L’Europa e l’energia nel 2014

AgiEnergia - L’Europa e l’energia nel 2014Nuovo anno, sfide vecchie: proseguire l’interconnessione e l’integrazione dei mercati europei, conciliare l’efficienza economica e i (bizzarri) obiettivi di politica ambientale, gestire il cambiento di paradigma nella sussidiazione delle rinnovabili.

Il tutto, con un’elezione del Parlamento europeo in mezzo (maggio) e la nomina di una nuova Commissione (nei mesi successivi). Sul tema, segnalo un’interessante analisi di Luigi De Paoli pubblicata su AgiEnergia: L’Europa e l’energia nel 2014.

La presenza cinese nel settore energetico ucraino

Interscambio Ucraina-Cina (merci, mld dollari, UNCTAD) (2002-2012)La partita del settore energetico ucraino ha visto negli ultimi anni un crescente coinvolgimento del governo cinese, che senza clamore mediatico e sotto lo sguardo attento di Mosca sta ampliando la propria presenza in Ucraina.

Secondo quanto riportato da fonti ufficiali, nel dicembre 2012 la China Development Bank Corporation ha aperto una linea di credito a Naftogaz per 3,7 miliardi di dollari per un programma di produzione di gas da carbone. L’avvio della costruzione dell’impianto necessario è previsto per settembre di quest’anno.

L’impianto dovrebbe consentire la produzione di 4 Gmc all’anno di gas sintetico, assorbendo circa 10 milioni di tonnellate di carbone, di cui l’Ucraina è un grande produttore, soprattutto nella regione orientale (e più filorussa) del Paese. Il costo di produzione dichiarato sarebbe di 225-230 dollari ogni mille metri cubi.

L’accordo col governo di Pechino prevede naturalmente un grande coinvolgimento industriale cinese: la tecnologia per la produzione dell’impianto sarà fornita dalla Wuhuan Engineering, una sussidiaria della China National Chemical Engineering Corporation.

La presenza cinese non è certo una novità per il settore industriale ucraino, ma la crescita dell’interscambio tra i due Paesi, il raffreddamento delle relazioni con l’Europa e il buon andamento delle relazioni russo-cinesi potrebbero aprire la strada a nuovi sviluppi.

Per approfondire: il foglio elettronico coi dati realtivi all’interscambio commerciale tra Ucraina e Cina.

Ucraina e Russia: la rinegoziazione permanente

FT - Ukraine: a $15bn game of chickenIl governo ucraino e quello russo hanno chiuso a dicembre un’intesa che ha previsto l’acquisto da parte di Mosca di 15 miliardi di dollari di debito pubblico di Kiev e un sostanzioso sconto sul prezzo delle forniture del gas, sceso da 400 a 268,5 dollardi ogni mille metri cubi. Peraltro, il prezzo originale era già stato in parte ritoccato in base agli accordi per l’ancoraggio della flotta del Mar Nero.

Uno degli aspetti più interessanti dell’intesa è la struttura delle scadenze che crea. Per quanto riguarda il debito pubblico, è già stato reso noto che almeno 3 dei 15 miliardi saranno su bond a scandenza 24 mesi: questo significa che Yanukovich dovrebbe avere una finestra temporale abbastanza lunga da arrivare fino alle elezioni di febbraio 2015, lasciando però al vincitore delle elezioni l’onere di discutere con Mosca le condizioni di un eventuale rinnovo.

Ancora più interessante il caso degli sconti sul gas: i prezzi dovrebbero essere rivisti entro la prima decade di ogni trimestre, lasciando di fatto nelle mani del governo russo un’importante leva negoziale. Si tratta di una scelta razionale, vista l’incertezza della situazione politica ucraina, che riduce i margini di manovra per Naftogaz e il governo di Kiev.

Nel complesso, la situazione non solo vede il governo russo in una posizione di forza, ma gli consente di utilizzare il sistema di scadenza per mantere la disciplina nel proprio alleato. E crea le condizioni per una lenta transizione, che potrebbe portare senza scossoni all’inclusione dell’Ucraina nell’accordo doganale eurasiatico e a un passaggio della rete ucraina sotto il controllo diretto di Gazprom (modello bielorusso).

Ucraina: stop alle importazioni di gas dall’UE

Interfax - Ukraine imports 2 bcm of gas from Europe in 2013, files no bids for early JanuaryCome prevedibile, con l’inizio del 2014 l’Ucraina ha interrotto le importazioni di gas naturale dall’UE, in seguito ai nuovi accordi raggiunti con Gazprom.

Si trattava di volumi minimi in ingresso sulla rete ucraina dall’Ungheria e dalla Polonia, pari a 2 Gmc nel 2013, e con un impatto marginale sull’approvvigionamento ucraino (oltre 30 Gmc di importazioni).

