È giunta l’ora delle batterie oppure no?

pila voltaicaSegnalo una mia analisi apparsa sul sito dell’Osservatorio Energia dell’ISPI, che cerca di fare il punto sugli accumuli elettrochimici nel settore elettrico, ovvero se dopo tutto il recente trambusto inscenato da Tesla si prospetti o meno una rapida diffusione delle batterie connesse alla rete elettrica.

Secondo il mio punto di vista la risposta è al momento negativa. Adesso e almeno per i prossimi anni, le batterie non hanno molto senso come sistema per accumulare energia elettrica, salvo certi casi specifici dove i costi proibitivi di connessione alla rete, le temporanee congestioni sulle medesime o la particolare sensibilità alla continuità del servizio possono giustificare limitate applicazioni (anche in quest’ultimo caso è probabilmente meglio un motore diesel, di cui però va valutato l’impatto ambientale).

Ovviamente, è possibile (ma non inevitabile) che tra 10-15 anni la tecnologia avrà ridotto i costi in misura tale che stoccare energia per mezzo di batterie inciderà pochissimo sul prezzo finale. In quel caso l’intero business elettrico sarà oggetto di una profonda revisione e l’energia elettrica potrebbe per allora diventare una commodity come il ferro o il grano.

Tuttavia, fino ad allora è meglio evitare di lasciarsi andare a facili entusiasmi. Dopotutto, è da 40 anni che si pensa di riuscire a sviluppare la fusione nucleare…

Focus trimestrale sicurezza energetica – Q1 2015

Focus 2015Q1È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo al primo trimestre del 2015, realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

Dopo un’introduzione dedicata all’analisi del contesto internazionale (inclusa la questione iraniana), il capitolo primo del Focus è dedicato all’analisi dei consumi energetici, con particolare attenzione al gas naturale e al suo approvvigionamento. Questi due capitoli sono realizzati dal sottoscritto.

Il capitolo secondo è invece dedicato all’offerta e, nello specifico, alle politiche dei Paesi produttori di gas naturale e dei Paesi di transito dei gasdotti attualmente in funzione o in fase di progettazione/realizzazione. Ai recenti sviluppi del sistema di infrastrutture di trasporto e alle prospettive di realizzazione di nuovi progetti è poi dedicato il capitolo terzo. Questi due capitoli sono realizzati da Carlo Frappi.

Infine è presente un approfondimento dedicato alle infrastrutture di interconnessione nel nuovo panorama energetico europeo, realizzato da Lorenzo Colantoni.

Gli effetti dell’accordo Usa-Iran su petrolio e gas

Gli effetti dell’accordo Usa-Iran su petrolio e gasSegnalo una mia intervista uscita oggi su Formiche.net, di cui propongo di seguito l’incipit.

Quanto ci vorrà per il rientro dell’Iran nel mercato petrolifero?
Se tutto andasse come previsto, i primi volumi veri li vedremo a gennaio dell’anno prossimo. Questo perché lo sblocco vero delle attività è previsto dopo il 15 dicembre. Dopo i primi due trimestri del 2016 si potrà fare un primo bilancio. Le stime oscillano tra i 500mila e 1 milione di barili nel 2016, ma è plausibile che si attestino sugli 800mila le più plausibili.

Da cosa dipenderà?
In primo luogo dal tempo che servirà per rendere di nuovo efficienti molti pozzi, che ora non sono in buone condizioni dopo il lungo stop.

L’Iran rivedrà le formule contrattuali, come gli chiedono le big oil?
Probabile, ma ci vorrà un po’ di tempo. Gli effetti sulla produzione difficilmente si vedranno prima non prima di 5 anni minimo. I nuovi contratti andranno infatti a regolare i rapporti per i nuovi giacimenti, non per quelli già operativi.

Il resto dell’intervista è accessibile qui.

Errare humanum, perseverare… Report!

imagesCi risiamo. Report, il programma d’indagine di Rai 3 torna a parlare di energia e, ancora una volta, lo fa in maniera in parte discutibile. Per diverse ragioni.

In primo luogo, come sottoliena pure la Staffetta Quotidiana, rivista specializzata del settore energetico, lo fa con una puntata “patchwork”, dove il giornalista affastella una serie di temi piuttosto eterogenei. Sotto il titolo “Il gran caldo“, infatti, si parla degli investimenti in fonti rinnovabili fatti dai Paesi arabi, delle possibili malversazioni di Enel in Romania, dell’inquinamento ambientale provocato dall’impianto a carbone di Brindisi, dell’evasione dell’IVA tramite l’acquisto di diritti di emissione di CO2, dell’incerto funzionamento del meccanismo dei certificati bianchi per l’efficienza, della generazione distribuita, dei SEU e della riforma delle tariffe elettriche.

