Geopolitica dell’energia – Consumi e dipendenza

Matteo Verda – Consumi di energia primaria e livello di dipendenza delle principali economie (dati BP)Le grandi economie mondiali sono caratterizzate da consumi e da livelli di dipendenza dalle importazioni eterogenei, con implicazioni di sicurezza energetica piuttosto diverse.

Secondo di dati riportati dal BP Statistical review of world energy 2012, nel 2011 il consumo di energia primaria mondiale è stato di 12.275 Mtep. La Cina è stata il primo consumatore mondiale (2.613 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio consumate), seguita da USA (2.269 Mtpe), UE (1.691 Mtep), Russisa (686 Mtep), India (559 Mtep), Giappone (478 Mtpe), Brasile (267 Mtpe).

La quota combinata di USA e UE è stata del 36%, in forte diminuzione rispetto a dieci anni prima, quando era stata del 43%. Parallelamente, i consumi cinesi sono più che raddoppiati e la loro quota sul totale mondiale è passata dall’11% al 21%, a testimoniare la veloce redistribuzione geografica dell’attività manifatturiera ed economica in generale.

Per quanto concerne il livello di dipendenza, inteso come il contributo delle materie prime energetiche importate sul totale del consumo di energia primaria, la graduatoria vede invece al primo posto il Giappone (87%), UE (56%), India (37%), USA (20%), Brasile (10%), Cina (6%). Tra le grandi economie mondiali, l’unico paese esportatore è la Russia, che nel 2011 ha ceduto sui mercati internazionali 606 Mtep, pari al 47% di quanto prodotto (e all’88% di quanto consumato internamente).

Il dato del livello di dipendenza dalle importazioni rappresenta un possibile punto di partenza per analizzare la sicurezza energetica di un Paese, ma deve essere completato dal dato relativo alla composizione del paniere energetico e dalla struttura dell’approvvigionamento energetico. Questi temi saranno affrontati in un altro post.

Per approfondire: database.

L’Algeria, l’Italia e le fregate: i danni della debolezza politica

La FREMM Bergamini in cantiereLa sicurezza energetica è fatta – anche – di relazioni bilaterali coi Paesi produttori e di un allargamento della cooperazione economica che stabilizzi i rapporti e vada a beneficio di tutti, compresa l’industria nazionale. Quello che l’Italia non sembra proprio riuscire a fare, nemmeno con l’Algeria, uno dei suoi partner chiave in materie di energia.

Come riportato dalla RID di luglio, il governo algerino ha concluso un accordo da 2,2 miliardi di euro con la Thyssen Krupp per la fornitura di due fregate MEKO A-200, preferite alle FREMM prodotte da Fincantieri. Si tratta di un brutto colpo per l’industria nazionale, arrivato inaspettatamente: le fregate italiane sono migliori, tecnologicamente più avanzate ed erano le preferite dei vertici militari algerini.

E allora perché non sono state scelte? Decisione politica: il governo algerino è risultato sensibile alle pressioni fatte direttamente dal governo tedesco, ancora una volta bravissimo a sostenere la propria industria (e ancora una volta ai nostri danni).

Eppure il rapporto economico dell’Algeria con l’Italia non è da poco: oltre 20 Gmc annui di fornitura, pari (a spanne) a un terzo dei consumi di gas e a un decimo dei consumi di energia primaria italiani. Non briciole, insomma, che peraltro portano nelle casse di algerine quasi 10 miliardi di dollari l’anno, cifra difficilmente comparabile con i 400 milioni di dollari del mercato tedesco. E anche sul fronte dell’import, sulla carta l’Italia è molto più forte: nel 2010, il controvalore delle importazioni algerine dall’Italia è stato di 4,1 miliardi, contro i 2,4 delle importazioni dalla Germania (dati UNCOMTRADE).

Ancora una volta insomma il nostro Paese sconta una debolezza politica che sembra non finire mai. Ad essere danneggiata non è solo la sicurezza energetica del nostro Paese, visto che tutto sommato Sonatrach sarà sempre ben contenta di fare cassa con il gas venduto in Italia, ma è l’economia nazionale nel suo complesso. Ma per capirlo ci vorrebbe prima una classe politica all’altezza.

[crossposting con Epoké]

BP Statistical Review: il mistero dei dati ritoccati

BP Statistical Review 2012Leggendo con attenzione il BP Statistical Review of World 2012, saltano all’occhio non poche discrepanze rispetto ai dati storici riportati nell’edizione precedente.

In particolare, per quel che riguarda il gas naturale, due dati relativi all’Asia centrale sono molto interessanti: quello relativo alla produzione kazaka e quello relativo alle riserve turkmene.

BP ha rivisto pesantemente al ribasso il dato relativo alla produzione kazaka di gas naturale dal 1996 in poi. Evidentemente, non si tratta di aggiustamenti statistici minori: la riduzione media è del 29%, con un picco nel dato relativo al 2010, ritoccato del 48% (17,6 anziché 37,6 Gmc) (vedi tutta la serie).

BP ha invece rivisto al rialzo il dato relativo alle riserve turkmene di gas naturale. E che rialzo! Nell’edizione 2011, le riserve stimate al 2010 erano di 8.000 Gmc (pari al 4,3% del totale mondiale), mentre nell’edizione 2012, le riserve stimate sempre al 2010 sono di 13.400 Gmc (pari al 6,8% del totale mondiale). Non esattamente decimali. A questo si aggiunge anche, sempre nell’edizione 2012, le riserve al 2011 sono stimate in 24.300 Gmc: +82% su base annua (e un balzo all’11,7% delle riserve mondiali)!

