Focus trimestrale sicurezza energetica – Q3 e Q4 2014

OPI - Focus trimestrale sicurezza energetica Q3 Q4 2014È stato reso pubblico il focus sulla sicurezza energetica relativo agli ultimi due trimestri 2014, realizzato per l’Osservatorio di Politica Internazionale (Senato, Camera e MAE).

Il primo capitolo del Focus è dedicato all’analisi del fabbisogno di gas nei principali mercati europei, con specifico riferimento alla generalizzata contrazione dei consumi nel corso del 2014 e alla composizione dell’approvvigionamento di gas dei principali Paesi europei.

Il secondo capitolo è invece dedicato all’offerta e, nello specifico, alle politiche dei Paesi produttori di gas naturale e dei Paesi di transito dei gasdotti attualmente in funzione o in fase di progettazione/realizzazione. Ai recenti sviluppi del sistema di infrastrutture di trasporto e alle prospettive di realizzazione di nuovi progetti è poi dedicato il terzo capitolo.

Infine sono presenti due approfondimenti, uno di Nicolò Rossetto dedicato agli impianti essenziali per la sicurezza del sistema elettrico italiano, l’altro di Francesco Ramella dedicato alla necessità di cambiare strategia sui sussidi alle rinnovabili.

Meno benzina, più tasse

Consumi di benzina e gasolio in Italia e gettito fiscale (elaborazione di Matteo Villa su dati UP)Negli ultimi quindici anni, i consumi di gasolio e benzina in Italia sono progressivamente diminuiti, sia per maggiore efficienza, sia per effetto della crisi.

Un bel problema per lo Stato, che notoriamente raccoglie circa il 70% del prezzo alla pompa. In totale, oltre 40 miliardi di euro all’anno, sufficienti a coprire le spese della difesa, dell’amministrazione della giustizia, della sicurezza pubblica e di tutta l’amministrazione centrale dello Stato.

Per evitare che il calo strutturale dei consumi si traducesse in un calo strutturale permanente del gettito, negli ultimi anni il legislatore ha proceduto ad aumentare progressivamente la pressione fiscale, compensando la perdita di gettito. Un’operazione che con ogni probabilità continuerà in futuro.

I dettagli sono analizzati da Matteo Villa in un post per l’ISPI Energy Watch, ripreso anche da SQ.

Le analisi di mercato della Commissione

DG Energy - Market analisysTra i tanti effetti positivi del cambio ai vertici della DG Energy della Commissione, uno riguarda la disponibilità per i cittadini di informazioni e analisi aggiornate. In particolare, sul sito della DG è infatti ripresa la pubblicazione regolare dei report relativi ai mercati dell’energia in Europa.

Attualmente, è possibile scaricare i reports sul terzo trimestre 2014 relativi al mercato del gas e al mercato elettrico, oltre a tutti i reports storici fino al 2008. Inoltre, è possibile scaricare il grafico aggiornato quotidianamente relativo ai prezzi dell’energia sui mercati internazionali nei 12 mesi precedenti, che si presenta così:

Energy Prices Developments - last 12 monthsInsomma, tanto materiale per chi vuole approfondire le questioni relative ai mercati europei, dati alla mano.

No grid, no party

IEW-  No grid, no party - Natural gasSegnalo l’editoriale di questa settimana dell’ISPI Energy Watch, dedicato all’importanza delle infrastrutture di interconnessione intra-europee, nello specifico del gas. Finché le reti nazionali saranno poco più che isole attaccate a grandi corridoi di importazione di gas extra-europeo anziché un sistema di vasi comunicanti, i qualunque velleità di avere un mercato unico anche in campo energetico resterà sulla carta.

Per quanto intuitiva, la questione delle interconnessioni non è infatti stata finora affrontata con la dovuta determinazione nemmeno in sede europea, dove ci si è limitati a erogare qualche finanziamento per i Paesi dell’Europa orientale, più per ragioni (addotte) di sicurezza che per un piano coerente di sviluppo di una rete pan-europea.

