Il Cane a sei zampe in difficoltà

Corriere - Eni: per Scaroni rinnovo o buonuscita?Pochi giorni fa avevamo parlato di Sorgenia, un’utility italiana in grave difficoltà.

Oggi voglio invece segnalarvi un articolo apparso sul Corriere della Sera, che testimonia le difficoltà di un’altra grande impresa italiana, l’Eni.

L’articolo si commenta da solo. L’unica cosa che posso fare è augurarmi che il Governo, che detiene la maggioranza relativa della società, sappia fare le scelte giuste, guardando alla capacità produttiva di lungo periodo dell’impresa e non ai vantaggi che il Ministero del Tesoro potrebbe trarne nel breve, né tanto meno ai benefici di qualche alto manager pubblico…

Il ruolo dell’energia nella crisi ucraina

CSIS - Crisis in Ukraine: What role does energy play?Segnalo anche io un post del CSIS dal titolo Crisis in Ukraine: What role does energy play? Si tratta di un’analisi lucida e puntuale, con una sensibilità piuttosto europea, nonostante sia diretta al decisore statunitense.

Per chi non avesse voglia di leggere tutto, riporto i passaggi chiave:

D1: In che modo la questione energetica ha contribuito alla crisi nella regione?

L’energia non ha fatto precipitare la crisi, ma ne è stata un dimensione importante (a causa della dipendeza ucraina e dal parallelo indebitamento di Naftogaz).

D2: Che probabilità ci sono che la Russia interrompa le forniture di gas all’Ucraina e all’Europa?

Non ci sono state minacce da parte delle autorità russe o di Gazprom di tagliare le forniture del gas a causa delle tensioni geopolitiche (il problema per l’Europa resta la perenne morosità ucraina).

D3: L’Europa può usare l’energia per fare pressioni sulla Russia o per ridurre la propria vulnerabilità?

Nel breve periodo, Europa e Ucraina hanno pochi strumenti a loro disposizione per ridurre la propria vulnerabilità energetica (soprattto l’Ucraina, che non ha altri fornitori). In un orizzonte temporale più lungo, l’Ucraina può diversificare, aumentare la produzione interna e ridurre i consumi di gas.

Q4: Gli Stati Uniti possono usare l’energia per fare pressioni sulla Russia, sostenere l’Ucraina o ridurre la vulnerabilità europea?

Nel breve periodo, no, perché non esportano gas (per quanto concerne il petrolio, rilasciare scorte per abbassare i prezzi mondiali e danneggiare la Russia non è un’opzione percorribile). In un orizzonte temporale più lungo, gli Stati Uniti possono avviare l’esportazione di GNL, ma non ci sono garanzie che gli europei sarebbero disposti a pagare il gas al prezzo dei consumatori asiatici (e il gas statunitense prenderebbe probabilmente quella via, essendo fatto da imprese in regime di concorrenza).

Eurogas: nel 2013 consumi di gas UE -1,4%

Eurogas - Drop in 2013 EU gas demand emphasises need for swift changeEurogas ha pubblicato le proprie statistiche relative all’andamento nel 2013 del mercato del gas in Europa e le notizie non sono buone: i consumi UE si sono attestati a 462,3 Gmc, circa 6 Gmc in meno rispetto al valore del 2012 (-1,4%).

Si tratta del terzo anno consecutivo di contrazione, che ha riportato i consumi indietro di un decennio. All’origine di questa tendenza, la contrazione degli usi per generazione elettrica, sottoposti alla duplice sfida del carbone a basso prezzo e delle rinnovabili sussidiate.

In un contesto europeo difficile, il dato italiano brilla in negativo: consumi a 68,3 Gmc, in contrazione di 4,7 Gmc (-6,8%). Male anche il mercato spagnolo, a 30,9 Gmc (-8,7%). In controtendenza il dato tedesco, con consumi a 88,5 Gmc (+6%).

Dal punto di vista dell’offerta, la produzione interna ha continuato a rappresentare la principale fonte con 156 Gmc, pari al 33% del totale. I principali fornituri esterni sono stati la Russia (125 Gmc, 27% dei consumi), Norvegia (106 Gmc, 23%), Algeria (37 Gmc, 8%). A questi si sono aggiungi la Libia (6 Gmc, 1%). Gli altri produttori hanno fornito, soprattutto via GNL, 36 Gmc (8%), di cui circa la metà rappresentata dal Qatar.

