Secondo quanto riportato da Platts, il governo cinese ha annunciato l’intenzione di produrre 50 Gmc all’anno di gas da carbone (synthetic coal-to-gas, o syngas) entro il 2020.
Al netto della propaganda, la direzione dell’amministazione cinese appare chiara: la priorità è ridurre la crescente dipendenza dalle importazioni di materie prime energetiche, sia per ragioni economiche sia per ragioni di sicurezza.
I consumi di gas cinesi passeranno dai 186 Gmc previsti da Platts per quest’anno a 307 Gmc nel 2020 e 470 Gmc nel 2030, secondo le stime IEA. Per far fronte alla nuova domanda, il governo cinese punta a un netto incremento della produzione, che dovrebbe passare da 124 Gmc del 2014 a 178 Gmc nel 2020, a 218 Gmc nel 2030.
Il contributo del non convenzionale dovrebbe essere significativo solo dopo il 2020. Per l’immediato, invece, il syngas potrebbe giocare un ruolo importante. Le stime di CNPC, la compagnia di stato, sono però di soli 20 Gmc all’anno nel 2020, meno della metà della cifra del governo.
E anche questa stima potrebbe essere ottimistica: la produzione di syngas attesa nel 2014 è infatti di soli 2 Gmc. Le potenzialità tuttavia ci sono, considerando le ampie riserve di carbone a basso costo della Mongolia interna e dello Xinjiang (in totale, la Cina ha riserve pari al 13% del totale mondiale) e il fatto che la tecnologia è matura.
Il governo ha già autorizzato 15 impianti, che qualora fossero realizzati potrebbero portare la capacità massima di produzione annua a 81 Gmc. Sinopec ha già iniziato la costruzione di un primo impianto da 8 Gmc all’anno.
Una spinta ad accelerare la produzione di syngas potrebbe inoltre arrivare dal crescente inquinamento delle città più popolose sulla costa. Il syngas rappresenta infatti una valido sostituto all’uso diretto del carbone e degli oli e produrlo vicino ai centri di estrazione per poi portalo nelle città via tubo consentirebbe di delocalizzare l’inquinamento.
In ogni caso, anche se la produzione di syngas dovesse aumentare quanto annunciato dal governo, resterebbe il dato di fondo: la domanda cinese cresce molto più della capacità di produzione interna e dunque la Cina è destinata a dipendere sempre di più dai produttori più vicini, a cominciare da Asia Centrale e Birmania. Con quel che ne consegue in termini di politica estera.