Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio

ISPI - Energia e gepoliticaIl fabbisogno energetico globale si espande incessantemente e le fonti fossili continuano a dominare i consumi di tutte le grandi economie. Alla stesso tempo, le crisi che in questi anni stanno sconvolgendo alcune delle principali aree di produzione stanno inevitabilmente condizionando le scelte politiche dei governi, con conseguenze di lungo periodo.

Sul tema ho appena curato per l’ISPI una collettanea dal titolo Energia e geopolitica. Gli attori e le tendenze del prossimo decennio. Questo l’indice del volume:

Prefazione di Paolo Magri
1 – Geopolitica dell’abbondanza di Massimo Nicolazzi
2 – L’energia del futuro, tra rivoluzione americana e boom asiatico di Matteo Verda
3 – L’energia in Europa al 2030: ambiente vs competitività? di Nicolò Rossetto
4 – Cina: da produttore a importatore di Filippo Fasulo
5 – La Russia dopo la Crimea: la fine di South Stream e la proiezione verso l’Asia di Fabio Indeo
6 – L’area del Caspio nello scenario energetico contemporaneo di Carlo Frappi
7 – Il gas naturale liquefatto: evoluzione di un mercato sempre più globale di Filippo Clô
8 – Prepararsi al futuro: alcune indicazioni sulle policy per l’Europa di Matteo Verda

Il volume è scaricabile gratuitamente qui.

Produzione petrolifera: costi di estrazione e breakeven

Segnalo un’interessante tavola sui costi di estrazione medi del petrolio per tipo di giacimento e area geografica di produzione, coi relativi volumi prodotti, pubblicata da Unione Petrolifera in occasione del tradizionale preconsuntivo petrolifero annuale.

UP - Costi di estrazione a breakeven con BrentConsiglio la lettura di tutte le slides del preconsuntivo, che contengono anche altri dati interessanti sullo scenario internazionale e sulla situazione italiana.

Il calo delle quotazioni del greggio: un bene o un male per i paesi importatori?

petrolioStamattina ho letto sul Sole 24 Ore un lungo articolo in cui si riportavano le opinioni di vari analisti finanziari sugli effetti del calo delle quotazioni petrolifere.

Data l’entità della variazione del prezzo (-60% circa se calcolato in dollari, -45% circa se calcolato in euro) e l’importanza della commodity (anche perchè rappresenta un riferimento di prezzo per altre fonti di energia), l’impatto sul quadro macro-economico può essere significativo, sia in positivo che in negativo.

Nell’articolo si sottolineano i vari rischi che il ribasso comporta, in particolare le perdite finanziarie per le imprese energetiche e le società finanziarie, nonché la minore domanda di investimenti nel settore oil&gas.

Ad ogni modo, credo che per paesi come l’Italia i vantaggi sono e saranno maggiori degli svantaggi: maggiore potere di acquisto grazie alla riduzione della spesa per energia e trasporti, rafforzamento del dollaro e quindi dell’export (salvo ovviamente che verso i paesi esportatori di greggio), sollievo per il settore della raffinazione.

Non credo molto alle minacce di una deflazione indotta dal calo di materie importate e ai danni che essa produrrebbe. Molto più colpevole è un’indiscriminata politica di austerità delle finanze pubbliche.

Nel complesso quindi il calo dovrebbe essere una cosa abbastanza buona, a meno che non siate azionisti di Eni, Tenaris o creditori del Venezuela. Ma questa è un’altra storia.

PS: commenti da parte di macro-economisti sono ben accetti.

PPS: per chi oggi fosse a Padova, consiglio un convegno al Centro Levi Cases dell’Università di Padova. Massimo Nicolazzi parlerà di idrocarburi non convenzionali e dell’impatto del loro sfruttamento sui mercati energetici.

La crisi del settore della raffinazione in Europa

ISPI - 2014 in refining: Europe is ailing, Italy is worseDue giorni fa è stato segnalato un post di Simona Benedettini sul mercato della capacità inglese. Oggi, vi rimando al secondo post apparso sul nuovo Osservatorio energia dell’ISPI.

Il pezzo, firmato da Matteo Villa, fa il punto della situazione sull’andamento del settore della raffinazione del petrolio in Europa e tratteggia un quadro piuttosto fosco.

Dalla crisi finanziaria del 2008 in poi l’Europa ha visto le proprie raffinerie fronteggiare da un lato il calo della domanda interna e dall’altro la crescente competizione dei produttori extra-UE, col risultato che i margini si sono notevolmente ridotti e si è registrata la chiusura di alcuni stabilimenti, non ultimo nel nostro paese.

Insomma, anche la raffinazione soffre nel Vecchio continente dell’eccesso di capacità e della mancata crescita dell’attività economica. Da sette anni ormai, il Pil europeo è stagnante e grazie alla maggiore efficienza la domanda di energia non può che essere in calo.

In questo contesto negativo, il calo dei prezzi del greggio degli ultimi mesi può dare una temporanea boccata d’ossigeno, ma non è affatto sicuro che questa cosa durerà a lungo e che i problemi del settore si ridimensioneranno. Anzi, il dato strutturale è che senza politiche adeguate la UE rischia davvero di perdere un settore economico storicamente molto importante.

Il mercato britannico della capacità

IEW - The British capacity market: a hidden déjà vu?La penetrazione delle rinnovabili nel paniere elettrico europeo negli ultimi anni, oltre a causare un enorme trasferimento di ricchezza nella casse dei percettori dei sussidi, ha amplificato il rischio –  insito nei mercati liberalizzati – di un’insufficienza di investimenti in capacità di generazione disponibile.

In un quadro di incertezza, infatti, gli investitori di mercato possono non assumersi tutti gli oneri finanziari necessari a sviluppare e mantenere abbastanza capacità di generazione da soddisfare sempre la domanda finale, perché rischierebbero di ritrovarsi con degli impianti sotto-utilizzati e quindi anti-economici. Una condizione insostenibile se non si può scaricare direttamente sui consumatori il loro costo, come avveniva in regime di monopolio.

Allo stesso tempo, però, la disponibilità di energia elettrica in modo costante e affidabile è l’aspetto in assoluto più delicato per la sicurezza energetica delle società industrializzate, altamente dipendenti dall’elettricità sia per i processi produttivi, sia per gli apparati di telecomunicazioni.

Per questo, in un mercato liberalizzato è necessario che la collettività si faccia carico di remunerare degli operatori per mantenere operativi e disponibili impianti sufficienti a garantire che ci sia sempre capacità di riserva pronta a entrare in funzione per sopperire all’instabilità di altri produttori, in particolare di quelli da rinnovabili.

Il 16 dicembre scorso la Gran Bretagna è stato il primo Paese UE a tenere un’asta della capacità di generazione, lo strumento più efficace per allocare in modo efficiente i sussidi necessari a mantenere livelli minimi di capacità di generazione.

Su questo tema segnalo l’ottimo post di Simona Bendettini, The British capacity market: a hidden déjà vu?, che inaugura le attività dell’Osservatorio Energia dell’ISPI, l’ISPI Energy Watch.

Mercato LNG e Politica energetica europea

casp_report_8_bykSegnalo la pubblicazione da parte Caspian Strategy Institute del nuovo numero del Caspian Report, all’interno del quale potete trovare la mia sintesi dell’accordo europeo su energia e clima dello scorso ottobre (pp. 128-131), ma soprattutto un articolo di Matteo Verda sulle prospettive attuali per il mercato del gas naturale liquefatto (pp. 34-43).

Buona lettura e un augurio di felice anno nuovo a tutti i lettori di SicurezzaEnergetica.