Il mercato europeo, tra Gazprom e la bolla del GNL

Gazprom – Is 2016 the Year for a Change of Pricing Strategy in Europe?Segnalo un interessante paper di James Henderson (OIES) dal titolo Gazprom – Is 2016 the Year for a Change of Pricing Strategy in Europe?. Il lavoro ricostruisce la situazione dell’esportatore russo sul mercato europeo, esposto alle pressioni concorrenziali del GNL statunitense, di cui proprio la settimana scorsa sono iniziate le esportazioni da Sabine Pass.
Il sito di liquefazione è gestito da Cheniere Energy, che si appresta a diventare un attore di primo piano a livello globale nel giro di qualche anno, quando tutti i terminali di Sabine Pass e Corpus Christi saranno pienamente operativi.

I mercato globale del GNL si sta così avviando verso un netto aumento dell’offerta, proprio mentre la domanda asiatica comincia a vacillare. Il risultato potrebbe essere un eccesso strutturale di offerta, di cui farebbero le spese soprattutto gli esportatori di GNL coi più alti costi di produzione, in primo luogo quelli australiani.

Cheniere Competitive Advantage: Low Cost (©Cheniere)

La concorrenza è soprattutto tra produttori di GNL, perché sui mercati finali la competizione tra metaniere e tubi è limitata dalla poca diversificazione dell’approvvigionamento dei singoli mercati finali. In altre parole, chi ha più capacità di rigassificazione – come Giappone e Corea del Sud – non ha tubi, mentre chi ha tanta capacità via gasdotto – come la Germania o l’Italia – ha pochi o nessun terminale di liquefazione. Sviluppare capacità in eccesso e tecnologicamente diversificata non sempre, infatti, è fattibile oppure economicamente sensato.

Una parziale eccezione è rappresentata da Cina e UE nel suo insieme, ma entrambe le economie devono ancora sviluppare un adeguato livello di interconnessioni tra diverse aree di consumo, in modo da mettere in concorrenza tra loro i diversi fornitori e le diverse modalità di trasporto.

Per quanto riguarda in particolare l’UE, lo sviluppo della capacità di trasporto interna e la conseguente competizione metterebbero sotto pressione Gazprom, ma non ne segnerebbero necessariamente il declino come fornitore europeo. Secondo Henderson, infatti, sebbene il gas statunitense abbia quotazioni molto basse sul mercato interno, una volta aggiunti i costi di sviluppo infrastrutturale e di esportazione fino al mercato europeo il gas russo ha costi più bassi e può competere sul prezzo. Determinanti, per Gazprom, gli investimenti effettuati nel decennio scorso e la svalutazione del rublo.

Cost of Russian Gas vs US LNG (©OIES)

Per Gazprom, in ogni caso, si tratta di affrontare profondi cambiamenti nelle modalità di commercializzazione, passando dai contratti di lungo periodo a una partecipazione alle dinamiche di scambio presso gli hub. Un percorso che l’impresa russa sembra aver già peraltro timidamente intrapreso: i prossimi due anni saranno cruciali per comprendere quanto sia ampia la sua capacità di adattamento.

Intanto, appare evidente che in ogni caso il vero vincitore della partita saranno i consumatori europei, che grazie alla competizione tra fornitori potranno importare energia a più basso costo, russa o statunitense che sia. Resta da vedere se saranno in grado di approfittarne.

Le 10 compagnie petrolifere più grandi al mondo

EI - 2015 Petroleum Intelligence Weekly Top 10Energy Intelligence – editore del Petroleum Intelligence Weekly – ha pubblicato l’edizione 2015 della consueta classifica delle 50 compagnie petrolifere più grandi al mondo. La classifica si basa su sei criteri: produzione di petrolio e di gas, riserve di petrolio e di gas, vendite di prodotti e capacità di raffinazione.

