Passo avanti per il TAP

Trans Adriatic Pipeline (TAP)Secondo quanto riportato dal Sole24Ore, ieri il Ministro degli esteri Giulio Terzi ha siglato con gli omologhi albanese e greco un accordo interministeriale che sancisce l’impegno dei tre esecutivi a favore del TAP, come parte finale del gasdotto che porterà il gas di Shah Deniz 2 (Azerbaigian) in UE.

Nel frattempo si intensificano i contatti tra Enel e gli azionisti del consorzio TAP (Statoil e EGL) per valutare l’opzione di un ingresso del gruppo italiano. Il coinvolgimento di Enel farebbe aumentare le possibilità di TAP di vincere la concorrenza di Nabucco West, appoggiato (contro l’Italia) anche dalla Commissione europea. Restano tuttavia forti dubbi sulle prospettive della domanda di gas sul mercato italiano e sulla sostenibilità economica di operazioni di ri-esportazione verso altri mercati europei..

Aggiornamento: il comunicato ufficiale di TAP.

Putin risponde alla Commissione

Mercato Unico EuropeoIl presidente Putin ha emesso ieri un ordine esecutivo che vieta alle società strategiche controllate dalla Stato russo di fornire informazioni sensibili ad autorità straniere senza la preventiva autorizzazion governativa.

La scelta si inserisce nel quadro della guerra avviata dalla Commissione europea nei giorni scorsi contro Gazprom, accusata di pratiche lesive della concorrenza.

Restano dei dubbi di applicabilità della disposizione alle società contrallate dallo Stato russo ma registrate e operanti all’interno dell’UE. Nondimeno, la scelta è quella di politicizzare la questione, portando la questione in un terreno dove la Commissione risulterebbe in difficoltà per assenza di legittimità e di mandato politico.

Il rischio per Gazprom è quello di vedersi comminare una multa piuttosto salata (fino a 10 miliardi di euro) ma soprattutto di vedere danneggiate le proprie attività commerciali in Europa orientale, in un periodo già segnato dal calo dei consumi europei e dalle rinegoziazioni dei contratti take-or-pay, costate alcuni miliardi di sconto (a volte retroattivo, come nel caso di E.On).

A parte il merito della questione Gazprom-Commissione, il dato preoccupante che emerge è che sembra sempre più difficile fare business in Europa per le aziende straniere: rischio economico (una crisi infinita), rischio politico (sussidi alle rinnovabili generosi e scarsamente prevedibili, che erodono quote di mercato), rischio regolatorio (con l’antitrust utilizzato per colmare l’assenza di politiche energetiche strutturate, per tacere delle questioni monetarie) sono tutti fattori che spingono i capitali via dai mercati europei, in un ottundimento completo della nostra élite politica.

La Commissione europea (ancora) contro Gazprom

Commissione europeaLa Commissione europea ha comunicato ieri di aver aperto un procedimento contro Gazprom per abuso di posizione dominante (art. 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione).

La Commissione sospetta che Gazprom abbia messo in atto pratiche anticorrenziali in Europa orientale e in particolare che abbia:

  • ostacolato la libera circolazione del gas tra Stati membri;
  • impedito la diversificazione degli approvvigionamenti;
  • abbia imposto prezzi iniqui attraverso l’indicizzazione al prezzo del petrolio.

Il procedimento segue le perquisizioni effettuate un anno fa negli uffici europei di Gazprom.

Si tratta di un nuovo tassello della lunga battaglia della Commissione europea contro l’azienda di Stato russa, nel tentativo di limitarne il ruolo sul mercato europeo. È tuttavia difficile che questa nuova iniziativa segni un cambio di passo, anche se non è dato sapere quali elementi abbia raccolto la Commissione.

Resta in ogni caso complesso individuare il superamento della linea sottile che distingue la difesa della propria quota di mercato e la pratica anticoncorrenziale. La prima e la seconda accusa riguardano la gestione (e al limite la costruzione) delle infrastrutture: la legislazione in continua evoluzione e il periodo di transizione degli assetti proprietari delle reti in tutta Europa rendono molto difficile individuare elementi di prova certi.

