Sembra non passare mese senza che qualcuno lanci un allarme sulla morsa di Gazprom e della Russia sull’Europa. L’ultimo in ordine di tempo è Pietro Briggi su Meridiani, ma credo non mancheranno nuove voci nel coro.
Senza dubbio, le forniture russe sono indispensabili per l’Europa e per l’Italia. Ma chi parla di rischi concreti per i Paesi dell’Europa occidentale, dovrebbe prima confrontarsi con due punti non trascurabili. Il primo è che il gas russo rappresenta poco più del 20% dei consumi europei: anche se per alcuni Paesi dell’Est le alternative sono poche, nel caso dei grandi consumatori siamo ben lontani da una situazione di drammatica dipendenza (il dato per l’Italia nel 2011 è stato 34%).
E questo senza considerare che la capacità di importazione europea – e italiana – è sottoutilizzata, tanto che sfruttando le infrastrutture esistenti e collegando le reti nazionali in modo efficace sarebbe in linea teorica possibile fare del tutto a meno delle forniture russe. Almeno secondo quanto dichiarato da Leonardo Bellodi di Eni di fronte alla 10a Commissione del Senato.
Un secondo punto con cui devono misurarsi i catastrofisti anti-russi è ancor più elementare: perché mai la Russia dovrebbe interrompere le forniture verso l’Europa? Al massimo può provarci l’Ucraina, per qualche giorno e solo per ricattare Mosca. Ma nulla più: e per questo basta lo stoccaggio, che peraltro Gazprom sarebbe ben contenta di finanziare anche in territorio europeo.
La Russia ha infatti nei mercati europei la sua prima destinazione di esportazione di combustibili fossili: su 255 miliardi di proventi, 156 sono arrivati dall’UE, tra cui la gran parte dei 43 totali relativi al gas naturale (dati del World Energy Outlook 20011 della IEA, riferiti al 2010). Difficilmente si possono immaginare ragioni per cui la Russia potrebbe dimostrarsi un fornitore inaffidabile e mettere a rischio questo flusso di cassa, che peraltro corrisponde a un quinto del PIL e due terzi delle esportazioni.
Oserei dire che c’è molto da pensare, per gli anti-russi per partito preso. Questo non significa che non ci sia bisogno di diversificazione dei fornitori, oltre che delle rotte (con buona pace dei tedeschi): ma questo è un altro discorso, a cui l’allarmismo fa più danni che servigi, confondendo le acque.
Venendo alle questioni più direttamente di casa nostra, anche nell’intricata vicenda Eni/Snam RG si profila all’orizzonte il rischio russo, anche se come pura ipotesi (plausibilmente senza prospettive reali: ma gli sparacchi servono a questo, no?). A parlarne è Alessandro Plateroti in un ottimo pezzo sul Sole24Ore di ieri, che torna molto più realisticamente a ventilare l’ipotesi di una super-Terna (in mano a CDP), regina europea delle reti. A Passera piacendo, sarebbe un’ottima idea. Aspettiamo fiduciosi gli sviluppi.