Quattro ragioni per cui il prezzo del gas scenderà

Why gas prices will fallI fondamentali del mercato del gas naturale a livello globale indicano che i prezzi sono destinati a scendere. A sottolinearlo è Nick Butler, che dal suo blog sul sito del FT mette in evidenza quattro ragioni a sostegno della sua tesi.

La prima è che l’offerta di gas convenzionale è abbondante: le riserve provate a livello mondiale sono più alte di dieci anni fa ed esistono buone possibilità che nel sottosuolo dei grandi produttori (Russia, Iran, Stati Uniti) se ne trovino altre non ancora esplorate.

La seconda è che la diffusione del gas naturale liquefatto (costruzione di terminali e di metaniere) stanno connettendo sempre di più i tre grandi mercati regionali, mettendo in discussione le formule contrattuali indicizzare al petrolio (e più in generale le pratiche commerciali).

La terza è che il Giappone, dopo la sbornia post-Fukushima, tornerà con decisione al nucleare, facendo venire meno parte della domanda di GNL a caro prezzo sul mercato dell’Asia orientale. La vittoria del partito di Abe alle recenti elezioni non fa che rafforzare questa tendenza.

La quarta è che ci sono limiti alla domanda. In Europa, a causa della crisi economica e dei soliti (masochistici?) vincoli alle emissioni. In America, a causa del carbone sempre più competitivo. In Asia, pure con consumi destinati a crescere, si addensano dubbi sulla reale portata della futura crescita cinese e sulle capacità infrastrutturali indiane.

Tutto questo senza nemmeno considerare l’impatto di un possibile aumento della produzione non convenzionale fuori dal Nordamerica. Si prospettano ottime notizie dunque per i consumatori e – legislatore permettendo – perfino per le imprese europee.

Un po’ meno buone le notizie per quei produttori, come Gazprom e Sonatrach, che basano la propria redditività sugli alti margini garantiti dalle vecchie formule contratturali sempre più fuori mercato.

Le difficoltà si prospettano anche per i loro clienti, ossia i grandi operatori europei, che dovranno continuare nel braccio di ferro negoziale e arbitrale per restare competitivi sui mercati.

La notizia non è buona, infine, nemmeno per molti lobbisti delle rinnovabili, che di fronte a prezzi in discesa faranno sempre più fatica a trovare una giustificazione il crescente costo-opportunità dei sussidi alle rinnovabili.

Gazprom aumenta la pressione su Naftogaz

Gazprom: l'Ucraina deve stoccare 19 m.di mcSi fa sempre più difficile la situazione di Naftogaz, la compagnia energetica statale ucraina. Secondo quanto riportato da Snam RG, Gazprom è tornata a fare pressione su Naftogaz affinché acceleri le operazioni di stoccaggio del gas in vista della stagione invernale.

Attraverso la rete ucraina transita ancora oltre metà del gas diretto verso i clienti UE e senza un’adeguata capacità di stoccaggio lungo le linee di esportazione si accresce il rischio di non riuscire a far fronte a eventi eccezionali.

Secondo Gazprom, Naftogaz deve iniettare oltre 19 miliardi di metri cubi entro l’autunno per garantire un livello adeguato e “onorare gli impegni di transito ininterrotto verso l’Europa”.

Per favorire le operazioni, Gazprom ha versato un miliardo di dollari come pagamento anticipato per gli oneri di transito a Naftogaz. In questo modo la società ucraina ha la liquidità per acquistare – sempre dai russi – il gas da stoccare.

La situazione finanziaria di Naftogaz è sempre più complicata: i debiti della società continuano a crescere e le possibilità di ripagarli sono sempre più lontane. Alle inefficienze e alla necessità di crescenti investimenti solo per mantere l’operatività si sommano anche le difficoltà politiche ad aumentare le tariffe ai clienti sul mercato interno.

Considerando la crescente disponibilità di capacità di trasporto attraverso altri gasdotti (Yamal-Europa, Nord Stream), Naftogaz ha perso buona parte della propria capacità di ricatto rispetto a Gazprom ed è dunque probabile che nei prossimi anni si assista a un ingresso russo nell’azionariato della società ucraina, a compensazione dei debiti accumulati.

Il sistema cinese alla sfida del non convenzionale

FT - China set to miss targets for shale gasfield developmentSecondo quanto riportato dal FT, il governo cinese non riuscirà a garantire i livelli di produzione di gas non convenzionale annunciati per il 2015. Si trattava peraltro di livelli tutto sommato contenuti: 6,5 miliardi di metri cubi (Gmc), 2% dei consumi cinesi (statistiche ufficiali, giova ricordare).

