Segnalo un breve contributo di Julian Wieczorkiewicz (CEPS) dal titolo Abolishing Oil Indexation in Gas Contracts: Is it the cure-all?
I meccanismi di formazione del prezzo del gas sono progressivamente cambiati negli ultimi anni. Favoriti da un eccesso di domanda e da alcune evoluzioni istituzionali, i meccanismi di prezzo su base spot (ossia, incontro di domanda e offerta) sono andati diffondendosi anche fuori del Regno Unito.
In molti documenti ufficiali, la creazione di un mercato interamente basato sugli hub e sui prezzi spot, anziché sui contratti indicizzati di lungo periodo, è vista come un obiettivo per i prossimi anni.
Attualmente però i contratti indicizzati rappresentano ancora circa la metà di tutte le forniture di gas europee. E l’entusiasmo per le quotazioni spot tra i decisori politci è basato sul’equazione “prezzi spot=prezzi bassi”.
Ma l’equazione potrebbe non essere necessariamente così vera, oggi e soprattutto in futuro. In particolare, Wieczorkiewicz indica tre motivi:
- i prezzi spot risentono della volatilità della domanda e per mantenersi relativamente stabili hanno bisogno di ulteriore capacità di stoccaggio, che però rappresenta un costo per il sistema;
- il mercato europeo è destinato a dipendere sempre di più dalle importazioni e in un mercato completamente globale basato sull’LNG i consumatori europei dovrebbero competere sul prezzo con quelli asiatici (che oggi lo pagano di più), con il rischio di finire col pagare un prezzo superiore a quello delle forniture via tubo con prezzo indicizzato;
- il prezzo del greggio potrebbe scendere, portandosi dietro i prezzi delle forniture indicizzate e rendendoli di nuovo pienamente competitivi.
Insomma, non si tratta di un’apologia, ma anche i contratti indicizzati hanno i loro pregi, non solo per i produttori.