Slides relative alla lezione «Introduzione alla geopolitica», presso l’Università degli Studi di Pavia (16 Aprile 2012).
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Slides relative alla lezione «Introduzione alla geopolitica», presso l’Università degli Studi di Pavia (16 Aprile 2012).
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Massimo Mucchetti sul Corriere online rende conto della composizione della bolletta elettrica, resa di recente più trasparente dall’Autorità.
Per l’analisi completa, rimando all’articolo. Mi soffermo su un dato: 10,6 miliardi di sussidi alle rinnovabili, che saliranno a 12 con il quinto conto energia. E tutto questo, con una potenza fotovoltaica installata pari a 12.500 MW, quando l’obiettivo per il 2020 avrebbe dovuto (in teoria) essere 8.000. Il dato si commenta da sé e con il nuovo aumento a fine mese le polemiche si sprecheranno, come i sussidi.
Come riportato da Caravella.eu, Putin ha annunciato che gli operatori russi investiranno nello shale gas, per mantenere il passo con i mercati globali.
Al netto delle questioni di propaganda (dal BP Statistical Review 2012, gli statunitensi hanno sorpassato i russi come primo produttore), le dichiarazioni di Putin difficilmente segneranno un cambio di passo nella strategia russa, almeno nel breve periodo.
Forti delle più grandi riserve al mondo (48.000 Gmc), gli operatori russi non hanno mai dovuto affrontare davvero la sfida tecnologica del non convenzionale. Secondo la IEA, le riserve russe di shale gas dovrebbero essere pari a 4.000 Gmc: piuttosto modeste. E anche se il territorio russo richiede ulteriori esplorazioni e potrebbe nascondere grandi sorprese, al momento manca la necessità economica per investire nella tecnologia necessaria alla produzione su larga scala.
Considerando il più ampio spettro del non convenzionale, già oggi in Russia si stima una produzione da tight gas pari a circa 20 Gmc. Sempre secondo la IEA, la produzione complessiva da non convenzionale è destinata a crescere molto lentamente, arrivando a 30 Gmc nel 2035. Le priorità russe di investimento sono altrove.
Il metano vanta in Italia una lunga storia, che si intreccia con lo sviluppo industriale del dopoguerra, in un sovrapporsi spesso indistinto di economia e politica.
Il libro di Samorè ripercorre la storia della filiera italiana del gas e si concentra sulle dinamiche che hanno caratterizzato la distribuzione, dagli albori del dopoguerra, ai rapporti tra Eni e le realtà locali, fino alle grandi multiutilities formatesi negli ultimi due decenni.
Una lettura affascinante per capire le origini della frammentazione del mercato italiano e la tradizione politica che fa ancora sentire il proprio peso sul processo di liberalizzazione.
Francesco Samorè
La piramide del gas. Distribuire l’energia al territorio (1945-2009)
Bruno Mondadori, 2010, 174 pp.
ISBN/EAN: 978-88-615-9431-9
Scheda dell’editore
Servizio bibliotecario nazionale
Interessante e puntuale analisi di Nicolò Sartori sulla partita in corso per scegliere l’infrastruttura che porterà il gas azerbaigiano di Shah Deniz II sui mercati europei.
Sartori mette in particolare evidenza la necessità che il Governo si muova per sostenere il TAP e far giungere sul mercato italiano, anziché su quelli dell’Europa orientale o su quello russo, i nuovi flussi di importazione (v. anche l’ultimo Focus sicurezza energetica).
Una postilla: se vogliamo fare dell’Italia davvero un hub di importazione europeo, date le (modeste) prospettive del pur grande mercato italiano, sarebbe importate iniziare a riflettere sulle connessioni in uscita, oltre che su quelle in entrata.
Nel complesso, l’interdipendenza tra gli Stati europei e la Federazione Russa sembra destinata a permanere anche nel futuro, creando una struttura di incentivi molto favorevole alla cooperazione, sia sul piano economico sia su quello politico. In questo quadro si inscrivono gli effetti di altre tendenze in atto nei mercati mondiali dell’energia: in particolare, la progressiva affermazione di fonti energetiche alternative agli idrocarburi e l’esplosione della domanda energetica cinese.
L’affermasi delle fonti rinnovabili potrebbe consentire nel lungo periodo una differenziazione dei panieri energetici europei e una riduzione del livello di dipendenza dalle importazioni, anche russe. L’aumento della domanda energetica cinese consentirà invece una differenziazione dei mercati finali per gli idrocarburi russi, riducendo il peso relativo delle vendite sui mercati europei. Complessivamente, dunque, la tendenza potrebbe essere quella di un allentamento dell’interdipendenza energetica russo-europea.
L’effetto combinato del mantenimento dell’interdipendenza e al contempo un suo allentamento a causa dell’evoluzione del contesto sarebbe una relativa attenuazione della dimensione di sicurezza legata in particolare agli approvvigionamenti europei di gas naturale russo. Questo potrebbe favorire un ulteriore sviluppo dell’aspetto economico della cooperazione, soprattutto per quanto concerne gli investimenti.
da Matteo Verda, Sicurezza energetica e politica estera. L’esperienza europea nel post-Guerra Fredda (2012, in pubblicazione)