La prima ragione del fallimento annunciato è la carenza di tecnologia e soprattutto di capacità operative da parte delle compagnie cinesi. Un secondo fattore sarebbe amministrativo, data la difficoltà di gestire le autorizzazioni per le condotte.

Un terzo fattore è poi direttamente collegato alla natura dello stato cinese: i prezzi del gas sono stabiliti per decreto e sono stati molto bassi negli ultimi anni. Ora è stato annunciato un aumento per i clienti non residenziali del 15%, ma è troppo tardi rispetto ai tempi di sviluppo (inoltre, possono variare arbitrariamente in futuro, anche in base agli obiettivi di inflazione).

Nel 2012 la Cina ha prodotto 0,5 Gmc di gas non convenzionale e un aumento a 6,5 Gmc in due anni appare difficile. Le difficoltà attuali gettano un’ombra sulle reali possibilità dell’economia cinese di raggiungere gli ambiziosi livelli previsti per i prossimi decenni.

INGRANDISCI - Composizione della produzione cinese di gas al 2035 (fonte IEA)Secondo i dati IEA, nel 2035 la produzione non convenzionale cinese dovrebbe arrivare a circa 235 Gmc, di cui 115 di gas associato al carbone, 95 di gas da argille, 25 di gas da sabbie compatte, coprendo oltre il 40% del fabbisogno cinese previsto (544 Gmc). Tenendo sempre a mente che si tratta di stime a oltre 20 anni, sono in ogni caso dati molto alti.

Non si può fare a meno di pensare che un tale aumento della produzione sarà di difficile gestione senza riforme diffuse nel Paese. Più in generale, sembra che anche sul fronte energetico inizino a emergere segnali di una crescente difficoltà a mantenere la competitività del sistema economico senza un superamento dell’attuale sistema politico, che per ragioni organizzative (burocrazie sovrapposte) e simboliche (la legittimità del sistema resta basata sul Partito Comunista). Superamento tutt’altro che facile, naturalmente.

Quando i sussidi battono l’efficienza

Luglio, nuove tariffe: su l'elettricità, giù il gasDa oggi sono in vigore le nuove tariffe dell’energia elettrica e il gas naturale per i clienti del servizio di maggior tutela. Le variazioni (+1,4 elettricità, -0,6% il gas) sono analizzate qui.

Un dato relativo alla bolletta elettrica è però davvero curioso: quello degli oneri generali di sistema, ossia la categoria che raccoglie tutti i vari sussidi che pesano sui consumatori e che vale quasi un quinto dell’importo totale.

Rispetto alle tariffe del trimestre precedente, gli oneri generali di sistema restano invariati sia in valore assoluto (98 euro) sia all’incirca in peso percentuale (19%). Quello che cambia è la loro composizione interna.

Perché i sussidi alle rinnovabili (componente A3) continuano inesorabilmente a crescere di valore e sono arrivati a rappresentare il 93% degli oneri generali di sistema (nel trimestre scorso erano il 91%). Per una famiglia media, si tratta di 91 euro all’anno (nel trimestre scorso erano 88,8).

Visto che gli onesi complessivi sono rimasti invariati, dove si è scelto di tagliare? Nei sussidi alle ferrovie (A4)? In quelli per lo smantellamento delle centrali nucleari (A2)? Certo che no: si è tagliato sull’efficienza energetica, che passa dal 3% all’1% degli oneri, ossia da 2,7 a 1,2 euro all’anno a famiglia.

A scanso di equivoci, la scelta di non aumentare gli oneri mi sembra molto assennata. Credo allo stesso tempo che ci sia poco da aggiungere circa la lungimiranza della scelta di pagare profumatamente i produttori di rinnovabili – ponendo fuori mercato i termoelettrici – e intanto spendere poco o nulla in efficienza.

Il gas azerbaigiano arriverà in Italia

TAP: il tracciatoDopo diversi giorni di indiscrezioni e conferme indirette, è arrivato oggi l’annuncio ufficiale che sarà il gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) a trasportare il gas azerbaigiano sul mercato europeo, arrivando sulle coste pugliesi in prossimità di San Foca (LE).

La produzione della fase 2 del consorzio Shah Deniz arriverà in Italia transitando per tre diversi gasdotti. Dopo essere estratto dal fondale del Caspio, il gas passerà prima attraverso l’espansione del South Caucuasus Pipeline, in Azerbaigian (443 km) e Georgia (250 km). Poi attraverserà tutta la Turchia per circa 1.700 km lungo il Trans Anatolian Pipeline (TANAP). Infine, arriverà con il TAP direttamente nella rete di Snam RG, attraversando prima la Grecia (550 km), l’Albania (210 km) e il Canale d’Otranto (105 km).

