La vendita di Saudi Aramco: che cosa c’è sotto?

Saudi aramcoIn questi giorni ha fatto molto clamore la notizia che la famiglia regnante saudita potrebbe vendere una parte della compagnie petrolifera di stato Saudi Aramco, il più grande produttore al mondo di petrolio greggio.

Si tratta senza dubbio di una novità importante, che segnala la necessità, percepita almeno da una parte della famiglia regnante, di avviare profonde riforme nel paese al fine di affrontare le sfide interne ed esterne, rese oggi più urgenti dal calo delle quotazioni petrolifere.

Sull’argomento, e sulle sue cause/implicazioni politiche, segnalo un articolo apparso ieri su le Formiche, al cui interno mi è stato chiesto di esprimere la mia opinione. Come si può leggere, ritengo che il senso delle dichiarazioni del principe saudita intervistato dall’Economist sia la volontà di utilizzare la difficile congiuntura economica per avviare un processo di riforma della società e dell’economia saudita, che porti a ridimensionare il ruolo del petrolio e dello stato, promuovendo invece l’iniziativa privata e l’apertura agli investitori esteri.

Si tratta a ben vedere di un percorso difficile, che non sappiamo quanto sia condiviso nel governo saudita, ma che sembra necessario se si è convinti che il sistema attuale non sia economicamente sostenibile nel lungo periodo. In questo senso, l’idea di vendere una parte di Saudi Aramco potrebbe confermare la convinzione da parte degli arabi che i prezzi del greggio resteranno bassi per un periodo piuttosto lungo (quanto lungo è difficile dirlo ovviamente) e che quindi si dovrà ridurre il deficit con nuove entrate/tagli della spesa e promuovendo l’investimento privato e la diversificazione economica.

Insomma, il new normal richiede adattamento, non solo da parte dei produttori indipendenti americani, ma anche da parte dell’Arabia (non più tanto) felix.

Report Rai 3: al di là del polverone, il livello di approfondimento migliora, ma un libro di economia dell’energia sarebbe utile

Milena-GabanelliIl 13 dicembre scorso Report, la nota trasmissione d’inchiesta di Rai 3, è tornata a parlare di energia, sollevando un polverone per le accuse mosse ad Eni, relativamente a una presunta tangente per ottenere i diritti di sfruttamento di un giacimento nigeriano (servizio: La Trattativa). Continua la lettura

Unione dell’energia: il rapporto della Commissione

State of the Energy UnionA nove mesi dalla pubblicazione della comunicazione A Framework Strategy for a Resilient Energy Union with a Forward-Looking Climate Change Policy, la Commissione ha pubblicato una serie di documenti riuniti sotto l’etichetta di State of the Energy Union.

Il documento principale è una comunicazione denominata State of the Energy Union 2015, che fa il punto sui progressi delle politiche individuate come prioritarie a febbraio, a cui fa da corollario da un documento di sintesi per ogni Stato membro.

Moltissimi i temi a cui è poi dedicato un documento specifico: i progetti infrastrutturali di interesse comune (ossia quelli che possono ricevere i fondi europei in regime di cofinanziamento), l’efficienza energetica, le raccolte statistiche relative ai prezzi di elettricità e gas, il mercato dei permessi di emissione dell’anidride carbonica, la sicurezza del nucleare, le scorte petrolifere, l’implementazione della strategia europea di sicurezza energetica.

Insomma, tanto materiale – spesso anche utile – che cerca di fare il punto su parecchi aspetti del settore dell’energia, portando avanti lo sforzo comunicativo della Commissione europea di accreditarsi come attore dominante della politica energetica per tutta l’Unione Europea. Una politica di marketing politico ben confezionata e che guarda al lungo periodo, ma che è destinata a scontrarsi con l’attuale architettura istituzionale europea, che limita la capacità della Commissione di imporre la propria visione agli Stati membri non concordi (su tutti, art. 194 del Trattato sul funzionamento dell’Unione).

I limiti concreti dell’azione comunicativa della Commissione saranno sempre più evidenti dopo che si saranno spenti i riflettori della COP21 di dicembre. Dal taglio dei sussidi alle rinnovabili nel Regno Unito, all’appoggio politico a Nord Stream II in Germania, alla difesa del settore nucleare in Francia, le prime avvisaglie ci sono già.

Settore energetico e politica commerciale europea

Trade and investments in energy in the context of the EU common commercial policySegnalo uno studio dal titolo Trade and investments in energy in the context of the EU common commercial policy, a cui hanno partecipato Antonino Alì, Marco PertileNicolò Rossetto, Chiara Sisler, Paolo Turrini e che ho coordinato per la commissione commercio internazionale del Parlamento Europeo.