Per quanto riguarda l’indicizzazione al petrolio, si tratta di una scelta delle parti contraenti. E il mercato sta ampiamente mettendo in discussione questo tipo di contratti, tanto da aver spinto Gazprom negli ultimi due anni a rinegoziare parecchi contratti. A chi trova vessatoria la scelta di indicizzare i prezzi al petrolio, gioverebbe ricordare un po’ di storia: buona o cattiva, l’indicizzazione al petrolio fu introdotta proprio per impedire pratiche discriminatorie da parte dei fornitori. Inoltre, ironia della storia, a fine anni Novanta la Russia fece default (anche) per la contrazione del prezzo del petrolio; in quel caso però nessuno suggerì che il prezzo del gas russo indicizzato fosse iniquo per i russi.

Al di là del merito legale, la vicenda solleva un punto interessante: le imprese dell’Europa occidentale, grazie alle dimensioni e alla diversificazione dei rispettivi mercati, hanno spuntato riduzioni di prezzo che le imprese dell’Europa orientale non hanno raggiunto. Ma in questo caso, la responsabilità è di Gazprom o dei decisori politici dell’Europa orientale che non hanno saputo favorire gli investimenti, come fatto invece dalla Cechia?

.

Aggiornamento: la notizia ripresa da BBC, WSJ, SQ, Ansa.

[Crossposting con Epoké]

Le sfide alla sicurezza energetica secondo Frattini

La crescente globalizzazione del mercato del petrolio ha prodotto un aumento della ricerca di nuovi giacimenti e dello sfruttamento di quelli esistenti evidenziando, quindi, la necessità di una sicurezza in campo energetico. Molti dei nuovi giacimenti petroliferi si trovano distribuiti in tutto il mondo, ma la maggior parte della produzione continuerà ad essere accentrata in Medio Oriente, il cui contributo complessivo al rifornimento energetico globale si stima in crescita per i prossimi venti anni.

Attualmente circa il 70% dei giacimenti petroliferi noti si trova sul suolo mediorientale. Con la ricerca di nuovi giacimenti si stima che questa percentuale sia destinata a salire, facendo aumentare, al contempo, la fornitura petrolifera complessiva del Medio Oriente al mercato mondiale. Circa il 30% degli 82,1 milioni di barili di greggio prodotti giornalmente nell’intero globo sono di provenienza mediorientale.

La regione del Golfo, in particolare, è il più importante canale di transito petrolifero al mondo, con un passaggio di circa 15,5 milioni di barili al giorno: circa un terzo di tutto il greggio estratto da piattaforme petrolifere. Questa regione, inoltre, esporta circa il 18% della produzione mondiale di gas naturale liquefatto (GPL), con il Qatar leader mondiale nelle esportazioni di GPL. Si calcola che, entro la fine del 2012, il Qatar avrà prodotto 77 milioni di tonnellate di GPL. Circa tre quarti del petrolio prodotto in questa regione è distribuito in Giappone, India, Corea del Sud e Cina. Il restante della produzione è destinato ad Europa e Nord America creando un comune interesse alla sicurezza delle vie di distribuzione, condiviso da produttori e consumatori.

I territori russi e mediorientali insieme continueranno a ospitare circa i tre quarti delle riserve di gas mondiali. Lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Mar Caspio, del Nord Africa e dell’America Latina, pur diversificando la produzione energetica, non riuscirà a ridurre, nei prossimi venti anni, l’importanza a livello mondiale dell’area del Golfo. Molti analisti prevedono che, nel periodo successivo ai prossimi venti anni, si assisterà ad un netto aumento della richiesta energetica di Cina e India che potrebbe esser soddisfatta da importazioni dall’area del Golfo e, in misura inferiore, dalla Russia e dal Caspio.

L’accessibilità al greggio, in quantità adeguate e a prezzi ragionevoli, è destinata a rimanere la chiave di volta degli equilibri sulla sicurezza energetica dei prossimi decenni, ma sarà anche accompagnata da una crescente attenzione alle forniture e al trasporto del gas naturale. Si pensi, ad esempio, al gasdotto che attraversando Tunisia e Sicilia permette al gas algerino e libico di raggiungere il resto d’Europa. Il consumo di gas, infatti, è in rapido aumento nell’Europa occidentale e in Asia. Non è perciò una sorpresa che, in queste nazioni, il gas si collochi in una posizione di primo piano riguardo alle questioni connesse alla sicurezza energetica.

