Il pricing del gas in Europa

CIEP - Long-Term Gas Import Contracts in EuropeLong-Term Gas Import Contracts in EuropeLong-Term Gas Import Contracts in EuropeSegnalo un interessante e agile studio di Luca Franza dal titolo Long-Term Gas Import Contracts in Europe. The evolution in pricing mechanisms, pubblicato da Clingendael.

Il lavoro analizza l’evoluzione dei meccanismi di prezzo dal 2008 a oggi, evidenziando l’allineamento alle quotazioni degli hub dei prezzi previsti dai contratti di lungo periodo indicizzati al petrolio.

L’autore propone anche una rassegna delle previsioni sui consumi europei nei prossimi decenni, soprattutto per quanto riguarda il termoelettrico, e individua le condizioni che possono portare a prezzi più o meno elevati.

Invito a leggere lo studio, ma la sensazione che se ne trae è che i contratti indicizzati più flessibili non sembrano destinati a perdere di rilevanza rapidamente come si pensava, soprattutto se le quotazioni agli hub europei saranno relativamente elevate a causa della ripresa della domanda europea e della competizione asiatica per l’LNG. E questo senza considerare quel che è successo negli ultimi mesi al prezzo del greggio.

Quanto è difficile essere obiettivi, onesti e accessibili nel fare informazione

ReportUsualmente sono uno spettatore contento di Report, che reputo uno dei pochi programmi di giornalismo d’indagine di buon livello che viene fatto in Italia e che va a fare le pulci a politici, imprenditori, sindacati e quant’altro.
Proprio per questo sono tuttavia deluso da una parte della trasmissione andata in onda domenica 21 dicembre, ‘O sole mio, che si proponeva di aggiornare l’analisi condotta in una puntata della scorsa primavera dedicata al fracking.
Tra le inesattezze, imprecisioni o affermazioni che a un pubblico poco preparato possono risultare tendenziose mi limito a indicare:
• Min. 2: parlando del rischio sismico in Italia non si distingue bene fra i rischi connessi all’estrazione di idrocarburi, che non necessariamente avvengono col fracking, e i rischi connessi all’immissione e estrazione di gas da siti di stoccaggio, attività che non impiega tecniche simili a quelle del fracking.
• Min. 3: qualche decina di trivellazioni fatte a 10-20 km dalla costa o in alcune aree poco abitate (Basilicata) non credo danneggino il turismo italiano più di quanto non facciano la scarsità dei collegamenti di trasporto, il poco inglese degli operatori o l’edificazione di centinaia di centri commerciali e capannoni industriali.
• Min. 3: vero, l’industria estrattiva è a bassa intensità di lavoro, ma può dare sbocco a produttori di tecnologia e lavoro a varie centinaie di persone altamente specializzate (ingegneri, geologi,..) oltre che a qualche migliaio di operai. Come al solito, dirimente è l’origine di questi fattori della produzione e l’effetto moltiplicatore che può generare. Se fossero tecnologie e ingegneri italiani forse il gioco varrebbe la candela.
• Min. 4: non si capisce cosa si intenda e in base a che assunzioni si possa affermare che il 75% dei danni ambientali causati dall’inquinamento (????) provengano dalla produzione di energia. D’altra parte essendo l’energia utilizzata in ogni attività, l’affermazione rischia di perdere di significato. Un numero messo così credo miri impressionare e non ad informare.
• Min. 4: riportando il dato dei costi ambientali stimato dalla EEA, il giornalista riferisce a parole il limite estremo del range indicato nel testo del documento (169 mld di euro) e non anche quello minimo (102 mld): un po’ asimmetrica come lettura.
• Min. 6: la produzione elettrica da fotovoltaico non può sostituire quella da gas o carbone perché se il sole non c’è, anche avere 1.000 km2 di pannelli fotovoltaici non basterebbe a coprire la domanda. Gli impianti fotovoltaici NON rimangono per sempre: dopo 20-25 anni i pannelli si degradano e vanno sostituiti. La Road Map 2050 non è ancora vincolante: è solo una proposta della Commissione europea in risposta a un impegno vago preso dal Consiglio europeo di ridurre entro il 2050 le emissioni clima-alteranti dell’80-95%.
• Min. 6: le riserve provate di idrocarburi in Italia valgono sì meno di 2 anni di fabbisogno (a spanne), ma il loro sfruttamento a tassi ragionevoli, anche doppi di quelli attuali, causerebbe il loro esaurimento fra non meno di 10-15 anni, tempo sufficiente ad ammortizzare gli investimenti. E tutto questo senza dimenticare che le riserve provate potrebbero anche crescere nel tempo a seguito di nuove scoperte geologiche e/o tecnologiche.
• Min. 7: non è vero che il gas in Italia viene usato soprattutto per fare elettricità: più della metà viene usato per produrre calore nelle case o nelle industrie. E di nuovo, il fotovoltaico può sostituire solo parte della produzione elettrica da gas (di notte come si fa? Le batterie non sono ancora economiche e hanno pure esse costi ambientali).
• Min. 8: a fronte di (circa) 70 mld di euro annui di fonti energetiche importate dall’Italia non si cita che l’investimento in rinnovabili nel 2011-13 è stato in Italia di circa 30-40 mld di euro, il quale ci permette sì di ridurre le importazioni, ma dato che le rinnovabile aggiunte hanno coprono solo il 3-4% della domanda totale di energia primaria, si vede bene che si tratta di un investimento costoso e non molto efficace (in termini di importazioni evitate).
• Min. 9: il contenuto del servizio devia paurosamente dall’argomento che doveva essere aggiornato, ossia il tema della sismicità legata alle attività estrattive: non se ne parla più. Forse non ci sono molti argomenti o forse si voleva fare una puntata pubblicitaria al solare.
• Min. 10: la filiera delle rinnovabili è in crisi e si perdono posti di lavoro. È vero, ma non si dica che si vuole ammazzare un settore che andava in contro-tendenza rispetto al ciclo economico nazionale! Con 20-30 miliardi di sussidi in 3-4 anni credo che anche il settore delle bambole gonfiabili sarebbe cresciuto e avrebbe assunto migliaia di lavoratori.
• Min. 15: anche le conclusioni della Gabanelli non citano nemmeno per striscio il tema di apertura (e della puntata di aprile che si doveva aggiornare).

