Le politiche ambientali europee: vittime della crisi economica

Le politiche ambientali europee: vittime della crisi economicaLa crisi economica europea e la selva di sussidi nazionali eccessivi e mal disegnati hanno reso progressivamente più plausibili gli ambizioni obiettivi al 2020 delle politiche ambientali europee.

Sul tema del gnalo un interessante contributo di Carlo Stagnaro su AgiEnergia: Le politiche ambientali europee: vittime della crisi economica.

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Tasse sulle tasse e altre italiche amenità

Pale eoliche e centrali nucleari spente. In bolletta un conto di 230 euroPannelli solari, pale eoliche, centrali a biomasse, fonti «assimilate» (come gli scarti delle raffinerie), centrali nucleari che non ci sono più, mancette da 250 milioni alle FS e (meraviglia!) tasse sulle tasse e tasse sugli oneri pagati allo Sogin (che è dello Stato!) per smantellare le centrali..

Spassoso (se non fosse tristemente vero!) articolo di Sergio Rizzo sul Corriere: Pale eoliche e centrali nucleari spente. In bolletta un conto di 230 euro.

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Sul concetto di sicurezza energetica

Christian Winzer - Conceptualizing Energy SecuritySegnalo un working paper di Christian Winzer pubblicato per l’Electricity Policy Research Group dal titolo Conceptualizing Energy Security.

Il paper affronta in modo diretto ed efficace la varietà di definizioni e misurazioni del concetto di sicurezza energetica e arriva a un nocciolo condiviso da cui partire per ulteriori riflessioni («the continuity of energy supplies relative to demand»).

Interessante anche l’appendice dedicata alla raccolta delle definizioni presenti in letteratura.

Le prospettive degli idrati di metano

What If We Never Run Out of Oil?Consiglio vivamente di prendersi qualche decina di minuti e leggersi questo il bell’articolo di Charles Mann pubblicato sull’Atlantic What If We Never Run Out of Oil?

L’articolo contiene parecchie interessanti informazioni sugli idrati di metano, sui possibili sviluppi delle ricerche in corso e sulle possibili conseguenze sui mercati mondiali dell’energia.

Nota: ad aver notato il post prima di me era stato Matteo Monti, sul suo blog.

Indipendenza energetica? Attenzione ai produttori

NYT - The Dark Side of Energy IndependenceLa conseguenza globale della crescente produzione non-convenzionale statunitense e della tanto agognata indipendenza energetica? Più instabilità politica nel sistema internazionale.

Questa è la chiave di lettura proposta da Benjamin Alter e Edward Fishman nel loro editoriale The Dark Side of Energy Independence, pubblicato sul New York Times il 28 aprile.

Il legame tra questi due fenomeni sarebbe, manco a dirlo, il prezzo del petrolio. Un aumento della produzione domestica statunitense produrrebbe pressioni ribassiste sul prezzo del greggio, per il quale alcuni analisti si spingo a prevedere un ritorno verso quota 50 dollari  al barile nei prossimi due anni (oggi siamo intorno a quota 100).

Prezzi così bassi sarebbero ossigeno per l’economia americana (meno per quelle europea e giapponese, come nota giustamente Macello Colitti su Staffetta Quotidiana), ma sarebbero una maledizione per molti Paesi produttori, dipendenti dai proventi delle esportazioni di greggio.

I Paesi del Medio Oriente sono l’esempio più evidente: difficile pensare un’Arabia Saudita immune alle primavere arabe senza i ricchi proventi del petrolio con quotazioni alle stelle. Stesso discorso per altri Paesi dell’area, a cominciare dal Bahrein, dove ha base la V flotta statunitense.

Un caso forse perfino più preoccupante sarebbe però quello della Russia: il sistema politico creato da Putin basa la propria stabilità economica sulle rendite delle esportazioni energetiche, in maggioranza petrolifere (ma anche il prezzo del gas russo è collegato tramite i contratti indicizzati, per l’eventuale gioia dei grandi clienti europei di Gazprom).

Un calo repentino del prezzo del greggio avrebbe effetti devastanti: basti pensare che il bilancio federale è previsto in pareggio nei prossimi anni solo con il petrolio sopra i 100 dollari. Prezzi internazionali pari alla metà comprometterebbero il relativo benessere raggiunto dalla Russia in questi anni e, al limite, la sua stabilità politica.

Le probabilità di una discesa dei prezzi tanto repentina sono basse, ma nel caso gli effetti promettono di essere davvero globali. A futura memoria.

La rivoluzione americana del gas e gli effetti sull’Europa

La rivoluzione americana del gas e gli effetti sull’EuropaSegnalo un mio post sulla questione (sopravvalutata) dell’impatto di breve-medio periodo della rivoluzione non-convenzionale negli Stati Uniti sui mercati europei del gas naturale.

Sia che si tratti di mancate importazioni, sia che si tratti di ipotetiche esportazioni verso l’Ue, si tratterà plausibilmente di volumi contenuti, insufficienti a cambiare gli equilibri dei mercati europei nel corso del decennio.