La Grecia, in ginocchio per la crisi economica e il severo piano di austerità imposto dalle organizzazioni interazionali, è costretta a fare cassa con un piano di dismissini pubbliche su vasta scala.
Tra le compagnie in vendita c’è Depa, la società che gestiste il trasporto del gas naturale (tramite Desfa) ed è attiva nella vendita all’ingrosso e nella distribuzione.
Fin da quando l’operazione è stata annunciata, l’agenzia per le privatizzazioni greca (Hradf) ha trovato un poteziale acquirente con tanta liquidità e una consolidata esperienza nel settore. Benissimo? Macché! Perché l’acquirente è sulla lista nera della Commissione: si tratta di Gazprom.
L’azienda russa non solo è oggetto di un’indagine della Commissione per presunte limitazioni al mercato in Europa orientale, ma è anche un operatore verticalmente integrato (per eccellenza, peraltro). E qui le valutazioni politiche la fanno da padrona.
Il considerando 22 della direttiva sul gas del terzo pacchetto energia (2009/73/CE) prevede che
Persone di paesi terzi dovrebbero pertanto essere autorizzate a controllare un sistema di trasporto o un gestore del sistema di trasporto soltanto se soddisfano i requisiti di separazione effettiva che si applicano all’interno della Comunità.
Sembrerebbe una previsione abbastanza restrittiva (qualcuno è arrivato a chiamarla senza tante perifrasi «clausola anti-Gazprom»). La previsione è rafforzata dall’articolo 11 (Certificazione in relazione ai paesi terzi), che prevede che, in caso di acquisizione di un sistema di trasporto di un soggetto non-UE, l’autorità nazionale decida se il soggetto rispetti le disposizioni in materia di unbundling e che «il rilascio della certificazione non metterà a rischio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dello Stato membro e della Comunità».
La decisione deve essere notificata alla Commissione, che a sua volta esprime un parere non vincolante. Considerando che in caso di acquisizione di Depa da parte di Gazprom è facile immaginare che l’autorità di regolazione dell’energia (Ρυθμιστική Αρχή Ενέργειας) decida favorevolmente, la partita si sposterebbe a Bruxelles.
Un parere sfavorevole della Commissione avrebbe ampio fondamento legale, ma sarebbe molto difficile da giustificare politicamente: imporre al governo greco un’austerità recessiva e un piano di dismissioni forzate anziché un salvataggio più morbido ha già fatto danni alla popolarità e alla legittimità delle istituzioni europee.
Opporsi a una privatizzazione (imposta) che per Atene vale 900 milioni di euro metterebbe la Commissione in una posizione particolarmente difficile. Alla luce di questo, si capisce lo slittamento dei termini per le offerte per Depa, anche se entro il mese di giugno è probabile che la partita si chiuda, magari con l’intervento di Socar, l’operatore di stato azerbaigiano, interessato alla sola Desfa.
ps: sulla questione della compatibilità di quanto previsto per i paesi terzi nella direttiva 2009/73/CE con il regime WTO, segnalo questo interessante paper.