Segnalo il mio post A cosa serve il TAP?, ospitato dagli amici de Lo Spazio della Politica.
Buona lettura!
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Segnalo un’interessante ricerca di Normisma Energia su La tassazione della produzione di gas e petrolio in Italia.
Dallo studio, risulta che pressione fiscale sulla produzione di idrocarburi è del 64%: non esattamente un incentivo a investire.
Se poi si considerano i tempi biblici per tutte le fasi amministrative, il quadro non è roseo. «Per ottenere un’autorizzazione per la fase esplorativa si attende, infatti, oltre il 70% in più rispetto alla media globale, ed il ritardo aumenta ulteriormente per la fase di coltivazione, dove un’autorizzazione può essere concessa in oltre 9 anni, contro una media di 4 all’estero».
Insomma, anche se la dipendenza dalle importazioni è largamente dovuta a fattori geologici, i disincentivi agli operatori fanno la loro parte.
Segnalo una breve e interessante analisi di Markus Jaeger (DB) su vincitori e perdenti tra i Paesi emergenti di una riduzione dei prezzi delle materie prime.
L’analisi parte dalla considerazione che il diffuso processo di industrializzazione ha negli ultimi anni spinto verso l’alto le quotazioni delle materie prime, energetiche e non, necessarie a sostenere consumi crescenti.
La tendenza è data per acquisita, ma nell’ipotesi di prezzi in discesa, chi sarebbe a beneficiarne? Jaeger indica Turchia e Corea del Sud tra i grandi vincitori, avvantaggiati soprattutto sul fronte del costo dell’energia.
Tra i perdenti ci sarebbero invece Indonesia, Brasile, Sudafrica, ma soprattutto Russia. Perché se l’energia pesa sulla crescita degli importatori, nell’ultimo decennio è stata anche il vero motore dell’ecnonomia russa.
Secondo DB, agli attuali livelli di prezzo del greggio, la Russia sarà in attivo di partite correnti anche nel 2013-2014. Senza la componente energetica, il passivo sarebbe pari al 15% del PIL. Assumento la domanda di importazione come stabile, con quotazioni intorno agli 80 dollari al barile, il passivo (energia inclusa) sarebbe il 3% del PIL.
Senza il gettito delle materie prime energetiche, il bilancio pubblico russo sarebbe oggi in passivo del 10% del PIL. Tuttavia, in caso di calo dei prezzi delle materie prime, la situazione russa non sarebbe drammatica: le metriche di finanza pubblica russa sono ottime. Grandi riserve di valuta (500 miliardi di dollari) e bassissimo indebitamento (12%) lasciano ampi margini di manovra.
La situazione sarebbe critica solo in caso di calo drastico e prolungato, tale dal imporre correzioni strutturali alla spesa pubblica russa. Ma in un contesto del genere, le difficoltà della Russia sarebbero forse il meno, perché probabilmente saremmo nel mezzo di una pesante recessione globale.
Prosegue senza sosta la penetrazione cinese in Asia Centrale. Questa volta si tratta di Kashagan, il giacimento gigante nelle acque kazake del Caspio. Dopo oltre un decennio di lavori e contrattempi, finalmente quest’anno sono state avviate le attività di produzione.
Il giacimento è sfruttato dalla North Caspian Operating Company, di cui fanno parte Eni, Shell, Total, ExxonMobil, KazMunayGas (16,81% ciascuna) e Inpex (7,56%). A queste compagnie si aggiungeva ConocoPhillips (8,39%), che però ha scelto di monetizzare la propria partecipazione.
All’acquisto era interessata la compagnia indiana ONGC Videsh per 5 miliardi di dollari, ma la compagnia di stato kazaka Kazmunaygas ha esercitato il proprio diritto di prelazione. Un duro colpo per gli indiani, sempre in cerca di nuove riserve.
Ma non è finita qui. Perché Kazmunaygas ha subito dopo annunciato di voler cedere la quota (facendo margine) alla compagnia di stato cinese CNPC. La scelta rafforza il legame tra Astana e Pechino, dopo i numerosi accordi, tra cui quello che ha portato alla realizzazione della Central Asia China Pipeline, che porta il gas turkmeno verso Oriente.
Che un quantitativo crescente di idrocarburi stiano prendendo la via dell’Oriente preoccupa molti, tra cui gli azerbaigiani, che dovrebbero in ogni caso veder transitare dai propri terminali (e poi attraverso la BTC) almeno parte del petrolio di Kashagan (Kazakh Caspian Transportation System). Eni e Shell seguono il vento e stanno negoziando per vendere la propria parte di produzione alle raffinerie cinesi.
Di certo l’avanzata cinese allontana sempre di più l’ipotesi che il gas centrasiatico possa prendere la via dell’Occidente. Il gas azerbaigiano sarà probabilmente l’unico del Caspio a raggiungere in quantità significative i mercati europei. Ma più che di geopolitica, si tratta di economia.
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Aggiornamento: qualcuno mi ha fatto notare che forse ho guardato troppo alle cartine e troppo poco alle figure. Perché più che di un risiko fatto di tubi si tratta di aritmetica dei consumi e degli investimenti: il petrolio kazako prende la via della Cina perché laggiù c’è la domanda presente e futura per quel greggio, a prescindere dalla partecipazione cinese in NCOC.
C’è poi da considerare il fattore della capacità di raffinazione: per portare il petrolio ai clienti finali (e paganti), occorre raffinarlo dove conviene di più, per tecnologia e vicinanza ai mercati. E anche in questo caso, i cinesi si stanno attrezzando da tempo.
Aggiornamento: sul tema della raffinazione, segnalo il numero 22 – giugno 2013 di Oil Magazine.
Segnalo uno scenario fatto per il Ministero degli esteri olandese: Iran and the Greater Middle East by 2020.
Due variabili rilevanti (stabilità regionale e cambio di regime in Iran) e quattro esiti: interessante esercizio, che aiuta a capire le prospettive di un grande attore energetico.
ps: io voto Twilight of the clerics.
Il petrolio russo non solo rappresenta una parte importante degli equilibri energetici mondiali, ma è anche uno dei più delicati elementi dell’equilibrio politico russo nell’epoca post-sovietica.
Il massiccio libro di Gustafson è una guida perfetta per capire gli intrecci tra l’eredità sovietica, la rapida evoluzione del sistema politico, il ruolo delle compagnie straniere. Su questo sfondo, l’autore ricostruisce puntualmente le mosse degli attori che hanno attraversato il declino e la rinascita dell’industria del gas e petrolio russa, da Putin a Sechin, Khodorkovski, Alekperov, Bogdanov, Miller, Bogdanchikov, solo per citarne alcuni.
Una lettura davvero piacevole, perché all’alto contenuto informativo abbina una scrittura godibile e un dosato ricorso ad aneddoti interessanti. Frutto di anni di ricerca e di presenza sul campo, il libro è una lettura obbligata per chiunque si interessi di Russia post-sovietica o di energia, ma soprattutto per chiunque voglia capire qualcosa di più del futuro della Russia e delle sfide che dovrà affrontare.
Thane Gustafson
Wheel of Fortune: The Battle for Oil and Power in Russia
The Belknap Press, 2012, 662 pp.
ISBN/EAN: 978-0-674-06647-2 (cartaceo)
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