Rallentamento cinese e mercati energetici

PIL cinese - variazione annua %Segnalo un interessantissimo post di Nick Butler sulle prospettive dei consumi energetici cinesi e sul loro impatto sui mercati internazionali e un post di Jérémie Cohen-Setton (Bruguel) sullo stesso tema.

Semplificando brutalmente, le stime di consenso per i prossimi decenni (IEA, AIE, BP, Shell, Exxon) sono tutte di una domanda cinese in continua espansione con ritmi comparabili a quelli dell’ultimo decennio. L’assunzione di base di questi scenari è che la crescita cinese continui con ritmi molto superiori alla media mondiale, ma ci sono parecchi segnali che la situazione sia destinata a essere molto più complessa e che i ritmi di crescita cinesi tenderanno inevitabilmente a contrarsi.

Il problema è che le attuali scelte di investimento risentono delle aspettative di una domanda energetica mondiale trainata da un import cinese in forte espansione, che però probabilmente crescerà meno del previsto. Il risultato? Un grosso rischio che il prezzo del barile imbocchi una tendenza alla contrazione, con effetti molto negativi sulle compagnie (peggio per loro) e per i Paesi produttori più dipendenti dalle esportazioni energetiche (e qui sorgono i problemi).

Caucaso meridionale: un decennio movimentato

http://www.ispionline.it/sites/defau</a>L’Italia e il <strong>Caucaso meridionale</strong> sono più vicini di quanto lascerebbero supporre i 3.000 km di distanza. E non solo perché in futuro il TAP porterà il gas azerbaigiano arriverà in Italia. Già oggi infatti il 20% dei consumi italiani di petrolio (circa 200.000 barili al giorno) arriva dal Caspio azerbaigiano e transita attraverso l’<a title=oleodotto BTC, che dal 2006 attraversa l’Azerbaigian e la Georgia.

L’inaugurazione del BTC è stato solo uno degli eventi che hanno reso l’ultimo decennio nell’area del Caucaso meridionale un momento cruciale per la storia delle tre repubbliche post-sovietiche della regione: Armenia, Azerbaigian e Georgia.

Capire qualcosa in più delle dinamiche più importanti nella regione può essere utile per valutare meglio i rischi per la sicurezza energetica italiana. Per chi fosse interessato ad approfondire il tema, segnalo una mio report pubblicato oggi dall’ISPI: A Decade in Motion. Southern Caucasus in 2003-2013.

Resources futures

Resources FuturesSegnalo un’interessante ricerca pubblicata qualche mese fa da Chatham House: Resources Futures.

Lo studio ricostruisce le principali dinamiche nei mercati globali delle materie prime negli ultimi quindici anni: produttori, consumatori e flussi di scambio.

Lo studio inoltre propone alcune previsioni per il prossimi decenni. Per quanto riguarda l’energia, le tendenze al 2020 ipotizzate sono:

  • aumento della domanda globale del 17% rispetto al 2010 [uguale al dato IEA, World Energy Outlook 2012]
  • necessità di investimenti nel settore energetico pari a 3.000 miliardi di dollari
  • prezzo del greggio a 120 dollari al barile
  • prezzo del gas ancora regionale, con mantenimento di un forte differenziale tra Asia e Nordamerica.

Le tendenze al 2030 individuate sono:

  • aumento della domanda del 29% rispetto al 2010 [uguale al dato IEA]
  • aumento della domanda di carbone del 20% [uguale al dato IEA]
  • aumento della domanda di gas del 44% [5 p.p. più del dato IEA]
  • necessità di investimenti nel settore energetico pari a 37.000 miliardi di dollari al 2035, di cui la metà nel settore elettrico [analogo al dato IEA]
  • prezzo del greggio tra 100 e 140 dollari al barile in termini reali [il dato IEA è 125]

Nulla di particolarmente originale, dunque. Ma resta una lettura interessante per chi voglia farsi un’idea più precisa delle tendenze del passato prossimo e delle (probabili) tendenze future.

Domande e risposte sul fracking

FT - No middle ground in fracking debateSegnalo un interessante articolo del FT sul fracking e il gas da argille, tema attualmente molto dibattuto nel Regno Unito, dove sono in corso le operazioni per sfruttare diversi giacimenti.

Nunmerose le domande dirette a cui FT cerca di rispondere: cos’è il fracking, cosa sta succedendo nel Regno Unito, quali sono gli effetti. Tra l’altro, a quanto pare è più facile che le miniere di carbone provochino terremoti che non le operazioni di fracking (una delle grandi preoccupazioni dei britannici).

Interessante notare che la Chiesa di Inghilterra si è schierata a favore dello sfruttamento del non convenzionale perché consentirebbe costi dell’energia più bassi, a tutto vantaggio dei più poveri. Punto che sembra spesso sfuggire nel dibattito sulle politiche energetiche e in particolare sulle rinnovabili.

Lettura consigliata e istruttiva, anche se giova ricordare che nel nostro Paese non ci sono riserve di gas da argille e dunque il dibattito difficilmente ci interesserà mai in modo diretto.

La tassazione della produzione in Italia

INGRANDISCI - La pressione fiscale sulla produzione di idrocarburi

Segnalo un’interessante ricerca di Normisma Energia su La tassazione della produzione di gas e petrolio in Italia.

Dallo studio, risulta che pressione fiscale sulla produzione di idrocarburi è del 64%: non esattamente un incentivo a investire.

Se poi si considerano i tempi biblici per tutte le fasi amministrative, il quadro non è roseo. «Per ottenere un’autorizzazione per la fase esplorativa si attende, infatti, oltre il 70% in più rispetto alla media globale, ed il ritardo aumenta ulteriormente per la fase di coltivazione, dove un’autorizzazione può essere concessa in oltre 9 anni, contro una media di 4 all’estero».

Insomma, anche se la dipendenza dalle importazioni è largamente dovuta a fattori geologici, i disincentivi agli operatori fanno la loro parte.