Corridoio meridionale del gas alla prova dei fatti

Linkiesta - Corridoio meridionale del gas alla prova dei fattiIl 2013 appena concluso ha rappresentato un anno decisivo per il Corridoio meridionale del gas, il progetto politico immaginato per diversificare le importazioni europee attraverso l’accesso diretto ai produttori del Bacino del Caspio e delle aree limitrofe. Un progetto discusso da oltre un decennio e arrivato alla sua ufficializzazione da parte della Commissione Europea nel 2008, ma – complice la crisi – rimasto in sospeso fino all’anno appena concluso.

Nel mese di giugno è stato finalmente scelto il Trans Adriatic Pipeline (TAP) come tratto finale dell’infrastruttura che porterà il gas azerbaigiano su mercati finali europei. Nel mese di dicembre è poi arrivata l’attesa firma della decisione finale d’investimento relativa alla seconda fase di Shah Deniz, il giacimento da cui sarà materialmente estratto il gas.

Si completa così tutta la catena, dal produttore al consumatore. [continua su Linkiesta…]

La Turchia come hub regionale del gas

Simone Tagliapietra - Turkey as a Regional Natural Gas Hub: Myth or Reality? An Analysis of the Regional Gas Market Outlook, beyond the Mainstream RhetoricLa decisione di costruire TANAP e TAP ha dato finalmente una dimensione concreta al Corridoio meridionale del gas. Per ragioni geografiche, economiche e politiche, il nodo centrale del corridoio non può che essere la Turchia.

Con un mercato in forte crescita e con una posizione geografica all’incrocio tra Caucaso, Iran, Iraq e Bacino del Levante, Ankara rappresenta un partner inevitabile di ogni sviluppo nell’area.

Il governo turco carezza da tempo l’ipotesi di sfruttare questa posizione per diventare un vero e proprio hub del gas, su cui far transitare una quota delle importazioni europee non facilmente sostituibile. Col risultato di diventare un partner sempre più indispensabile per l’UE.

Le prospettive di realizzare questo progetto nel medio termine (5-10 anni) non ci sono, per via delle carenze sul lato dell’offerta. In un orizzonte più lungo, c’è qualche possibilità, ma esistono molte incertezze: dalle reali possibilità di sviluppo delle aree di produzione alla consistenza della domanda europea.

Per approfondire questi temi, segnalo l’ottimo paper di Simone Tagliapietra: Turkey as a Regional Natural Gas Hub: Myth or Reality? An Analysis of the Regional Gas Market Outlook, beyond the Mainstream Rhetoric.

Il settore elettrico in Italia nel 2013

Assoelettrica - I dati congiunturali del settore elettrico italianoSegnalo la pubblicazione da parte di Assoelettrica dei dati relativi all’andamento del settore elettrico in Italia nel 2013. Si tratta di un lavoro particolarmente utile di riordino dei dati disponibili attraverso le diverse fonti.

I consumi elettrici nel 2013 sono diminuiti del 3,4% rispetto al 2012, attestandosi a 296.852 GWh. La produzione elettrica è stata di 277.380 GWh (-3,6%), di cui 1.734 GWh destinati ai pompaggi. La differenza è stata coperta grazie alle importazioni, soprattutto da Francia e Svizzera, tendenzialmente stabili.

Guardando alla composizione della produzione, è andata molto bene la generazione da rinnovabili (108.894 GWh). Torna soprattutto a crescere l’idroelettrico (50.781 GWh, +22,9%), seguito dal fotovoltaico (22.146 GWh, +18,9%), dalle biomasse (15.777 GWh, +34,6%), dall’eolico (14.886 GWh, +11,6%) e dalla geotermia (5.305 GWh, +1%).

Male invece la generazione da fossili (166.751 GWh), soprattutto il gas naturale (104.151 GWh, -15,3%), che in termini assoluti si contrae da solo in misura analoga a tutto l’aumento delle rinnovabili (-18.813 GWh). Segno negativo anche per il carbone (41.089 GWh, -6,2%) e per gli oli combustibili e gli altri fossili (21.511 GWh, -25,4%).

La debolezza della domanda ha spinto verso il basso i prezzi, ma praticamente senza benefici per le bollette, visto che i costi di rete sono aumentati, soprattutto a causa dell’impatto delle rinnovabili sussidiate. Che hanno assorbito sempre più soldi: 11,2 miliardi di euro nel 2013, ben 1,6 miliardi in più rispetto al 2012. Il solo aumento è stato quindi pari a quasi quattro mini-IMU, con buona pace degli italiani.