Perché si aspetta? Carenza di liquidità a parte, una possibile spiegazione è che se i mercati nazionali perdono definitivamente i loro confini e il loro isolamento, allora diventa sempre meno giustificabile la loro regolazione su base nazionale e la partecipazione statale nel capitale degli operatori – spesso ex-incumbents, ossia coloro che dall’apertura dei mercati ci rimettono di più.

Mercato italiano del gas: un doloroso declino

Nel 2014, i consumi di gas italiani sono diminuiti del 12% rispetto al 2013, passando da 67,9 a 60 Gmc. Per i mercato italiano, si è trattato del quarto anno consecutivo di contrazione: nel 2010, l’ultimo anno col segno più, il fabbisogno era stato di 80,8 Gmc.

Nel mezzo, la crisi del termoelettrico, schiacciato tra la contrazione dei consumi elettrici e i sussidi alle rinnovabili. Nel 2014 ha poi pesato, non poco, un inverno statisticamente anomalo, con temperature sopra la media e consumi per riscaldamento in crollo verticale.

IEW - I consumi italiani di gas (2005=100) e la variazione annuale assolutaSul tema, segnalo un mio contributo dal titolo The Italian gas market: a painful decline, pubblicato sul blog ISPI Energy Watch.

Quattro priorità d’azione per l’Europa

ISPI - Energia e geopoliticaNelle conclusioni della collettanea Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio ho proposto quattro indicazioni generali, che prendono spunto dalle analisi dei diversi capitoli e che possono servire a valutare l’adeguatezza delle politiche energetiche europee, attuali e proposte.

Aumentare l’efficienza energetica
La prima priorità d’azione è quella di aumentare costantemente l’efficienza energetica, ossia di ridurre i consumi energetici a parità di lavoro svolto. Per un insieme di economie importatrici come quelle europee, la riduzione del fabbisogno è un elemento importante per abbassare i costi di produzione e dunque aumentare la competitività.
Aumentare l’efficienza significa anche ridurre la vulnerabilità rispetto ai problemi di approvvigionamento, perché in caso di indisponibilità di un fornitore i volumi da rimpiazzare sono minori. Inoltre, dato ancora più importante, le variazioni nelle quotazioni di gas e petrolio incidono di meno sui processi economici.
I decisori politici dovrebbero dunque promuovere in modo prevedibile e progressivo gli aumenti di efficienza, anche quando le contrazioni dei prezzi dell’energia riducono lo stimolo per gli attori economici a contenere i costi e l’adozione di misure normative vincolanti rappresenta l’unica alternativa.
Nel caso europeo, l’efficienza degli usi finali è già superiore alla media mondiale, ma occorrono ulteriori interventi normativi per accelerare i miglioramenti nei diversi settori, dall’edilizia ai trasporti, ai processi produttivi. Nella legislazione vigente, l’obiettivo al 2020 di riduzione dell’efficienza è però l’unico non vincolante e, nonostante gli interventi in alcuni settori specifici, anche per gli obiettivi al 2030 non è ancora emersa la volontà di includere l’obiettivo dell’efficienza tra quelli vincolanti.

Aumentare l’integrazione dei mercati
La seconda priorità d’azione è quella di proseguire con l’integrazione dei mercati energetici europei, in particolare quello elettrico e quello del gas. Un mercato più ampio e interconnesso ha infatti un approvvigionamento più diversificato, può sfruttare le complementarietà dei diversi sistemi nazionali e in ultima analisi è più resiliente.
Nel caso del gas, in particolare, dato che la domanda europea resterà debole e le infrastrutture di importazione sono nel complesso ridondanti, per decisori politici dei paesi europei l’integrazione è una soluzione ottimale per contenere i costi a parità di livello di sicurezza ottenuto.
La legislazione vigente, giunta al terzo “pacchetto energia”, ha finora favorito una crescente convergenza dei mercati nazionali, ma esistono ancora numerosi ostacoli normativi a una piena integrazione, anche a livello infrastrutturale. L’elemento più evidente del mancato completamento del processo di integrazione è l’assenza di un regolatore unico dell’energia a livello europeo.