La capacità di trasporto iniziale del TAP sarà di 10 miliardi di metri cubi (Gmc). Per avere un paragone, nel 2012 i consumi dell’Italia sono stati pari a 73 Gmc, quelli europei a 466 Gmc. Nello stesso anno, le importazioni dalla Russia sono arrivate a 107 Gmc.

Il gas azerbaigiano arriverà in Italia non prima del 2019: per quell’anno, i consumi italiani dovebbero essere tornati intorno agli 80 Gmc e le importazioni russe dovrebbero essere aumentate a circa 130-140 Gmc.

Questi pochi numeri sono sufficienti a intuire come l’apporto del gas azerbaigiano alla sicurezza energetica europea sia rilevante ma non determinante. E soprattutto come la costruzione del gasdotto non rappresenti un’alternativa alle importazioni russe, ma solo un complemento.

L’importanza del gas azerbaigiano risiede soprattutto nella possibilità di portare nuovi volumi di gas in competizione sul prezzo, permettendo di aumentare il livello di concorrenzialità del mercato, europeo ma soprattutto italiano.

La possibilità di offrire sul mercato il gas azerbiagiano a prezzi competitivi è stato il fattore determinante che ha consentito a TAP di vincere la concorrenza di Nabucco West, diretto in Austria. A fronte di una capacità di trasporto analoga, la stima del costo di TAP è infatti di 5-5,5 miliardi di euro, contro gli 8 del Nabucco. Dati i fondamentali economici, nulla ha dunque potuto l’appoggio politico della Commissione europea.

L’Italia è il paese che maggiormente beneficerà della nuova infrastruttura e infatti il governo ha tardivamente ma attivamente appoggiato il progetto. Innanzitutto, TAP aumenterà la sicurezza energetica nazionale: 10 Gmc sono un contributo marginale a livello europeo, ma per l’approvvigionamento italiano sono un importante fattore di diversificazione.

In secondo luogo, gli effetti in termini di concorrenzialità del mercato interno potranno essere rilevanti perché per la prima volta il metano sarà importato via tubo senza alcun coinvolgimento di Eni, che è ancora il principale operatore.

In terzo luogo, la volontà dei soci di TAP di raggiungere anche gli altri mercati europei creerà un forte incentivo a una maggiore integrazione del mercato italiano con quelli confinanti, consolidando la convergenza dei prezzi e aumentando la resilienza della rete nazionale, nel caso fossero potenziate le connessioni fisiche.

Finalmente una buona notizia per l’Italia, oltre che per la Grecia e l’Albania. Dopo le tante battute d’arresto sui rigassificatori, finalmente gli operatori internazionali tornano a investire nel Sud dell’Europa.

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Approfondimento: INFOGRAFICA – Trans Adriatic Pipeline

La bolletta elettrica e le promesse del Governo

Il Ministro dello sviluppo economico, Flavio ZanonatoNei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha approvato un importante decreto in cui spiccano una serie di interventi sulla bolletta elettrica. In particolare, è prevista una progressiva rimodulazione del valore del sussidio alle fonti rinnovabili e assimilate (Cip 6), nonché il blocco di un aumento del sussidio all’energia elettrica prodotta da impianti a biocombustibili liquidi.

In totale queste norme dovrebbero evitare un aumento/ridurre la bolletta elettrica per circa 500 milioni di euro. Si tratta di un risparmio importante, che però potrebbe essere totalmente annullato, qualora il Governo adottasse una misura di cui si discute da qualche tempo e che prevede uno sgravio pari a circa 600 milioni di euro a beneficio delle grandi imprese energivore. Uno sgravio, chiaramente, che dovrebbe essere coperto dagli altri consumatori di elettricità, famiglie e piccole imprese in primis.

C’è da augurarsi che il ministro Zanonato, coerentemente con la sua promessa di eliminare rendite e oneri impropri dalla bolletta, decida di rinunciare a questa nuova misura, che genererebbe un aumento delle bollette delle famiglie di circa 10-20 euro all’anno, e che renderebbe ancor più una chimera il parlare di concorrenza e libertà nel mercato dell’energia elettrica.

Se il prezzo finale dell’energia elettrica è per oltre la metà vincolato dagli oneri generali di sistema e dalla fiscalità, che concorrenza di prezzo potrà mai esserci?
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