Regno Unito: nuove licenze per il Mare del Nord

Produzione britannica di gas e petrolio (1970-2012)Il governo britannico ha lanciato un nuovo tender per le licenze di sfruttamento degli idrocarburi del Mare del Nord, aprendo nuove aree agli investitori. Due mesi fa il tender precedente ha portato alla concessione di 219 nuove licenze.

Il settore petrolifero è un contributore importante per il fisco britannico: i 36 progetti approvati nel 2013 hanno generato circa 6,5 miliardi di sterline (7,8 mld euro) di gettito e altri 5 miliardi di sterline (6 mld euro) di gettito stimato lungo la filiera. Il settore petrolifero britannico, inoltre, impiega 350.000 lavoratori, di cui quasi la metà in Scozia.

Il settore petrolifero britannico si è sviluppato intorno ai giacimenti del Mare del Nord, che tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta ha conosciuto un vero e proprio boom petrolifero: da 2 Mt nel 1975 a 80 nel 1980, fino al record di 165 nel 1986.

L’industria ha conosciuto una seconda giovinezza negli anni Novanta con il gas naturale, passato da una produzione intorno ai 40 Gmc negli anni Ottanta a 76 Gmc nel 1995, fino al record di 116 Gmc nel 2000.

Il declino nel primo decennio del secolo è stato rapido: la produzione aggregata di gas e petrolio è infatti passata dal record di 227 Mtep del 1999 a 82 Mtep nel 2012. Per trovare un livello tanto basso, occorre tornare indietro fino al 1978. E i dati preliminari relativi al 2013 indicano un’ulteriore contrazione del 10%.

A differenza di altri governi europei che preferiscono aumentare la pressione fiscale per sussidiare le rinnovabili, il governo britannico sembra dunque deciso a sostenere la ripresa economica anche sfruttando le riserve presenti nel sottosuolo del Paese e puntando all’efficienza nei consumi.

L’Europa e l’energia nel 2014

AgiEnergia - L’Europa e l’energia nel 2014Nuovo anno, sfide vecchie: proseguire l’interconnessione e l’integrazione dei mercati europei, conciliare l’efficienza economica e i (bizzarri) obiettivi di politica ambientale, gestire il cambiento di paradigma nella sussidiazione delle rinnovabili.

Il tutto, con un’elezione del Parlamento europeo in mezzo (maggio) e la nomina di una nuova Commissione (nei mesi successivi). Sul tema, segnalo un’interessante analisi di Luigi De Paoli pubblicata su AgiEnergia: L’Europa e l’energia nel 2014.

La Turchia e la sicurezza energetica europea

Energy, Turkey, the EU, the Adriatic basinSegnalo tre contributi molto interessanti pubblicati dallo IAI sulla Turchia e collegati al suo ruolo nella sicurezza energetica europea:

Sebbene sia a questo punto chiaro che le prospettive di accesso della Turchia all’UE siano le medesime dell’Ucraina, la cooperazione tra Ankara e i governi europei è quantomai importante per lo sviluppo del sistema infrastrutturale europeo.
Non bisogna tuttavia sopravvalutare il ruolo della Turchia: per quanto importante, nei prossimi decenni difficilmente dal Paese transiterà più del 5% dei consumi europei di gas (20-25 Gmc/a), ossia meno che dalla Tunisia. E anche qualora le più rosee aspettative dovessero realizzarsi, si arriverebbe al massimo al 10%.

Inoltre, la Turchia rappresenta anche un grande importatore di gas (46 Gmc nel 2012) e ha interessi convergenti rispetto ai consumatori europei quando si tratta della maggiore minaccia alla sicurezza energetica, ossia la stabilità dei Paesi produttori.

Diversa la questione quando si tratta di costi di realizzazione delle infrastrutture e di tariffe per il trasporto. Per questo, però, ai governi europei conviene essere coerenti con le scelte di fondo di politica economica degli ultimi decenni e lasciare che a occuparsi in prima linea della questione siano gli operatori.

Chi nelle diverse istituzioni sostiene il contrario ha probabilmente un forte interesse a usare la sicurezza energetica come pretesto per perseguire altri fini, sia nel dossier ucraino sia in quello turco.