Per un’economia come quella europea, sempre più dipendente dalle importazioni di materie prime energetiche nonostante la diffusione delle rinnovabili, l’accesso a mercati internazionali aperti e stabili è una priorità per garantire la propria sicurezza energetica.

Lo studio fornisce una sintesi e una valutazione del quadro legale a livello europeo in materia di commercio e investimenti nel settore energetico. In particolare, analizza il dualismo tra politica energetica e politica commerciale, la rilevanza delle disposizioni WTO e WTO+ in materia di dazi e più in generale di attività economiche connesse all’energia. Inoltre, lo studio analizza inoltre la rilevanza dei trattati bilaterali siglati dall’UE, sopratutto dopo il Trattato di Lisbona, e degli accordi globali siglati con Georgia, Moldavia e Ucraina.

I rischi connessi all’approvvigionamento energetico italiano

Rischi globali e rischi regionali nel corso del 2015

L’Osservatorio di politica internazionale (Senato, Camera e MAE) ha pubblicato il rapporto preparato dall’ISPI su Rischi globali e rischi regionali nel corso del 2015. Tra gli scenari globali, si trova anche una sezione dedicata ai rischi connessi all’approvvigionamento energetico italiano, riportata qui di seguito.

“L’approvvigionamento energetico italiano presenta tre profili di rischio relativi alle dinamiche attese per il 2015, legati sia alla stabilità dei flussi di materie prime, sia alle minacce e alla competitività derivanti dai consumi energetici.

Il primo è la possibile destabilizzazione dei due grandi produttori energetici nordafricani, Algeria e Libia, che avrebbe ricadute particolarmente gravi nell’approvvigionamento nazionale di gas naturale. In caso di simultanea interruzione dei flussi, data l’assenza di altre infrastrutture di adduzione nell’area meridionale del nostro paese, l’afflusso di gas nelle regioni del Mezzogiorno presenterebbe notevoli criticità.

Il secondo rischio deriva dal permanere di basse quotazioni petrolifere (inferiori ai 50 dollari al barile) nel corso di tutto l’anno. Per molti paesi produttori, infatti, si tratta di una soglia inferiore a quella minima per mantenere in modo prolungato la stabilità sociale attraverso la spesa pubblica. In caso di destabilizzazione di uno o più dei medi produttori rilevanti, le quotazioni del greggio potrebbero risalire molto rapidamente, con grave danno per la bilancia dei pagamenti e per l’andamento dell’economia nazionale.

Il terzo rischio riguarda la competitività del sistema energetico nazionale, già gravata dalle scelte europee in tema di riduzione delle emissioni e di promozione delle rinnovabili. Se nella Conferenza delle parti di dicembre 2015 non si trovasse a livello globale un accordo ambizioso e universalmente vincolante per la riduzione delle emissioni, l’adozione unilaterale da parte dell’Ue di ulteriori obiettivi per il 2030 rischierebbe di compromettere in modo sempre più grave la competitività delle attività industriali produttive nazionali senza ricadute benefiche significative sul livello delle emissioni mondiali.”

Focus trimestrale sicurezza energetica – Q2 2015

Focus sicurezza energetica 22/2015È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo al secondo trimestre del 2015, realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

Dopo un’introduzione dedicata all’analisi del contesto internazionale (inclusa la questione iraniana), il capitolo primo del Focus è dedicato all’analisi dei consumi energetici, con particolare attenzione al gas naturale e al suo approvvigionamento. Questi due capitoli sono realizzati dal sottoscritto.

Il capitolo secondo è invece dedicato all’offerta e, nello specifico, alle politiche dei Paesi produttori di gas naturale e dei Paesi di transito dei gasdotti attualmente in funzione o in fase di progettazione/realizzazione. Ai recenti sviluppi del sistema di infrastrutture di trasporto e alle prospettive di realizzazione di nuovi progetti è poi dedicato il capitolo terzo. Questi due capitoli sono realizzati da Carlo Frappi.

Infine è presente un approfondimento dedicato alle sfide geopolitiche alla sicurezza energetica italiana nell’area del Nord Africa, realizzato da Mirko Lapi.

Tra le questioni affrontate, vi è l’impatto del superamento del regime sanzionatorio contro l’Iran.

La produzione petrolifera (sx) e le riserve provate (dx): primi dieci Paesi al mondo

Un altro tema affrontato è quello degli effetti dell’imminente aumento di offerta di GNL a livello globale.

La capacità di liquefazione di gas, esistente e in costruzione