Fincantieri Oil & Gas in espansione

FincantieriFincantieri ancora una volta protagonista della cantieristica mondiale. Il gruppo statale italiano, attraverso la controllata Fincantieri Oil & Gas, ha rilevato il 50,75% di STX OSV, leader mondiale nella costruzione di mezzi navali di supporto alle attività di estrazione e produzione di petrolio e gas naturale (Offshore Support Vessel). L’operazione dovrebbe costare circa 900 milioni di euro.

STX OSV impiega oltre 9.000 dipendenti in 10 cantieri in tutto il mondo: 5 in Norvegia, 2 in Romania, 1 in Vietnam e 2 in Brasile, di cui uno in costruzione. Nell’ultimo triennio ha generato mediamente ricavi pari a circa 1,6 miliardi di euro e rappresenta una realtà chiave nel mercato globale.

Con l’acquisizione di STX OSV, Fincantieri raddoppia le proprie dimensioni e diventa il quinto gruppo cantieristico al mondo (il più grande gruppo al mondo non-coreano) e l’unico produttore occidentale per diversificazione e presenza in tutti i settori ad alto valore aggiunto, capace di confrontarsi con i giganti asiatici.

Per fortuna non tutto il Paese si muove al passo della sua classe politica.

Gazprom: fine del monopolio?

GazpromGazprom potrebbe essere privata del monopolio sull’esportazione di gas naturale russo. La notizia ha avuto una certa eco nei giorni scorsi e sarebbe un sintomo del cambiamento dei rapporti di forza e degli allineamenti all’interno dei vertici del potere russo, anche se con qualche distinguo.

I fatti: Gazprom gode di una posizione egemonica fin dal momento della sua costituzione, tradottasi in un monopolio di fatto a partire da inizio anni Duemila e in un monopolio legale dal 2006.

Ora però le cose starebbero cambiando: da un lato, l’ascesa di Rosneft – altro grande colosso di Stato – crea pressioni per un’apertura alla concorrenza tutta interna alle aziende di Stato. Dall’altro lato, la crescente necessità di ricorrere a capitali e tecnologie stranieri per sfruttare i nuovi giacimenti crea anche una pressione esterna da parte dei partners internazionali, che preferirebbero evitare l’intermediazione coatta di Gazprom per l’accesso ai mercati internazionali.

La possibile evoluzione non va tuttavia sopravvalutata: il superamento del monopolio riguarderebbe infatti in ogni caso solo il GNL, ossia al massimo alcune decine di Gmc, in Oriente (Sakhalin, già operativo) e nell’estremo Nord (Yamal, ancora in fase di studio). Le esportazioni via tubo, nell’ordine dei 200 Gmc, resteranno invece saldamente sotto il controllo di Gazprom.

Infine, occorre considerare che il superamento del monopolio di Gazprom, anche se dovesse in futuro estendersi ai gasdotti, non implicherà necessariamente un allentamento del controllo diretto del governo russo sulle attività del gas, ma un semplice cambiamento delle modalità di organizzazione del settore. Non molto diversamente da quanto avvenuto diverse volte in epoca sovietica.

Le conseguenze inaspettate dello shale boom

La NASA ha recentemente pubblicato sul suo sito un’immagine notturna scattata dallo spazio (riportata anche dal FT), che illustra in modo piuttosto inquietante un’effetto indesiderato, e se vogliamo inaspettato, del recente boom del gas da scisti.

La foto mostra come l’area occidentale del North Dakota, uno degli stati meno abitati degli USA (densità 3,7 abitanti/km2 – tanto per capirci la Lombardia ha una densità di 420 ab./km2) e dove più è cresciuta negli ultimi anni l’attività estrattiva legata allo shale gas e allo shale oil (Bakken formation), sia “illuminata a giorno” a causa del gas flaring, la pratica di bruciare il gas naturale associato al petrolio che non si riesce a commercializzare economicamente.

La ragione di questo spreco (si parla del 30% del gas estratto) è semplice. Il boom dello shale ha depresso talmente tanto i prezzi del gas nel Nord America, che a molte società petrolifere non conviene realizzare i gasdotti e le altre infrastrutture necessarie a convogliare il gas verso i centri di consumo. Piuttosto che far ciò, si preferisce liberare il gas nell’atmosfera (gas venting) o bruciarlo all’uscita del pozzo. In ogni caso si verifica uno spreco e si crea una nuova e non trascurabile fonte di inquinamento.