Online è possibile visualizzare le prime 10 posizioni. Come negli ultimi 26 anni, al primo posto si trova Saudi Aramco. Uguali all’anno scorso anche le posizioni dalla seconda alla settima: nell’ordine, l’iraniana NIOC, la cinese CNPC, la statunitense ExxonMobil, la venezuelana PDVSA, l’anglo-olandese Royal Dutch Shell e la britannica BP. In ottava posizione, la russa Rosneft scavalca la connazionale Gazprom, mentre la francese Total rientra nella top-ten, scalzando la statunitense Chevron займ безработным на банковскую карту.

Approvvigionamento italiano di gas: Russia sempre centrale

Nel 2015 la domanda di gas in Italia è finalmente tornata a crescere. Parallelamente, anche le importazioni sono tornate ad aumentare: +5,3 Gmc, passando da 54,5 a 59,8 Gmc secondi i dati MiSE. Valori ben lontani dal record storico di 75,6 Gmc del 2006, ma pur sempre una buona notizia per le compagnie che hanno in portafogli i contratti di lungo periodo e per i fornitori internazionali dell’Italia, che negli ultimi anni hanno accusato duramente la crisi della domanda.

Il gas importato, infatti, non solo domina l’offerta (90,6% dei consumi), ma è anche quello che assorbe praticamente per intero tutte le oscillazioni della domanda, in positivo e in negativo. La produzione nazionale, pur avviata lungo un declino di lungo periodo, di fatto continua al massimo, a prescindere dall’andamento del mercato.

La composizione dell’approvvigionamento italiano di gas

Per quanto riguarda l’origine delle importazioni, le forniture russe hanno continuato a dominare il mercato italiano anche nel 2015 (49% del gas importato) e sono cresciute di 3,7 Gmc, soddisfando la maggior parte della nuova domanda. In seconda posizione il gas olandese e norvegese (17%), seguito da quello algerino (12%) e da quello libico (12%). Limitato il contributo del GNL (10%), pur in forte crescita (+32%).

L’origine delle importazioni italiane di gas

Per quanto riguarda l’utilizzazione delle infrastrutture, il dato più rilevante resta quello del sotto-utilizzo del gasdotto Transmed, che trasporta il gas algerino fino in Sicilia. Nel 2013, infatti, Eni, Enel e Edison hanno rinegoziato temporaneamente le quantità da importare sulla base dei contratti di lungo periodo, posticipando il ritiro dei volumi. Resta da vedere se quando arriverà il momento di recuperare gli obblighi contrattuali la domanda italiana si sarà ripresa a sufficienza e – soprattutto – quanto l’upstream algerino sarà in grado di tenere il passo, nonostante gli investimenti esteri negli ultimi anni siano stati inferiori alle attese.

La capacità di importazione delle infrastrutture e il livello di utilizzo medio nel 2015

La crisi dei mercati elettrici in Europa: alcune letture consigliate

OEISOggi vorrei segnalarvi due interessanti testi pubblicati negli ultimi mesi dall’Oxford Istitute for Energy Studies, che affrontano il tema della persistente crisi dei mercati elettrici europei e della difficile situazione in cui versano molte delle tradizionali utility elettriche.

Il primo pezzo, scritto da David Robinson, analizza i fattori che stanno spingendo verso l’alto i costi del sistema elettrico e verso il basso i ricavi delle imprese operanti nel settore. Questo effetto “forbice”, come lo soprannomina l’autore, è dovuto a: crescita stagnate della domanda di elettricità per colpa della crisi economica e delle politiche a favore dell’efficienza; crescente penetrazione delle fonti rinnovabili sussidiate tramite pagamenti fuori mercato; maggiore importanza della generazione distribuita e della partecipazione attiva della domanda.

Nei fatti questi fattori stanno creando un sistema non sostenibile che ridurrà l’incentivo per i privati a investire nel settore e quindi imporrà ulteriori correttivi di policy. Di fato la situazione attuale chiede che si decida se si vuole rinunciare alla liberalizzazione del settore elettrico.