Sperando che la colpa sia dovuta ai tempi stretti del giornalismo e non a malafede o impreparazione del giornalista, mi è parso utile segnalarlo su questo blog. Anche questo è servizio pubblico.

Il Corridoio meridionale dopo South Stream

Hazar - The Southern Gas Corridor Beyond South StreamL’annuncio di Putin a inzio dicembre dell’abbandono di South Stream ha attratto molta attenzione mediatica. La vicenda del gasdotto da diverse decine di miliardi di dollari rappresentava infatti il simbolo più evidente dello scontro in atto tra le strategie di Gazprom e quelle della Commissione Europea.

Ora che il progetto è ufficialmente abbandonato, sia Gazprom sia la Commissione Europea finiranno col rivedere profondamente i propri piani, soprattutto a causa delle aspettative tutt’altro che rosee del mercato del gas in Europa. In questo quadro, difficilmente ci sarà posto per l’ipotesi di deviare la rotta del South Stream passando dalla Turchia, secondo la formula giornalistica del Turk Stream.

Sull’argomento, segnalo una mia analisi pubblicata oggi dal Caspian Strategy Institute.

I prezzi dell’energia in Europa

Recent Trends in EU Energy PricesSegnalo un interessante studio pubblicato dal Parlamento europeo sui prezzi dell’energia in Europa dal titolo Recent Trends in EU Energy Prices, realizzato dalla DG Politiche interne del Parlamento stesso.

Il lavoro propone un’analisi delle tendenze in atto a livello globale, a cominciare naturalmente dalle quotazioni del greggio. La seconda parte analizza i dati – aggiornati a giugno o settembre 2014 – dei prezzi dell’elettricità, del gas e dei prodotti petroliferi nei diversi Paesi europei.

Lavoro interessante, limitato però dal fatto che non sono indicate le dimensioni dei clienti considerati per il gas e per l’elettricità, un elemento che influenza sensibilmente la comparabilità dei dati.

Petrolio: quando il prezzo può cambiare tutto

ISPI - Petrolio: quando il prezzo può cambiare tuttoIl secondo semestre del 2014 è stato segnato dal crollo delle quotazioni del greggio. Dopo aver raggiunto un picco di 115 dollari a metà giugno, il prezzo del Brent Dated ha iniziato a ridursi in modo costante per tutto il terzo trimestre, per poi crollare nell’ultima parte dell’anno. A metà dicembre è stata infranta la soglia psicologica dei 60 dollari e non si sono ancora presentati segnali di un’interruzione della tendenza al ribasso.

Un calo del 40% in un semestre è un avvenimento, ma le quotazioni del greggio sono storicamente sottoposte a oscillazioni. Per restare agli anni recenti, nel 2008 le quotazioni medie giornaliere erano passate dai 144 di metà luglio ai 34 dollari di fine dicembre: -76% in poco più di cinque mesi.

Ogni oscillazione ha cause e dinamiche uniche, ma il meccanismo che fa scattare la discesa dei prezzi è sempre il medesimo: un eccesso di offerta rispetto alla domanda, a cui non segue un’immediata riduzione dei volumi.

[il mio commentary continua sul sito ISPI]

L’impatto locale della shale revolution

Corriere - Quel maledetto petrolio di PalermoIn questi giorni di discesa delle quotazioni del greggio ci si chiede se la shale revolution americana sia economicamente sostenibile oppure no. Si tratta di un tema importante per capire gli sviluppi che dobbiamo attenderci sui mercati energetici internazionali nei prossimi 12-18 mesi.

Nel frattempo però non si parla molto dell’impatto che il rapido sviluppo delle attività estrattive nei giacimenti shale ha avuto negli ultimi anni sulle comunità locali. Nel bene come nel male.

Per chi fosse interessato consiglio il reportage apparso oggi sul Corriere della Sera.

Nuove opportunità di lavoro e sviluppo, improvvise ricchezze, degrado ambientale, crescenti disparità e aumento della violenza sono tutte sfaccettature di un fenomeno che in 5-6 anni ha trasformato il North Dakota da povero territorio agricolo in uno dei maggiori produttori al mondo di idrocarburi.

NB: così come il piccolo villagio di Palermo ha conosciuto un boom eccezionale negli scorsi 5 anni, altrettanto velocemente potrebbe subire un netto ridimensionamento qualora il prezzo del petrolio non torni a salire. Stanti le prospettive più condivise, è lecito pensare che nuove città fantasma potrebbero apparire presto nello sconfinato Midwest americano.