Nell’ambito dei negoziati pre-Vilnius, si era arrivati a ventilare l’ipotesi di aumentare la riesportazione di gas russo in Ucraina attraverso i Paesi UE, in particolare attraverso la realizzazione di capacità in uscita dalla Slovacchia.

Gli accordi con la Russia hanno però messo in evidenza la deblozza dei fondamentali politici ed economici dell’operazione di approvvigionamento attraveso l’UE e riportato l’attenzione su due dati empirici spesso trascurati: il gas arriva dalla Russia e l’Ucraina è collocata tra la Russia e l’UE. Back to basics, dopo tutto.

Commissione Europea: un documento da evitare

Energy Policy – Europe takes powerLa politica energetica in Europa è ancora largamente (e inevitabilmente) una questione nazionale, nonostante i crescenti paletti messi messi dalla legislazione europea in materia di concorrenza e di ambiente.

Secondo quanto anticipato da Nick Butler, sarebbe in arrivo per la fine del mese un nuovo documento programmatico della Commissione Europea che procede proprio in questa direzione. La commissione Barroso II è infatti in uscita e si cerca così di dare un ultimo indirizzo prima del cambio della guardia.

I punti principali sarebbero tre e destano più di una perplessità. Il primo è la lotta alle esenzioni dal pagamento dei sussidi alle rinnovabili accordate da alcuni governi (soprattutto la Germania) ai grandi consumatori industriali di energia. La scelta tedesca serve a mantenere la competitività dei grandi produttori energivori ed evitare la delocalizzazione, ma non piace a Bruxelles perché sarebbe un aiuto di stato.

Anche il secondo punto riguardarebbe gli aiuti di stato ma avrebbe come principale destinatario il governo britannico, intenzionato a sussidiare tramite un prezzo di vendita garantito il nuovo reattore di Hinkley Point. L’art. 194 del TFUE prevede chiaramente l’autonomia dei singoli Paesi nel definire il paniere energetico, ma la Commissione vuole avere l’ultima parola (il che, per puro caso, potrebbe essere qui una buona notizia per i consumatori britannici).

Il terzo punto riguarderebbe invece la produzione di idrocarburi non convenzionali, su cui i diversi governi hanno posizioni molto distanti. La Commissione punterebbe a un quadro normativo europeo (prevedibilmente piuttosto farraginoso e restrittivo), che rallenterebbe le operazioni in quei Paesi dove il non convenzionale gode di una sostanziale approvazione. Le principali «vittime»: Regno Unito, Polonia, Romania.

La Commissione è attivamente impegnata in una lotta per accentrare potere decisionale e ciascuno ha la propria legittima opinione in merito. Il problema è che, se davvero questi fossero i punti centrali del documento programmatico, si tratterebbe di una visione molto poco pragmatica.

La Commissione sarebbe infatti ancora una volta esposta alle accuse di favorire la deindustrializzazione, di scoraggiare gli investimenti in Europa e di ostacolare la produzione interna di energia che non siano rinnovabili sussidiate.

Non esattamente il massimo, a quattro mesi da elezioni europee che si preannunciano molto favorevoli per i partiti anti-UE.

Il Canale di Panama e il GNL statunitense

Reuters - UPDATE 2-Panama presses Spain and Italy to resolve canal cost rowLa crescita del non-convenzionale statunitense e il prezzo interno ampiamente inferiore alla media mondiale hanno spinto inevitabilmente i produttori nordamericani a guardare con crescente interesse all’ipotesi di esportare GNL.

Il grosso della capacità produttiva è concentrato nella parte orientale del Paese, mentre i mercati coi prezzi più alti sono quelli dell’Asia Orientale. Per raggiungere quei mercati mantenendo margini interessanti, l’unica soluzione è quella di far transitare le metaniere attraverso il Canale di Panama.

Per accogliere il traffico delle metaniere Panama ha tuttavia bisogno di una espansione, il terzo canale, attualmente in fase di realizzazione. La costruzione dovrebbe concludersi nel 2015, ma nei giorni scorsi ha fatto parecchio clamore il contenzioso tra le ditte appaltatrici e il governo panamense.

Il consorzio incaricato della costruzione, guidato dalla spagnola Sacyr e dall’italiana Salini Impregilo, ha chiesto ulteriori 1,6 miliardi di dollari all’Autorità per il Canale, che nel 2009 aveva commissionato l’opera per 3,2 miliardi.

Il governo panamense sta ricorrendo alle pressioni diplomatiche su Roma e Madrid per spingere a un compromesso. Vista la centralità del Canale per l’economia panamense, ci sono pochi dubbi sul fatto che un accordo sarà raggiunto a breve, ma resta l’incognita della ripartizione dei costi.

La vicenda non dovrebbe dunque avere ripercussioni sulla tempistica di sviluppo delle attività di esportazione del GNL statunitense, ma mette ancora una volta in luce l’importanza dei punti di transito e dei colli di bottiglia nello sviluppo dei traffici energetici via mare.