Il secondo pezzo, invece, è stato scritto da Malcolm Keay e partendo dai fatti evidenziati da Robinson si sofferma sull’inadeguatezza dell’attuale struttura del mercato elettrico, incentrato sulla vendita dell’energia (kWh) e sull’ordine di merito economico. Per Keay questo sistema è strutturalmente inadatto al nuovo paradigma tecnologico, dove si persegue la decarbonizzazione della generazione elettrica e molti impianti a fonti rinnovabili hanno costi marginali praticamente nulli. Si passa perciò in rassegna a numerose possibili soluzioni, evidenziandone pregi e difetti. Particolarmente chiara è l’opposizione dell’autore ai mercati della capacità come soluzione per i problemi attuali. L’autore giunge pensino a suggerire un innovativo sistema basato su due mercati separati. Da valutare con attenzione.

Si tratta di temi molto importanti, che da tempo sono balzati anche agli occhi della Commissione europea. Quest’ultima la scorsa estate ha avviato un dibattito sulla riforma del mercato elettrico, che dovrebbe tradursi in una serie di proposte nei prossimi mesi. In Italia, Confindustria è già uscita con una sua posizione.

Vedremo cosa ne verrà fuori.

Quanto spazio per il mercato nel settore elettrico?

Rete elettricaSegnalo un contributo scritto da Andrea Renzulli per l’Osservatorio energia dell’ISPI, che tratta del mercato elettrico e del ruolo che in esso giocano gli operatori di sistema (in Italia l’operatore è Terna).

L’autore sottolinea che a causa delle caratteristiche specifiche dell’energia elettrica il mercato dell’elettricità richiede la presenza di un’organizzazione complessa e di un operatore che si occupi di garantirne il funzionamento in condizioni di continuità e sicurezza.

Proprio per la sua delicata funzione l’operatore di sistema agisce in condizioni di monopolio sottoposto a regolazione economica da parte del potere pubblico (in Italia il controllo spetta all’Autorità per l’ Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico e, in misura minore, al Ministero dello Sviluppo Economico).

Se da un lato esiste dunque una giustificazione tecnica ed economica ai privilegi e agli oneri riconosciuti all’operatore di sistema, Renzulli evidenzia d’altra parte come nelle attuali condizioni di domanda stagnate, riduzione dei prezzi dell’energia elettrica sui mercati all’ingrosso e penetrazione delle rinnovabili intermittenti, l’architettura attuale del sistema “isoli” l’operatore di sistema dal difficile momento vissuto dalle altre imprese attive nel mercato elettrico.

In particolare a Terna viene garantito un rendimento sostanzialmente sicuro sul capitale investito nella rete e viene riconosciuta una certa discrezionalità nel mercato del bilanciamento, l’anello della catena del valore dell’elettricità che sta diventando sempre più importante.

Da qui la conclusione che la concorrenza vera e propria fra operatori economici privati in condizioni di parità sia sempre più relegata ai margini. La liberalizzazione del mercato elettrico risulta perciò ancora lontana dal suo completamento.

Un tema sicuramente da approfondire anche alla luce delle proposte di riforma del mercato elettrico (rimanda a Confindustria).

INFOGRAFICA – Iran e Arabia Saudita a confronto

Iran e Arabia Saudita a confronto

Nota metodologica: la popolazione e il prodotto interno lordo sono riferiti al 2015 (fonte: IMF); il controvalore delle esportazioni petrolifere è riferito al 2014 (fonte: UNCTAD); la spesa militare è riferita al 2014 (fonte: CRS per l’Iran, SIPRI per l’Arabia Saudita); la produzione petroliera è riferita a dicembre 2015 (fonte: MEES, V59N01); le riserve petrolifere, la produzione di gas e le riserve di gas sono riferite al 2014 (fonte: BP).