Lungi dal voler esprimere un giudizio negatico sull’estrazione del gas da scisti, la mia intenzione qui è solo quella di sottolineare come sia spesso difficile valutare a priori i costi e i benefici di una certa attività umana a causa delle numerose “unintended consequences” che si generano.

Alcuni esperti hanno sottolineato come lo shale gas abbia permesso agli USA di ridurre il consumo di carbone nella generazione elettrica e di limitare le emissioni clima-alteranti più di quanto abbia fatto l’Europa negli ultimi 2 o 3 anni. Siamo sicuri che se si contassero le emissioni legate al gas flaring e al gas venting la bilancia sarebbe ancora positiva?

Come spesso accade, il diavolo si annida nei dettagli…

Passo avanti del Nabucco

oint declaration of Nabucco Shareholders, NIC, Potencial Investors and Shah Deniz Consortium dated 10 January 2013I soci del consorzio di Shah Deniz (BP, Statoil, Socar, Total, Lukoil, Nico, Tpao) hanno raggiunto un accordo con il consorzio Nabucco, in base al quale co-finanzieranno i costi di sviluppo del gasdotto fino alla decisione finale sul tracciato, attesa nel corso del 2013. In cambio, i membri di Shah Deniz hanno acquisito un’opzione per rilevare il 50% delle quote del Nabucco, in proporzione alla quota nel consorzio di produzione.

Si tratta di un accordo che non copre la realizzazione vera e propria del gasdotto e lascia aperta la decisione finale. Un accordo analogo era stato in infatti firmato ad agosto 2012 con il consorzio Tap.

Un elemento di possibile criticità dell’accordo di ieri è che, in caso di realizzazione del Nabucco e di esercizio dell’opzione, il 5% del Nabucco passerà agli iraniani di Nico, che possiede il 10% di Shah Deniz. Nico (Naftiran Intertrade Company), creata nell’isola di Jersey ma che da un decennio ha trasferito le proprie attività in Svizzera, è una società controllata dalla National Iranian Oil Company, a sua volta di proprietà del Ministero del petrolio della Repubblica Islamica.

Se il sistema di controllate e sussidiare permette di rendere l’operazione legale, restano forti dubbi sull’opportunità politica dell’operazione, in un momento in cui agli operatori petroliferi sono imposti costi e limiti operativi a causa delle sanzioni europee all’Iran.

Eni sempre più asiatica

Eni sigla un accordo per la vendita di GNL a Giappone e Corea del SudEni ha concluso un accordo di fornitura di GNL con la coreana Korea Gas Corporation e la giapponese Chubu Electric Power Company. La fornitura prevede 28 carichi di GNL tra il 2013 e il 2017, per un totale di circa 2,5 Gmc.

L’accordo segue un contratto di fornitura siglato l’anno scorso per il mercato giapponese per un totale di poco meno di 5 Gmc. Eni sta in questo modo consolidando la propria posizione sui mercati asiatici, quelli coi prezzi di mercato e con le prospettive di sviluppo più alti al mondo.

 

Nabucco/TAP, campanello d’allarme

Shah Deniz, composizione percentuale del consorzio (2012)Secondo quanto riportato da AzerNews e Reuters, i membri del consorzio di Shah Deniz si sarebbero prossimi a rilevare il 50% del Nabucco West.

A dichiararlo è stato Mikhail Andonov, ad della bulgara BEH, uno dei soci di Nabucco, che ha anche aggiunto che l’accordo potrebbe già chiudersi nella riunione degli azionisti di Nabucco del 10 gennaio prossimo.

Se confermata, l’operazione rappresenterebbe di fatto una scelta definitiva per il percorso di importazione del gas azerbaigiano, che arriverebbe in Austria anziché in Italia, affossando il TAP e danneggiando la nostra sicurezza energetica.

La competizione tra gasdotti è sia economica, sia politica. Sul primo aspetto c’è poco da fare, ma sul secondo scontiamo anni di scelte sbagliate (appoggiare un progetto perdente come l’ITGI) e azione internazionale del governo debole e frammentata (tanto per cambiare).

Visto che la scelta è ancora da fare – molte dichiarazioni sono pura tattica -speriamo che Passera e Terzi si diano da fare anche durante le vacanze.