Se qualcuno ha spiegazioni, si faccia avanti: BP è lapidaria in merito («BP regrets it is unable to deal with enquiries about the data in BP Statistical Review of World Energy June 2012.»).

 

BP abbandona SEEP

Azerbaigian-Ue: i tracciati dei gasdotti alternativiSecondo quanto riportato da Reuters e FT, BP avrebbe abbandonato il progetto della South East Europe Pipeline, il gasdotto che avrebbe dovuto portare ai mercati dell’Europa orientale il gas di Shah Deniz II (Azerbaigian), collegandosi al TANAP.

Dopo la decisione di favorire TAP a ITGI lungo l’ipotesi di tracciato meridionale, i membri del consorzio di Shah Deniz (BP, Statoil e Socar) hanno così scelto il progetto finalista per la diramazione settentrionale: sarà Nabucco West, la versione ridotta a 10 Gmc del Nabucco, archiviato nel suo tracciato originale già da qualche mese.

Per l’anno prossimo è invece attesa la decisione su quale dei due tracciati, Nord (Nabucco West verso l’Austria) o Sud (TAP verso l’Italia), sarà infine costruito per il 2018.

La decisione di BP, che avrebbe partecipato direttamente alla costruzione di SEEP, è probabilmente riconducibile al difficile momento finanziario della società, alle prese con le conseguenze economiche delle perdite nel Golfo del Messico e con il tentativo di uscita dal consorzio TNK-BP in Russia.

Per quanto riguarda l’Italia, ora che i finalisti sono stati scelti, è fondamentale che il Ministero delle sviluppo economico, fino ad ora molto vicino al progetto ITGI, prenda atto della situazione e si mobiliti in tutte le sedi per favorire la realizzazione del TAP. L’arrivo del gas azerbaigiano consentirebbe di aumentare la diversificazione delle forniture all’Italia, favorendo la sicurezza energetica nazionale.

BP Statistical Review of World Energy 2012

BP Statistical Review 2012Il BP Statistical Review 2012 rappresenta la raccolta di dati sull’energia più ampia e completa tra quelle disponibili apertamente. Proprio in questi giorni è uscita, come da tradizione, l’edizione con i dati aggiornati all’anno scorso.

Tante le conferme delle tendenze in atto: consumi mondiali di energia in lieve aumento (a 12.275 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, +2,5% rispetto al 2010), trainati dalla Cina (2.613 Mtep, +8,8%), ormai stabilmente primo consumatore mondiale, e in misura minore dalla Russia (686 Mtep, +2,5%). Tendenza opposta invece per Stati Uniti (2.269 Mtep, -0,4%), Ue (1.691 Mtep, -3,1%) e Giappone (478 Mtep, -5,0%).

Per quanto riguarda la composizione dei consumi, cresce il peso delle rinnovabili diverse dall’idroelettrico (1,6% dei consumi mondiali di energia primaria, con l’Ue primo consumatore mondiale) e soprattutto del carbone (30,3% ), vero e proprio motore dello sviluppo mondiale, ormai prossimo a insidiare il primato del petrolio quale prima fonte (sceso quest’anno al 33,1%). In lieve calo l’idroelettrico (6,4%) e il nucleare (4,9%, sul quale ha pesato Fukushima), stabile il gas naturale (23,7%).

Taggato

GNL: Asia e spot in crescita

GIIGNL - The LNG Industry in 2011  Il mercato mondiale del GNL è cresciuto nel 2011 del 9,4%, arrivando a superare i 300 Gmc (240 milioni di tonnellate). Questo il dato è stato diffuso nel rapporto annuale di GIIGNL, l’associazione degli importatori di gas naturale liquefatto, e riportato da StaffettaQuotidiana.

A trainare la domanda sono stati i mercati Asiatici, spinti dalla crescita dei consumi cinesi (13,6 Mt, +36,1%), indiani (12,3 Mt, +37,4%), sudcoreani (35,6 Mt, 8,9%) ma soprattutto giapponesi (79,1 Mt, +11,6%), a causa dell’effetto-Fukushima. Stagnante invece il mercato europeo (65 Mt, +0,4%), con la crescita britannica che compensa le minori importazioni in Spagna, Italia e Turchia.

Guardando al lato dell’offerta, il Qatar è saldamente leader mondiale, con quasi un terzo del la produzione complessiva (75,4 Mt) e clienti sia in Europa sia in Asia. Al secondo posto i grandi produttori asiatici, Malesia (24,9 Mt) e Indonesia (21,9 Mt), in attesa che nei prossimi anni lo sviluppo dei giacimenti in Mozambico (entro il decennio la capacità di liquefazione nel Paese potrebbe arrivare a 30 Mt annue).

Il dato più interessante è l’aumento della quota di GNL scambiato su base spot e breve termine: 61,2 Mt (25,4% del totale scambiato), con un incremento del 50% che segue il +40% del 2010. La crescita del mercato spot è stata trainata dall’aumento imprevisto della domanda giapponese (arrivata 16 Mt, +120%) e ha dimostrato ancora una volta il potenziale di flessibilità di un mercato globale. In Europa invece gli scambi a breve si sono contratti a 12,3 Mt (-8,5%), dopo il boom del 2010 (+50,9%), scontando la contrazione della domanda finale nel 2011 (-10,7%).