Per quanto riguarda il commercio del gas naturale è necessario prendere in debita considerazione che, poiché il gas naturale liquefatto (GNL) viene raffreddato per il trasporto ad una temperatura di meno 162°C, questo deve essere contenuto in imbarcazioni appositamente progettate e dotate di tecnologie avanzate. La sicurezza dei gas terminal e delle rotte di navigazione diventano fattori cruciali sia per i produttori sia per i consumatori. Poiché la metà di tutto il greggio mondiale e la maggior parte del GPL sono trasportati via mare, anche un breve blocco delle forniture di gas e petrolio potrebbe causare un aumento consistente dei prezzi che, potenzialmente, sarebbe in grado di mettere a rischio la crescita economica globale.

Le rotte di trasporto di petrolio e gas nell’area Mediorientale e dal Maghreb verso il Mar Caspio diverranno fattori rilevanti a livello strategico. La sicurezza energetica assumerà sempre più un’importanza cruciale per la sicurezza dei trasporti e del transito attraverso le nazioni, lo stesso dicasi per la sicurezza e la stabilità dei paesi produttori. Per tanto, una delle nuove priorità sulla sicurezza della comunità transatlantica dovrà essere l’impegno a garantire il libero transito e la sicurezza dei rifornimenti energetici fondamentali contro possibili attacchi ed interruzioni.

.

Stralcio dedicato alla sicurezza energetica dell’intervento di Franco Frattini al 29° Workshop Internazionale sulla Sicurezza Globale (Roma, 16 luglio 2012).

Energy Infrastructure Attack Database (EIAD)

Canvassing the Targeting of Energy Infrastructure: The Energy Infrastructure Attack Database L’autunno prossimo sarà lanciata una banca dati degli attacchi a infrastrutture energetiche (Energy Infrastructure Attack Database – EIAD), come annuciato da Jennifer Giroux e Peter Burgherr in un articolo apparso sul Journal of Energy Security.

Si tratta di un’iniziativa di due istituzioni elevetiche – il Federal Institute of Technology (ETH) e il Paul Scherrer Institute – che raccoglie tutti i dati disponibili relativi ad attacchi a infrastrutture energetiche a livello mondiale, allo scopo di individuare regolarità ed elaborare modelli predittivi (oltre a mettere a pubblicamente a disposizione i dati per altre ricerche).

Un’iniziativa particolamente interessante, soprattutto per gli addetti ai lavori, che può essere seguita prima del lancio sul blog dedicato al progetto.

 

TAP torna in pista: accordo con BP, SOCAR e Total

TAPTAP resta in pista nella competizione per il tratto finale del Corridoio meridionale. Con un comunicato ufficiale, TAP annuncia l’accordo raggiunto con i principali membri del consorzio Shah Deniz II: BP, SOCAR e Total (Statoil è presente già nell’azionariato di TAP).

Secondo l’accordo, i membri si sono impegnati a finanziare alcuni lavori (non specificati) nel periodo che precede la scelta definitiva del tracciato (TAP o Nabucco West), attesa per il 2013.

L’aspetto più significitivo dell’accordo riguarda tuttavia un’opzione per gli azionisti del Consorzio Shah Deniz di rilevare il 50% dell’azionariato di TAP.

Gli accordi annunciati oggi rappresentano un importante passo avanti per la realizzazione del gasdotto, che con la prospettiva di allargamento del suo azionariato ai produttori si pone in una posizione di vantaggio rispetto al Nabucco West. Per le imprese impegnate nell’upstream, la prospettiva di controllare il midstream e accedere direttamente ai mercati finali rappresenta infatti un’occasione commerciale interessante.

Gli accordi di oggi sono anche un’implicita risposta alle affermazioni del ministro per l’energia azerbaigiano, Natik Aliyev, che a luglio aveva apertamente sostenuto la superiorità del Nabucco West. Tra i firmatari degli accordi, infatti, risulta anche SOCAR, l’azienda di Stato azerbaigiana.

Aggiornamento: secondo quanto riportato da Staffetta Quotidiana, c’è una seconda buona notizia per il TAP: Claudio De Vincenti, sottosegretario al MSE, ha firmato un’intesa sul sostegno al gasdotto con  Makis Papageorgiou, rappresentate del govero greco.