Promuovere la concorrenzialità dei mercati
La terza priorità è quella di implementare e mantenere la struttura concorrenziale e aperta dei mercati energetici. Il ricorso ai meccanismi di mercato è uno degli aspetti fondanti non solo delle politiche energetiche europee, ma della struttura stessa dell’UE, sulla base dell’assunto che un mercato concorrenziale sia il miglior strumento per allocare efficientemente le risorse.
Pur nella necessità di contemperare esigenze diverse, occorre evitare che il perseguimento di obiettivi ambientali o di politica estera introducano distorsioni tali da compromettere l’efficienza del funzionamento del mercato, riducendone la concorrenzialità e dunque la capacità di aumentare il benessere e la sicurezza delle economie europee.
La legislazione vigente a livello europeo è frammentata e manca un indirizzo unitario e organico in tema di politica economica e industriale. Questa situazione favorisce una competizione tra istituzioni che fa emergere priorità e scelte a volte incompatibili tra loro, che rendono particolarmente incerto il quadro normativo per gli investitori e generano inefficienze.
Per quanto riguarda i consumatori finali, l’efficienza dei meccanismi di mercato è data dalla possibilità di discriminare tra le offerte e scegliere sulla base dei segnali di prezzo. Un elevato livello di tassazione, come quello vigente in molti grandi mercati europei, distorce i segnali di prezzo sino a renderli poco significativi nella scelta dell’offerta, compromettendo così l’efficienza dei mercati. Ridurre la rigidità dello strumento fiscale per i consumi energetici rappresenta dunque una condizione necessaria al funzionamento dei mercati finali europei e, in prospettiva, del mercato unico.
Il mercato e la concorrenza non sono solo principi che informano i processi economici interni all’UE, ma sono anche le modalità con cui gli operatori europei si approvvigionano a livello internazionale. Per i governi europei il rafforzamento delle istituzioni di mercato a livello internazionale e l’aumento della concorrenzialità anche al di fuori dell’Europa sono dunque strumenti primari per il rafforzamento della sicurezza energetica europea.

Ricercare protocolli condivisi a livello globale sulle emissioni
La quarta priorità è quella di ridurre le emissioni a livello globale e non solo regionale. A differenza dell’inquinamento locale, nel caso dell’anidride carbonica ridurre le emissioni in una regione non produce alcun beneficio locale, ma solo globale e solo se la riduzione dei volumi complessiva è sufficientemente ampia.
Gli sforzi imposti alle economie europee per ridurre le emissioni di anidride carbonica hanno già oggi un effetto marginale a causa della quota ridotta delle emissioni europee sul totale (11%). Questa quota è destinata a ridursi ancora – fino al 7% del totale – nel corso del prossimo decennio, quando i consumi europei diminuiranno mentre quelli del resto del mondo aumenteranno rapidamente, rendendo sempre più inutili gli sforzi unilaterali europei.
Gli obiettivi europei vigenti sono di una riduzione per il 2020 del 20% delle emissioni rispetto al 1990 ed è già emersa la volontà di portare questo obiettivo al 40% entro il 2030. Il rispetto degli obiettivi al 2020 è fortemente agevolato dalle conseguenze della crisi economica, mentre il rispetto degli eventuali nuovi obiettivi al 2030 potrebbe essere nettamente più costoso, favorendo tra l’altro un’ulteriore deindustrializzazione del continente se adottate in modo unilaterale.
La priorità per i decisori politici europei è dunque quella di ricercare protocolli condivisi sulle esternalità negative delle emissioni di gas climalteranti, a cui possano aderire i governi di tutte le grandi economie mondiali. La definizione di standard globali consentirebbe di trasformare la questione della riduzione delle emissioni da un tema di impegno su basi etiche a un tema di mercato, in base al quale incorporare nei prezzi finali il costo delle esternalità nelle attività economiche attraverso meccanismi di tassazione coordinati a livello globale.
In caso di mancata cooperazione, un’alternativa per i paesi europei potrebbe comunque essere quella di destinare più attenzione e più risorse alle misure di contenimento degli effetti del cambiamento climatico sul territorio e sulle attività umane. In questo caso, peraltro, gli investimenti avrebbero ricadute positive certe e su base locale, a prescindere dalle scelte di politica ambientale di altri governi.