Insomma, si toccano temi che richiederebbero parecchie ore per una trattazione adeguata.

E nel calderone, inevitabilmente, si fanno errori o quanto meno si dicono delle mezze verità e delle imprecisioni che possono disorientare o indirizzare – spero non volutamente – lo spettatore verso certe conclusioni.

Senza pretesa di completezza, dunque, vorrei indicare alcuni dei punti critici della puntata:

  • min. 3: Maugeri è poco preciso a dire che il calo del prezzo del greggio è dovuto alla decisione OPEC di non ridurre la produzione. In realtà il calo era già iniziato a luglio/agosto a seguito del rallentamento della domanda mondiale e della forte crescita della produzione non OPEC (qui mi viene il dubbio che Maugeri sia stato tagliato nell’intervista e stesse dicendo anche altro);
  • min. 9: dire che il fotovoltaico è meno costoso del gas naturale per la produzione di energia elettrica è quanto mai curioso. Dipende da un numero enorme di ipotesi. Se così fosse perchè sarebbero necessari tutti questi sussidi? Credo che anche qui Maugeri sia stato tagliato e abbia detto cose diverse.
  • min. 10: nonostante i vari annunci contenuti nella Strategia Energetica Nazionale del 2013 e alcune novità legislative recenti, l’Italia non sta puntando nei fatti molto sulla produzione domestica di idrocarburi: negli ultimi 10-15 anni l’attività di esplorazione e trivellazione si è molto ridotta e anche la produzione nazionale è calata (rimando al rapporto del Mise p. 21 e segg.). Sul numero di occupati potenziali non mi esprimo, ma bisogna vedere con attenzione che cosa comprende il dato saudita e ricordare che l’attività estrattiva saudita è inevitabilmente più produttiva di quella italiana per ragioni geologiche e quindi ha di per sè bisogno di meno lavoratori per unità di greggio prodotta;
  • min. 11: attenzione al concetto di grid parity: è evidente che se il consumatore-produttore non deve pagare gli oneri generali di sistema e i costi di dispacciamento, che lui stesso contribuisce a creare, sarà avvantaggiato e potrà dire di essere “competitivo”;
  • min. 40-42: si ricordi che l’idrogeno non è disponibile tale quale in natura e che  per  produrlo si usa energia. Se questa è prodotta con fonti fossili, l’inquinamento, in tutto o in parte, è semplicemente spostato da un posto a un altro. In particolare, oggi l’idrogeno è prodotto soprattutto da metano, con emissione di anidride carbonica;
  • min. 45: come prima si dice che l’energia prodotta in modo distribuito con questo cogeneratore o con il fotovoltaico costerebbe di meno. Ma per chi? Per il singolo, che riceve dei sussidi, che non paga la rete che comunque continuerà a usare e neppure gli oneri generali di sistema che garantiscono la sicurezza del sistema, il sostegno ai consumatori deboli, il supporto alle rinnovabili e l’IVA per lo Stato. Per la comunità nel suo complesso, dunque, non è detto che la generazione distribuita costi di meno;
  • min. 46: attenzione alla differenza fra le tasse sull’energia (l’IVA) e gli oneri di sistema: sono concettualmente diversi;
  • min. 46: il fotovoltaico non produce di notte e quindi in presenza di un embargo del gas il condominio resterà pure esso senza energia;
  • min. 47-48: non tutti gli occupati della green economy di qualche anno fa erano così qualificati: alcune migliaia erano semplici installatori. E in ogni caso ci si dimentica che il settore elettrico italiano ed europeo di oggi è in forte eccesso di capacità e installare nuovi impianti sarebbe uno spreco, oltre che un danno per gli investitori passati (tra cui ci sono anche i piccoli azionisti di Enel, Edison, Eni, A2A, ecc.);
  • min 49: attenzione alla differenza tra efficientarsi, ossia consumare meno energia per fare le stesse cose, e installare impianti a fonti rinnovabili, che permetteno di produrre più energia;
  • min. 50: l’intervista alla Poletti è proprio fatta male e non le permette di esprimersi bene: qui secondo me c’è stata poca correttezza da parte del giornalista.

Nell’ultima parte della puntata si tocca il punto della riforma della bolletta e la si critica, ma siamo davvero sicuri che lo si faccia a ragione? Qui un pezzo che affronta alcuni dei temi legati alla riforma delle tariffe, in particolare l’idea che in presenza di molta generazione distribuita, la rete debba essere pagata di più in base alla potenza sottoscritta – e quindi con quote fisse- che in base ai consumi. Dietro a tanto dibattito si nasconde in sostanza una redistribuzione dei costi, con implicazioni politiche forti (si veda questo altro contributo).

Insomma, speriamo che la prossima volta Report faccia un po’ meglio il suo mestiere, in particolare quando riporta le interviste fatte.

