in aumento di 16 punti percentuali. E questo con il petrolio previsto a 100 dollari al barile.

Nonostante il fondo di regolazione (70 miliardi) e le riserve di valuta  (200 miliardi, più o meno 100% del PIL), in caso di calo strutturale delle quotazioni i rischi di un rapido peggioramento della situazione sono molto concreti. A peggiorare il quadro concorre inoltre il fatto che la spesa pubblica sia usata per finanziare una serie di sussidi al consumo (cereali, petrolio, gas) vitali per il mantere il sostegno al governo.

Insomma, come sempre è meglio vigilare su tutti i fronti.

Le sanzioni colpiscono l’upstream russo nell’Artico

FT - Exxon winds down Russian Arctic drilling campaignLa multinazionale petrolifera per eccellenza, ExxonMobil, ha dovuto interrompere le operazioni di perforazione nell’Artico russo a causa delle nuove sanzioni statunitensi. In particolare, Exxon ha bloccato i lavori della piattaforma West Alpha nel campo Universitetskaya-1, iniziati ad agosto.

Exxon è impegnata in un programma di investimenti da 700 milioni di dollari per l’espansione della produzione artica di cui fanno parte i lavori interrotti, nel quadro di una joint-venture con Rosneft da 3,2 miliardi di dollari.

Le sanzioni statunitensi iniziano così a fare male, anche se a breve termine gli effetti sono limitati. Di qui al 2020, però, il mancato sviluppo delle riserve artiche potrebbe costare alla Russia fino al 20% della propria produzione. Forse le stime sono un po’ alte, ma la tendenza è chiara.

Nel 2013 la Russia è stata il secondo produttore mondiale (12% del totale), con 10,8 milioni di barili, 700 mila meno dei sauditi ma 800 mila più degli statunitensi. Con 325 miliardi di export, il petrolio e i suoi derivati pesano per il 62% degli attivi di bilancia commerciale per Mosca.

Molto più dei 53 miliardi di dollari di gas che Gazprom dichiara di aver venduto fuori dall’ex-Urss nel 2013. Il gas però sembra una partita alquanto diversa.

Con le sanzioni, a rischio potrebbe esserci anche la tempistica dello sviluppo di Yamal LNG, l’investimento da 27 miliardi di dollari per un terminale di liquefazione da circa 22 Gmc/a sviluppato da una joint-venture tra Total, Novatek e China National Petroleum Corporation.

La storia in questo caso potrebbe però essere diversa: a limitare gli effetti delle sanzioni finanziarie potrebbero però arrivare capitali russi per 2.6-3.9 miliardi di dollari. A cui si aggiungerebbero, secondo le stime di Novatek, 20 miliardi di dollari della China Development Bank Corporation.

E i Paesi asiatici potrebbero giocare un ruolo anche nel fornire tecnologia per le attività di trivellazione: Igor Sechin in un’intervista a Der Spiegel ha ricordato che se i produttori tedeschi non vorranno fornire macchinari ai clienti russi, questi si rivolgeranno ai fornitori coreani e cinesi. Una boutade, ma non priva di fondamento.

La diversità tra i progetti di liquefazione del gas e quelli di trivellazione artica è in larga parte dovuta al diverso livello di complessità delle operazioni, per il momento possibili solo per i colossi occidentali. Tuttavia, anche se richiederà anni, l’avanzamento tecnologico asiatico è solo questione di tempo e di opportunità.

Opportunità che l’Occidente sembra offrire a ripetizione, noncurante delle conseguenze future delle scelte attuali.