Fuori dall’UE, in forte crescita invece la Turchia, i cui consumi sono passati da 45,3 a 44,5 Gmc (-1,8%), mentre quelli elvetici sono passati da 3,5 a 3,7 Gmc (+5,7%).

Il caro-energia blocca le imprese? Un falso mito

LaVoce.info -  Il grande bluff del costo dell’energiaAlzi la mano chi non ha sentito dire almeno una volta che il costo dell’energia è uno dei grandi ostacoli alla competitività delle nostre imprese. A quanto pare, è un falso mito e a spiegarci perché sono Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, nel post Il grande bluff del costo dell’energia.

Numeri alla mano, gli autori mostrano che i grandi energivori in realtà pagano prezzi dell’energia elettrica assolutamente competitivi a livello europeo, mentre le piccole e medie imprese che pagano di più l’energia elettrica, in realtà ne consumano così poca (in rapporto al fatturato) da non incidere in modo determinante sulla loro competitività.

Gli autori si dedicano all’elettricità, ma un discorso simile vale anche per il gas, come avevamo già visto qui a novembre dell’anno scorso. Per inciso, un plauso al ruolo di Eurostat nel garantire (perfino in Italia) un dibattito basato sui numeri e non sui sentito dire.

Bel post molto utile, da leggere e diffondere. Non concordo però con le conclusioni, perché se è vero che quello del caro-energia è un bluff che giustamente si smonta coi numeri, anche il fatto che le rinnovabili sussidiate siano in assoluto un grande investimento “in futuro” è davvero tutto da dimostrare.

La crisi delle utility richiede nuovi modelli per il mercato elettrico

Stefano Verde - The distributional implications of support for renewable electricityNel post di ieri abbiamo parlato della crisi che ha colpito una delle utility italiane, Sorgenia.

Guardandosi intorno, tuttavia, ci si accorge che il problema è gobale e sta colpendo molti Paesi economicamente avanzati, dove il rallentamento della domanda per motivi macroeconomici e per la maggiore efficienza energetica da una lato e lo sviluppo della generazione distribuita dall’altro stanno erodendo sia i volumi che i prezzi, che le utility energetiche possono praticare, col risultato che queste non riescono a coprire i loro costi e stanno notevolmente riducendo i loro investimenti sia in generazione che nelle reti di trasporto e distribuzione.

Il problema, va sottolineato, non riguarda solo i produttori, ma anche gli stessi consumatori, perchè l’avvento della generazione distribuita ha effetti redistributivi importanti: la famiglia povera che non ha i 5 o 6.000 euro per installare un pannello fotovoltaico sussidia in bolletta la famiglia benestante che lo fa.

Insomma, è necessario un ripensamento del mercato elettrico e della sua regolazione, se si vuole riuscire a produrre energia elettrica in modo efficiente, sicuro, sostenibile e alla portata di tutti.

Di seguito trovate alcuni link a delle possibili letture apparse di recente sul tema su Forbes, The Economist, The Rocky Mountain Institute e The Electric Power Research Institute.

 

Accelerazione South Stream: a Saipem i contratti per la posa

Sole24Ore - Saipem si aggiudica appalto di 2 miliardi per il gasdotto South StreamSaipem si è aggiudicata il contratto per la posa della prima delle quattro linee offshore da 15 Gmc/a del gadotto South Stream, che collegherà la Russia alla Bulgaria, aggirando l’Ucraina.

Dopo il via libera alla firma giunto martedì scorso nel corso della riunione dei vertici del consorzio South Stream Transport (Gazprom, Eni, EDF e Basf), è arrivato ieri l’annuncio che la commessa è andata alla controllata di Eni.

Sulla commessa Saipem impiegherà due delle sue navi di punta, la Saipem 7000 (che ha già posato Blue Stream) e la Castoro Sei (che ha già posato Nord Stream). Si conferma così ancora una volta la forte collaborazione tra le imprese italiane e Gazprom.

Dopo questa ultima decisione, sembrano davvero pochi i dubbi rimasti intorno all’effettiva realizzazione del gasdotto, nonostante i suoi costi molto elevati. Secondo quanto dichiarato da Alexei Miller, il gas inizierà a scorrere alla fine del 2015. Resta da vedere quanto ostruzionismo farà la Commissione europea.

Dopo il precipitare degli eventi in Ucraina, la natura strategica del gasdotto ha fatto passare in secondo piano la questione della fattibilità finanziaria del progetto, che sarà garantita dai capitali russi. I fondamentali restano economici, ma anche la politica a volte ci mette del suo.