AgiEnergia – Gli scenari del futuro energetico: quali priorità politiche?

Gli scenari del futuro energetico: quali priorità politiche?Segnalo un mio articolo uscito oggi su AgiEnergia, di cui propongo di seguito l’incipit.

L’energia è parte di un processo economico e politico in continuo mutamento. Immaginare il futuro vuol dunque dire mettere insieme un numero enorme di variabili, dall’andamento incerto e dal peso mutevole. Un esercizio inevitabilmente destinato all’errore, ma dal quale decisori politici e operatori economici non possono sottrarsi per definire le proprie scelte.

Il conto dei numeri lo si può lasciare alle grandi organizzazioni, dalla EIA alla IEA, da Shell alla Commissione Europea, che nel tempo hanno elaborato complesse metodologie per combinare le variabili. Ciascuna coi propri bias, in base all’agenda politica preferita.

Nondimeno, a prescindere dallo specifico scenario, alcune priorità politiche “universali” sono destinate a dominare le scelte energetiche dei prossimi anni. Il modo in cui saranno combinate e l’importanza attribuita a ciascuna dai governi delle principali economie sarà determinante nel definire l’effettiva evoluzione del settore energetico a livello globale.

…continua qui.

Il Renewable Energy Report del Politecnico di Milano

logoLo scorso martedì è stato presentato a Milano l’ultimo lavoro dell’Energy and Strategy Group del Politecnico meneghino, questa volta dedicato non a una specifica tecnologia, ma all’insieme delle fonti rinnovabili elettriche.

I tempi in cui ogni fonte si meritava la sua analisi specifica, visto la crescita sostenuta degli investimenti e il margine ottenibile dalla messa in produzione di nuovi siti, sembrano ormai passati, come testimonia anche, prosaicamente, il coffe break ormai ridotto all’osso – nulla delle ricche tavole imbandite di un paio di anni fa.

Tuttavia, scorrendo le analisi presentate nel Report e ascoltando gli interventi dei vari relatori intervenuti alla presentazione, si ha la conferma di come ormai il settore stia entrando in una fase di maturità e contribuisca finalmente in modo positivo all’economia del Paese. Nonostante qualcuno invochi ancora l’allocazione di incentivi aggiuntivi all’interno del tanto atteso Green Act o di un nuovo decreto ministeriale che dovrebbe succedere a quello del 6 luglio 2012, l’attenzione è ormai sempre più posta alla ricerca di un efficientamento nell’uso dell’enorme parco di generazione esistente, il quale sembra ormai essersi stabilizzato attorno ai 32 GW (+18,1 GW di idroelettrico) – nel 2014 sono entrati in funzione meno di 700 MW.

Si è parlato perciò molto di Operation&Maintenance, di mercato secondario degli impianti (forte sembra qui essere l’interesse di fondi finanziari esteri), di concentrazione della proprietà, di ristrutturazione del debito e di integrazione delle rinnovabili nel mercato elettrico. Quest’ultima è ormai una priorità per il sistema, dato che il contributo delle rinnovabili alla produzione elettrica nazionale ha raggiunto l’anno scorso il 45%.

Il rapporto costituisce dunque un prezioso strumento per capire lo stato delle rinnovabili in Italia e non solo, ma tuttavia in alcuni punti risulta debole e dimostra un certo sbilanciamento “ideologico” a favore delle rinnovabili.

In particolare, a mio avviso, è forzata la sezione dedicata all’impatto delle rinnovabili sulla bolletta elettrica italiana. Nonostante si dichiari la difficoltà di identificare questo impatto per la pluralità di fattori agenti, il rapporto alla fine cita comunque dei valori puntuali, la cui metodologia di calcolo appare talvolta sommaria e, in ultima analisi, tendenziosa. Mi limito al caso del PUN.

Data l’esistenza di un sistema di prezzo marginale nella borsa italiana e data la non convessità della funzione di produzione di elettricità, dovuta all’esistenza di numerosi impianti con capacità discreta, con vincoli di rampa e di potenza minima, ecc., mi sembra poco corretto cercare di inferire l’impatto delle rinnovabili sul PUN guardando alla mera correlazione fra produzione di energia da rinnovabili e PUN.

Anche la stima dello scenario conservativo mi sembra piuttosto curiosa: su che base si conclude che se il costo del gas naturale è calato del 18% e che le centrali a gas producono cica il 34% dell’energia elettrica in Italia, allora il minore prezzo del gas è responsabile del 6% del calo del PUN???? O che il calo della domanda e del PIL sia responsabile solamente del 3% del calo del PUN???

Insomma, credo si sia voluto fare una stima a spanne, ma in questo caso, come in altri, le spanne possono nascondere più di quanto rilevano e allora sarebbe più corretto fare a meno di calcolarle ed evitare di proporre al pubblico dei numeri.